
La pace? Dopo Sharon e Arafat
irettore, in un articolo che è apparso su Time e su Panorama Edward Luttwak ha analizzato lo scenario del “peggiore dei casi” nella crisi mediorientale: la sua degenerazione in una guerra regionale al termine della quale gli estremisti islamici vanno al potere in molti paesi arabi. E’ uno scenario probabile o solo ipotetico?
E’ solo ipotetico. L’ipotesi del “peggiore dei casi” va sempre tenuta presente, ma la realtà in genere si svolge in qualche punto intermedio fra lo scenario peggiore e lo scenario migliore. La possibilità di una guerra regionale è abbastanza ridotta, perché non è interesse dei regimi arabi farsi coinvolgere in una guerra nella quale –Luttwak ha ragione- rischierebbero di essere liquidati.
Allora Israele ha di fatto le mani libere?
No, non ha le mani libere perché ha una lunga serie di problemi: il problema dei Territori, perché da lì partono gli attacchi alla sua sicurezza; il problema del marasma in cui versa il quadro politico israeliano, dunque un elemento di debolezza interna; gli arabi israeliani che sono sempre meno controllabili e possono diventare un fattore di destabilizzazione interna; infine gli attacchi di Hezbollah dal Libano, i lanci di razzi contro città israeliane.
Time scrive in copertina: “Arafat, terrorista o vittima?” Si può tentare di rispondere?
E’ oggettivamente una vittima, come sono vittime tutti i palestinesi che si trovano sotto occupazione israeliana, ed è obiettivamente anche un terrorista, in quanto come leader palestinese ha la responsabilità degli attentati che i palestinesi compiono, che siano direttamente sotto il suo controllo o invece che non lo siano. Immaginare che Arafat sia estraneo all’ondata di terrorismo significa vivere sulla luna. Arafat è una figura tragicamente ambigua, e probabilmente quando verrà fatto un bilancio storico, anche dal punto di vista degli interessi palestinesi non sarà giudicato troppo bene.
Ma di chi sono, secondo lei, le maggiori responsabilità per l’irraggiungibilità della pace, di Arafat o di Sharon?
Io penso che fare la pace fra Arafat e Sharon non sia possibile. Sarebbe molto opportuno che nel campo palestinese e nel campo israeliano apparissero forze più credibili e meno legate ad animosità anche personali che si perdono nei decenni e nelle vendette quasi fossero delle faide mafiose. Penso che ci sarebbe bisogno di questo, ma non possiamo stabilirlo noi.
Ma è prevedibile a breve termine uno scenario in cui i leader dei rispettivi campi non sono più Arafat e Sharon?
Sì, è realistico: è perfettamente possibile che di qui a qualche mese i due leader attuali non ci siano più. Non sono più giovanissimi e hanno problemi di legittimazione interna abbastanza forti. Penso per esempio che certamente Sharon stia operando avendo alle spalle l’ombra incombente di Nethanyahu, che probabilmente in caso di elezioni anticipate avrebbe delle buone chances di affermazione al posto di Sharon. Nel campo palestinese Arafat, grazie alla repressione israeliana, ha riacquistato l’autorità morale che aveva perduto. Ma non è detto che duri. Forse la vera ragione per cui Arafat non dà l’idea di essere veramente interessato ad un accordo di pace, è che lui sa benissimo che nel momento in cui la Palestina democratica dovesse nascere, lui andrebbe sicuramente in pensione. La seconda Intifada è nata come una rivolta contro gli israeliani, ma anche come una forma di ribellione contro le cattive pratiche dell’Amministrazione palestinese nei confronti del suo stesso popolo. Il problema è che se cade Sharon, dopo di lui tocca a Nethanyahu. Ma se cade Arafat si apre una guerra di successione micidiale in campo palestinese di cui non si sa quale potrà essere l’esito.
Bush invia il segretario di Stato Colin Powell per ottenere una ripresa dei negoziati. Possono gli americani dettare i contorni dell’accordo di pace?
Francamente non lo so. Ormai ci sono alcuni paletti fissati. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo, ma è inevitabile che nasca uno Stato palestinese. Il problema è quello dei confini e della natura politica di questo stato. Se cioè sarà uno Stato islamico fondamentalista oppure il primo stato arabo e musulmano che si avvia sulla strada della democrazia. Più il tempo passa in questi ammazzamenti, e più la prima ipotesi diventa probabile.
Ma gli americani in questo momento possono imporre ai contendenti il loro progetto di soluzione del conflitto, o almeno la loro idea di negoziato di pace?
Gli americani non hanno molto da forzare a questo punto. E’ chiaro che hanno bisogno di chiudere questa partita prima di aprire quella irachena, ma è anche vero che la situazione è molto fuori controllo. Sharon e Arafat non sono personaggi che si fanno imporre le cose tanto facilmente, e comunque la situazione può degenerare anche semplicemente perché estremisti dei due campi fanno saltare tutto di nuovo per aria, al di là della volontà dei due leader.
Per rendere più convincente la loro ipotesi di soluzione, potrebbero gli Usa minacciare di tagliare gli aiuti ai due belligeranti?
Mi sembra abbastanza irrealistico. Bush non ha la garanzia che un ricatto di questo tipo sortirebbe i risultati attesi. Rischierebbe di mettersi contro l’influente lobby ebraica americana, senza ottenere d’altro canto nulla. Bush è in una situazione intricata. L’unica cosa certa è che farà di tutto per uscirne senza perdere il grande consenso interno che ha avuto finora.
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