La mafia non mi fa paura

Di Emanuele Boffi
13 Dicembre 2007
Parla Vincenzo Conticello, l'imprenditore che non ha pagato il pizzo e ha fatto condannare i suoi estorsori.  «Tranne che  da Totò Cuffaro ho avuto solidarietà solo a parole»

Palermo
Difficile spaventare Vincenzo Conticello. Se non c’è riuscito un disastro aereo, è arduo che ci riesca la mafia. Accadde qualche anno fa, Conticello era a bordo di un piccolo aereo di linea, destinazione America centrale. Sulla stessa fila di posti: lui e la figlia, la moglie e uno sconosciuto. L’aereo cade. Vincenzo, d’istinto, prende la figlia tra le braccia e inizia a pregare. Lo sconosciuto lo rimprovera: «Che fai? Non pregare: mettile la mascherina dell’ossigeno». Conticello ubbidisce, lo sconosciuto ripete la medesima operazione con la moglie. L’apparecchio piomba in mare, l’acqua è cemento, Conticello per il colpo entra in coma. L’aereoplano si spezza in tre: la coda e la fusoliera s’impennano a candela e affondano. La parte centrale, dove si trovano i quattro, s’immerge a metà. L’uomo porta la moglie e la figlia di Conticello sul tetto, si rituffa, lo libera dalla cintura di sicurezza, lo porta in salvo. Intorno a loro gli squali fanno scempio degli altri 36 passeggeri, tutti morti. Dopo un paio d’ore, un mercantile salva i quattro naufraghi e dà le prime e fondamentali cure a Conticello. «Con quell’uomo, un veterinario che aveva lavorato con l’esercito, mi sento ancora. Senza il suo aiuto, io e la mia famiglia oggi non saremmo qui», racconta.
A uno così Cosa Nostra può fare paura, ma fino a un certo punto. Conticello è figlio di una grande famiglia di ristoratori, proprietari dal 1834 dell’Antica Focacceria San Francesco, uno dei locali più antichi d’Italia. Iniziò a lavorarci nel 2000, prima aveva vagabondato per tutto l’orbe terracqueo portando ovunque inventiva e fantasia siciliana. In Australia come esperto di ecoturismo, in Argentina come imprenditore («Convinsi gli abitanti di un villaggio a non cacciare le balene: “Una balena morta vale 400 dollari. La fotografia di una balena viva vale 400 dollari. Ma domani la foto potete rifarla, se è viva”»), poi gestore della Stazione Darwin alle Galapagos, quindi in Ecuador, in Venezuela («Sono socio della più importante compagnia aerea del paese»), in El Salvador («Organizzai un campo profughi»), dunque in Nicaragua nel biennio ’98-’99 ai tempi dell’uragano Mitch («Si operava in mezzo ai cadaveri, tra malattie ed epidemie»). Questo viaggiatore per cromosoma nel 2000 ritornò a casa: «Erano i tempi della mucca pazza, gli affari non andavano bene. Si fece avanti un compratore olandese: offriva una bella cifra per rilevare il locale e trasformarlo in una birreria». Conticello ci pensò su per due giorni, poi col fratello decise di dare una sosta al suo peregrinare, di investire nel locale. Quella che fino ad allora era stata un’attività prestigiosa, ma all’interno delle quattro vie di uno dei quartieri più turbolenti di Palermo, si è trasformata in un’azienda conosciuta in tutto il mondo che ha sottratto al buio un intero rione della città.
La mafia non aveva mai dato problemi alla famiglia Conticello. La nonna, che aveva portato avanti per sessant’anni l’attività, era la classica donna di quartiere, stimata e riverita, solita trattare con tutti con caramelle, ma anche col bastone. Ma poi. «Prendevo a lavorare persone in difficoltà. Davo uno stipendio a un gruppo di ragazzini provenienti dal carcere minorile perché mi innaffiassero le piante del parcheggio e avevo assunto una donna, moglie di un pregiudicato, come cassiera. Nel 2005 la signora mi chiese se potevo scrivere una lettera di affidamento in modo tale che il marito, tale Vito Selida, carcerato all’Ucciardone, potesse lavorare nel mio locale». Poiché la donna era una dipendente modello, Conticello accettò e assunse il marito come manutentore. «Tuttavia m’accorsi subito che l’uomo non svolgeva bene il suo lavoro e frequentava tipi loschi, dando appuntamenti anche davanti al locale. Così, il 19 novembre di quell’anno, terminato il periodo dell’affidamento, lo congedai». Da allora, cominciarono i guai. «I ragazzini sparirono da un giorno all’altro, con la scusa che “erano arrivati nuovi capi”. Il 25 del mese si presentò un uomo, Giovanni Di Salvo, che non conoscevo, che mi assicurò che avrebbe potuto garantirmi tranquillità per “soli” 500 euro al mese». Risposta: «L’Antica Focacceria ha vissuto 170 anni fuori dalle logiche di mafia». Il Di Salvo rimase sorpreso dalla schiettezza e insistette. «Scusi, mi sta chiedendo il pizzo?», gli domandò provocatoriamente Conticello. «Lo chiami come vuole, io posso levarle u duliri ‘i testa». Conticello lo mandò via.
Allontanatosi il Di Salvo, «si avvicinarono due carabinieri in borghese che mi avvertirono di aver registrato la conversazione. Mi chiesero una dichiarazione spontanea che rilasciai immediatamente». Iniziarono, però, i “messaggi”: l’automobile rovinata, una lettera anonima che gli intimava di pagare 50 mila euro, le minacce ai familiari, gli insulti a suon di sputi per strada. «Poi incontrai il Selida il quale, saputa la storia, mi disse: “Quella è mala gente, ma io ti posso presentare a Francolino Spadaro, l’uomo che può risolvere i tuoi problemi». L’11 febbraio 2006 è il giorno dell’incontro. Conticello è condotto al Porticello, al mercato del pesce. «Mi si para davanti un improbabile pescivendolo, in stivali e jeans Armani, Rolex al polso e dita fresche di manicure». è Spadaro. «Mi chiese di riassumere Sedita». Conticello accettò. «Il 9 marzo Sedita mi informò che, durante una mia assenza per un viaggio di lavoro, si erano presentati quelli del pizzo che avevano chiesto 50 mila euro. Ma, grazie ai suoi buoni uffici, era riuscito ad abbassare il prezzo a 15 mila». L’ex manutentore aggiunse trionfante che, a questo piccolo “obolo”, si sarebbe poi dovuta aggiungere una «una tantum a Pasqua e Natale». Conticello s’infuriò. Gli risponse a brutto muso che lui non avrebbe pagato né 50, né 15, né 1. Scoppiò una lite e il Sedita si allontanò minaccioso. «Il giorno dopo furono arrestati tutti», ricorda Conticello.
Di imprenditori ricattati dai mafiosi è piena Palermo. Però Conticello ha fatto quello che finora nessuno aveva osato: è cioè andato fino in fondo. Naturalmente si era mosso all’unisono con le forze dell’ordine, il locale era pieno di microspie, ogni suo dialogo era stato opportunamente registrato e filmato. «Le intercettazioni bastavano a incastrarli, ma la mia testimonianza è stata fondamentale». Il processo è stato rapido, solo 17 mesi e tre giorni e si è concluso con la condanna a 16 anni per Spadaro, a 14 anni per Di Salvo e a 10 anni per Lorenzo D’Aleo, braccio destro di Spadaro. A metà settembre Conticello è andato in aula e, scena mai vista, ha indicato senza esitazione chi più volte l’aveva minacciato. «Sì è lui, quello che veniva nel mio locale a fare le richieste estorsive», ha dichiarato senza esitazione indicando il Di Salvo.

Einstein? Mai visto
«I processi per il pizzo di solito non arrivano a sentenza – nota Conticello – perché gli imprenditori, spaventati, si limitano a denunciare solo gli atti vandalici, oppure, di fronte ai cataloghi di fotografie della polizia per identificare i mafiosi (cataloghi in cui compaiono anche foto di personaggi famosi come attori o Albert Einstein), affermano di “non riconoscere nessuno”». Così i delinquenti la scampano, anche se ora Confindustria ha cominciato a mettere alla porta i primi associati troppo indulgenti con gli estorsori. «Ma c’è poco da cantare vittoria», ammette. «Primo perché non si può pensare di combattere il fenomeno del pizzo finché possiamo fare affidamento solo su trentaquattro uomini per tutta la città. Se lo Stato non controlla il territorio, io mi sento abbandonato». Secondo perché «a parte alcune banche e il presidente della Regione, Totò Cuffaro, sono in pochi ad avermi dato un aiuto concreto. E per concreto intendo che mi ha aiutato a mantenere il lavoro per mandare avanti la mia attività. In troppi politici mi hanno espresso solidarietà solo per farsi pubblicità sui giornali». Terzo perché «gli imprenditori mi hanno lasciato solo. Prima mi chiamavano per organizzare i banchetti aziendali. Dalla sentenza non ho visto un associato a Confindustria o alla Confcommercio venire qui a prendere un caffè». Quarto perché si continua a rappresentare la mafia come in una fiction: «Non ho trasformato il mio processo in un evento mediatico. Ho rifiutato di andare in tv a qualsiasi talk show. Parlo solo ora, a sentenza avvenuta. Se l’avessi fatto prima avremmo avvantaggiato i legali della difesa».
Oggi Conticello vive sotto scorta. è una vita impossibile. «Se voglio andare a casa di conoscenti, prima devono bonificare l’appartamento. Se vado al mare, mi sento ridicolo a nuotare sorvegliato. Non è che non ho amici che mi invitano a cena, ma sono io che non voglio creare loro problemi, metterli in imbarazzo». è ora di pranzo, l’Antica Focacceria apre al pubblico. «Ecco, una cosa è cambiata dopo tutta questa storia: il locale si è riempito di giovani».

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