La preghiera del mattino

La Meloni e il problema di salvare il patrimonio politico di Berlusconi

Di Lodovico Festa
19 Giugno 2023
Rassegna ragionata dal web su: l’importanza per la premier di evitare il fuggi-fuggi dei moderati, i possibili scenari per il dopo Berlusconi, il ruolo della figlia Marina
Giorgia Meloni e Antonio Tajani
Giorgia Meloni a Montecitorio con il ministro degli Esteri e coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani (foto Ansa)

Su Open si scrive: «Il fratello di Silvio Berlusconi, Paolo, potrebbe candidarsi al Senato nel suo collegio con Forza Italia. Quello di Monza. L’ipotesi, ventilata oggi da Repubblica, si fa strada nel partito che deve reagire alla morte del suo fondatore. Che sarà a breve sostituito nell’organigramma del partito. L’articolo 19 dello statuto recita: “In caso di dimissioni o impedimento permanente del presidente, il Comitato di presidenza convoca immediatamente il Consiglio nazionale che provvede alla sua sostituzione temporanea per il periodo strettamente necessario per la convocazione del Congresso nazionale”. Il reggente sarà Antonio Tajani, in vista del congresso. Dove però bisognerà trovare un’intesa tra le varie anime del partito. Il rischio, evocato da più parti, è quello di un fuggi-fuggi generalizzato. La candidatura di Paolo Berlusconi servirebbe a certificare che l’impegno della famiglia non viene meno con la morte del fondatore. Ma bisognerà anche capire quale ruolo assumerà Marta Fascina. La deputata campana rimane legata a Marina Berlusconi».

In un sistema politico come quello americano, dove le differenze programmatiche si erano in parte attenuate (ora sono però tornate a essere molto evidenziate), la tentazione di filiere politiche dinastiche è stata molto forte: così Bush padre e Bush figlio, così Bill e Hillary Clinton, il peso della famiglia Kennedy. Nell’Italia post 1992 leadership “personali” hanno sostituito per un lungo periodo leadership più strutturate dell’area moderata-conservatrice nella sua parte centrale, colpita da un’iniziativa politicamente unilaterale di settori della magistratura. Così a occhio mi pare che stiamo entrando in una fase nella quale stanno riemergendo partiti definiti da programmi, innanzi tutto nell’area moderato-conservatrice, perché in quella di centrosinistra che ha vissuto di rendita da protezione di settori della magistratura e di sistemi d’influenza internazionale, il ritorno a un vero partito definito da un programma politico fondamentale pare richiedere più tempo. In questo senso eventuali scelte che puntino in Forza Italia su fratelli o figli di Berlusconi sarebbero, probabilmente, solo un modo per gestire la transizione.

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Su First online Roberto D’Alimonte scrive: «Oppure potrebbe essere la stessa Marina che, rimanendo dietro le quinte, porta in tutto o in parte quegli oltre due milioni di voti alla Meloni. Escludo che possano esserci accordi per una fusione con Salvini. E anche Renzi credo che abbia ben poco da offrire sia agli eletti che agli elettori berlusconiani. Forse un qualche ruolo può essere giocato dalla così detta quarta gamba dei moderati di Lupi. Ma l’ipotesi vera rimane quella di guardare verso Meloni. La quale peraltro se vorrà approfittare dell’occasione per cambiare la sua immagine sulla scena internazionale dovrà compiere passi verso la trasformazione del suo partito in un partito conservatore e non caratterizzato da un eccesso di estremismo di destra. Insomma un partito di centro moderato. Ma anche questa non sarà una trasformazione indolore. Come potrebbero reagire gli esponenti della vecchia destra affezionata alla fiamma che discende da Almirante?».

A un osservatore intelligente come D’Alimonte non sfugge come oggi Giorgia Meloni conta su un solido rapporto con la società italiana e su ricche e articolate relazioni internazionali, che le attribuiscono naturalmente la leadership del centrodestra e una possibilità di manovra che va oltre a Fratelli d’Italia.

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Su Huffington Post Italia Alessandro De Angelis scrive: «Mettetevi comodi, perché almeno fino alle Europee non succederà nulla, in termini di stabilità di governo: scossoni, terremoti, ondate di incertezza. Niente di tutto ciò. E nel frattempo godetevi il grande spettacolo su che cosa succederà nel fantastico mondo berlusconiano, l’impero e le dimore, il ruolo della “finta moglie” e la concordia o meno dei figli veri, quanto Marina avrà il quid paterno, se la costellazione avrà ancora un simbolico pianeta attorno a cui tutto ruota o se sarà policentrico».

Una leadership del centrodestra al momento indiscutibile consente a Fratelli d’Italia di gestire con pazienza la transizione a un nuovo assetto del sistema politico italiano, regolando le sue mosse rispetto innanzi tutto alle prossime elezioni europee.

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Su Dagospia si scrive: «Giorgia Meloni, che da parte sua ha già fatto sapere che non ci sarà spazio in Fdi per eventuali transfughi azzurri, aiutandola per il suo progetto europeo di alleanza con il Ppe (dove Forza Italia è tra i membri e Tajani è sodale del presidente Manfred Weber). Purtroppo si andrà a votare per le europee fra un anno, e col sistema proporzionale (ogni partito per conto suo), quando l’onda emotiva della scomparsa del Cavalier Pompetta sarà inevitabilmente scomparsa, e tutti gli occhi saranno puntati sul risultato che otterrà il partito orfano di Berlusconi: se non riuscirà a superare la soglia di sbarramento del 4 per cento, sarà un disastro per Forza Italia».

Avendo la possibilità di gestire con calma la transizione del dopo Silvio Berlusconi, l’interesse della Meloni nel medio periodo è che non si disgreghi la componente del centrodestra italiano più moderata e più legata al Partito popolare europeo, e quindi è ragionevole ritenere che aiuti Forza Italia magari anche a collegarsi con i vari Brugnaro, Toti, Lupi che difficilmente potrebbero superare la soglia del 4 per cento alle Europee. Poi però bisognerà che il centrodestra ragioni sull’insieme del sistema politico con criteri allo stesso tempo razionali e ispirati da princìpi: finita la stagione delle grandi ideologie, anche quelle un po’ frettolosamente manifestatesi nella cosiddetta Seconda Repubblica (tipo federalismo, nazionalismo, globalismo), il problema è come rappresentare princìpi moderati-conservatori e come collegarli a personalità scelte dai cittadini e non dagli apparati dei partiti. In questo senso il centrodestra dovrebbe fare un’attenta analisi di tanti significativi voti per le Comunali raccolti grazie al peso di singole personalità rispetto agli schieramenti più propriamente politici. Dalla mia penso che la scelta di collegi uninominali con primarie (finanziate anche dallo Stato) potrebbe essere la soluzione per consolidare partiti come comunità di destino e candidati scelti dagli elettori.

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