
La neolingua della Stampa per straparlare di utero in affitto

«Utero in prestito»: per commentare la sentenza della Cassazione sul caso di Trento, la Stampa ha dato fondo ieri a un serbatoio di vocaboli e circonlocuzioni da far rimpiangere quella canaglia di Orwell. In una lunga paginata dedicata al no stabilito dalle Sezioni Unite al riconoscimento anagrafico dei figli “con due padri” (figli concepiti all’estero tramite utero in affitto), non solo il quotidiano di Torino è riuscito a non scrivere mai, da nessuna parte, che la maternità surrogata è una pratica vietata dall’ordinamento giuridico italiano, dal parlamento europeo e dalla Grande Chambre di Strasburgo, il massimo organo che vigila sulla Convenzione europea per i diritti dell’uomo.
L’UTERO “IN PRESTITO”, LA BALLA DEL DONO
Ma ha anche cercato di trasformare ciò che è vietato dalla legge, ossia rendere automatico il riconoscimento genitoriale di un adulto senza relazione biologica con il minore, in una concessione da parte della Corte di una «significativa vittoria al fronte più conservatore»: scrive così (senza peraltro versare una sola parola sul fronte femminista che si batte da anni per l’abolizione della surrogata) Roberto Giovannini, che nel suo pezzo di apertura trasforma il Canada, dove sono nati i gemelli della coppia omosessuale di Trento, in un paese dove «l’utero in prestito (sic) è ammesso purché a titolo gratuito», propinando ancora una volta la balla del dono e del paradiso disinteressato per la produzione di figli. Un paese dove la farsa dell’utero “altruistico” è diventato l’anello centrale di un business a tre zeri: se la madre surrogata riceve “solo” dei rimborsi, l’intera pratica tra agenzie, medici, avvocati, cliniche per la fertilità arriva oggi a costare ai committenti oltre 75 mila dollari.
UN TABÙ “ITALIANO”, SECONDA BALLA
Un paese tra i pochissimi (sono solo 18 quelli in cui è legale produrre figli per conto terzi) ad ammettere una pratica vietata in tutto il resto del mondo, cosa del tutto ignorata in un secondo articolo che propone un’intervista a Carlo Rossi Marcelli, scrittore e pioniere delle famiglie con due padri, che denuncia «in Italia è fortissimo il tabù contro la maternità surrogata», «in altri paesi non c’è questa ossessione che a volte acceca anche i giudici». L’intervista è un capolavoro di disinformazione e mistificazione: non solo Rossi Marcelli ritiene che le anagrafi potranno ancora trascrivere gli atti dei bambini nati all’estero – non è così, la Cassazione ha stabilito che d’ora in poi verrà trascritto solo il padre biologico, mentre il partner dovrà fare ricorso alla richiesta di adozione speciale – , ma arriva a sentenziare: «Basterebbe avere anche in Italia una legge che metta dei paletti ed eviti gli abusi. Non è che chiudiamo le banche perché esiste l’usura». Forse qualcuno dovrebbe spiegare a Rossi Marcelli che a rigor di metafora l’utero in affitto non è “la banca”, ma è “l’usura”, un reato già punito dalla legge.
L’ADOZIONE “DI SERIE B”, TERZA BALLA
Ma a rendere tutto più surreale è il terzo articolo proposto dalla Stampa, l’intervista a una coppia arcobaleno che denuncia «una preoccupazione grande, un dolore profondo. Stiamo vivendo un giorno di lutto. I nostri figli rischiano di non essere più fratelli, di perdere un papà e due nonni». La sveglia, le coccole, la colazione: il quotidiano nasconde dietro le parole la sostanza dei fatti, come se gretto e meschino fosse ricordare come sono nati quei due bambini coccolati, commissionati in Canada e di cui non si può scrivere nulla «perché di questi tempi ci sono esaltati che potrebbero fare del male ai nostri figli». La coppia lamenta il rischio che dopo la sentenza i due bambini risultino «figli di un padre e una madre ignota», e rifiuta la soluzione della stepchild adoption a cui apre la Cassazione, estendendo la procedura adottiva ai casi di maternità surrogata: «Non è automatico che venga concessa e chiederla significa affrontare un percorso con assistenti sociali e altre figure, sempre in balia di opinioni personali. È un’adozione di serie B che non assicura tutti i diritti al bambino e che comunque richiede anni. Anni di ansia».
GLISSARE SULLA MADRE, LA BALLA PIÙ DIFFICILE
Anni di ansia. Lo stesso percorso e la stessa ansia, ma più complicata e dagli esiti affatto scontati, vissuta da migliaia di genitori che ricorrono all’adozione con procedura ordinaria. Posto che i figli registrati unicamente con il padre biologico non sono deprivati di alcun diritto, c’è da chiedersi perché a due uomini che hanno violato la legge, consapevoli di quanto facevano, debba essere riservata una corsia preferenziale. Ma nella neolingua che trasforma le ignominie in buone azioni non c’è posto per le domande, solo per lo stravolgimento della realtà: la madre dei bambini diventa «la ragazza che ha portato avanti la gravidanza» per la coppia arcobaleno o «la donna che ha partorito i miei figli» per Rossi Marcelli. In entrambi i casi una donna «incredula e atterrita» dal fatto che in Italia venga applicata una legge per tutelarla.
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