
La Palestina diventerà uno Stato? Halevi: «Necessità e minaccia» – RS
“Tutti ci provano, ma Abu Mazen è irremovibile. Vuole andare fino in fondo con la richiesta di riconoscimento dello stato palestinese presso l’Onu, vuole tentare la mossa più azzardata, la sfida agli Stati Uniti nel consesso internazionale più potente del mondo – il Consiglio di sicurezza Onu – e non ammette passi indietro. (…) L’Amministrazione Obama ha annunciato che porrà il veto se la richiesta di riconoscimento arriverà al Consiglio di sicurezza, ma sta facendo di tutto perché ciò non accada. Non vuole e non può mettersi nella condizione di pronunciare quel fatidico no, che risuonerebbe nelle piazze arabe in modo facilmente prevedibile” (Foglio, p. 1).
“In attesa del voto all’Assemblea, Ue e Stati Uniti hanno chiesto al premier israeliano Netanyahu di evitare le rappresaglie drastiche, qualora l’Onu deluda le sue ottimistiche aspettative. (…) Il Wall Street Journal dice che la battaglia condotta con blitz diplomatici non può essere vinta, perché i palestinesi non vogliono soltanto dimostrare di avere il consenso internazionale ma anche ampliare gli strumenti di pressione contro Israele all’Onu e alla Corte internazionale dell’Aia. «L’Amministrazione Obama, che ha buttato via sei mesi implorando i palestinesi di cambiare idea, dovrebbe annunciare che la dichiarazione di uno stato palestinese a New York porterà alla chiusura della sede di rappresentanza a Washington. Il Congresso dovrebbe adottare la proposta della repubblicana Ileana Rops-Lehtinen che dice di tagliare i fondi all’Onu se accetta lo stato palestinese». Le maniere forti hanno già funzionato, conclude il Wall Street Journal, l’ultima volta che i palestinesi provarono la strada del riconoscimento all’Onu, ai tempi di Bush padre” (Foglio, p. 1).
“«I palestinesi hanno detto chiaramente che non vogliono ebrei nel loro stato, al massimo si terranno degli ebrei antisionisti ultraortodossi come cartolina, per dire ‘siamo contro i sionisti, non gli ebrei’» dice Klein Halevi, figura di spicco della classe intellettuale israeliana, politicamente un ‘centrista’, editorialista di Wall Street Journal, New York Times e New republic. «Il progetto palestinese prevede la rimozione degli ebrei dalla terra. Per gli israeliani la domanda cruciale è quale sia il fine del movimento nazionale palestinese. Creare uno stato che via in pace con il vicino israeliano? Oppure uno stato in Cisgiordania e Gaza che poi porti al rovesciamento ultimo dello stato ebraico, magari con mezzi demografici come i profughi? La risposta è la seconda. La mia sensazione è che se il movimento palestinese emerge da un voto con una unanimità pressoché virtuale potrebbe interpretarlo con il permesso per una Intifada contro Israele. Gli israeliani come me vedono lo stato palestinese in termini contraddittori: una necessità esistenziale per preservare uno stato ebraico democratico e una minaccia esistenziale, con i missili su Tel Aviv»” (Foglio, p. 1).
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