
La peggio gioventù
Questo è un libro fresco, irriflessivo, privo di bardature, che si può orecchiare oltre che leggere, ed è anche un bel ritratto di donna o meglio di uomo, perché Erica rifiuta di essere donna in senso sociale.
Da questo libro saprete tutto di Guido Viale e di Palazzo Campana, del liceo D’Azeglio e del vecchio Pci vissuto ai margini dell’esperienza intellettuale, saprete molto delle radici siciliane di una famiglia strana, curiosa di tutto, divisa e influente nel suo rapporto con la storia italiana del dopoguerra, saprete della pace e della guerra come miti, delle radici che legano al passato le nuove mitologie verdi e no global, di un’Italia che si è modernizzata senza saperlo e senza pensare quel che è moderno, di un’Inghilterra che della modernità, anche mentre la pratica con successo, non sa che farsene.
Ma avrete da queste pagine la cosa più importante, non le idee ma il loro racconto incarnato e divertito, non senza dolore e passione, non senza disincanto e umorismo: a un récit, come dicono gli insopportabili francesi, non si può chiedere di più.
Giuliano Ferrara
Roma, luglio 2004
Uno dei posti in cui facevo propaganda era None e proprio lì, nella piazza principale, doveva aver luogo un comizio del funzionario che aveva predetto la mia entrata nel Pci. Non erano ancora 6 mesi, era solo maggio ma ci si avvicinava. La campagna volgeva alla fine, due sere prima c’era stato un comizio strepitoso di Pajetta in piazza San Carlo davanti a centomila persone con Fausto Amodei che cantava la ballata di Zio Fanfan e Pajetta che faceva battute da far ridere i morti. Me ne ricordassi una! Un trionfo insomma. Sentivo che nel Nord ce l’avremmo più che fatta, ma al Sud? In ogni caso, il comizio era verso le due, prima delle mie lezioni. Faceva un improvviso caldo e nessuno dei miei colleghi volle venire. Io andai pregustando la sorpresa dell’oratore nel vedermi. Sulla piazza deserta da “Mezzogiorno di fuoco” – in lontananza il bar con dehor in legno e porte da saloon – c’è il segretario della sezione, un napoletano, con i suoi sette figli in scala, di cui due o tre miei allievi. Mi guardo intorno cercando l’amico ma invano. Vedo invece una R4 color amaranto con le portiere aperte e parcheggiata di sbieco in modo da occupare il posto di 4 auto. è targata Roma. «Figuriamoci» penso sollevando le sopracciglia. Chiedo al responsabile chi farà il comizio. «Quello lì». Noto allora un ragazzone dalla barba biondo-rossa che se ne sta in disparte con l’aria torva, a testa bassa, fumando una Gauloises. Mi ricordo che a Roma quelli del Pci sembrano extraparlamentari e gli extraparlamentari sembrano avanzi di galera… Il romano sembra un torello che fiuta l’arena prima della corrida. Non lo invidio, la piazza è deserta. Però potrebbe essere un po’ più cordiale, sorridere, avvicinarsi, parlare con noi. Con me che sono il pubblico di quel comizio. «Chi è?». Chiedo indicando il torello. «Boh». Senza quasi guardarci con la testa bassa e l’occhio sempre torvo il torello decide di iniziare. Ha una bella voce e non sembra stupido, però… a una a una snocciola le battute di Pajetta al trionfale comizio di piazza San Carlo! Resto di stucco. Incomincio ad arretrare e a poco a poco me ne vado. In seguito apprenderò che l’oratore si chiama Ferrara. Mi chiedo se sia parente di Maurizio e Marcella. Ho visto lui a “tribuna politica” e ho letto il loro libro “Conversando con Togliatti” e altro come “Mal di Russia” e mi par quasi di conoscerli. Li immagino affabili. Il torello non può esser loro figlio! In ogni caso quell’incontro sulla piazza di None rinviò di circa un anno la mia iscrizione al Pci. Sei mesi dopo a un’affollata riunione alla Federazione comunista, notai che il torello aveva salutato affabilmente il mio amico appassionato di cavalli, che l’aveva chiamato Giuliano. Giuliano, che bel nome e notai il colore stupendo degli occhi sempre un po’ aggrottati. Non era piu’ un torello, era un fiero giaguaro. Quando, un anno dopo, diventammo amici per la vita ricordai a Giuliano l’episodio di None. L’avevo certamente ammirato per il coraggio con cui aveva affrontato la piazza deserta ma ripetere, e male, le battute di Pajetta! E lui: «Ti pare che davanti a un muro dovessi anche far lo sforzo di inventare qualcosa di originale?».
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!