La lunga strada del rock di Walter Gatti

Di Redazione
02 Settembre 2012
È dal suo primo concerto recensito, quello di Crosby-Stills and Nash al Palasport di Milano, che comincia questa raccolta di tutte le interviste che il giornalista ha fatto negli anni.

C’è gente che scrive di musica, parla di musica non essendo mai stata a un concerto. Magari sa a memoria tutti gli album di una band, in ordine cronologico, ma dal vivo, no, non li ha mai sentiti, perché andare sotto il palco costa troppa fatica. Questa non è la storia di Walter Gatti, lui di fare il giornalista l’ha sognato da sempre, ma, come racconta lui stesso, non aveva mai pensato che l’amore per la musica, ascoltata fin da bambino, sarebbe diventato mestiere. È dal suo primo concerto recensito, quello di Crosby-Stills and Nash al Palasport di Milano che comincia il libro La lunga strada del rock. Canzoni, desideri, religiosità nelle storie di un cronista musicale (Lindau, 329 pagine, 21 euro), una raccolta di tutte le interviste che Gatti ha fatto negli anni.

Davanti al suo registratore sono passati veri e propri colossi del rock, alcuni sfrontati e sicuri di sé, altri pieni di dubbi sul senso della vita, altri in continuo movimento, ma tutti in grado di lasciare un segno, anche nel giornalista che paziente fa le domande. A volte così lungimiranti da far venire i brividi, come nel caso dei fratelli Gallagher, a cui chiede perché nel ’97 siano stati sul punto di sciogliersi, fatto realmente accaduto nel 2009. O un Vasco Rossi d’annata, che sa mettere a suo agio l’allora giornalista del Sabato, con un «ma il suo non è un giornale cattolico terrificante?» per poi concludere confessando di cercare risposte che non trova nel materialismo puro, sulla domanda di un ragazzo che si sveglia alla mattina e si chiede il senso di svegliarsi, di stare al mondo. La lungimiranza di Giorgio Gaber, intervistato da Gatti agli inizi degli anni Novanta, si abbatte sulla televisione, mentre parla di La strana famiglia una canzone scritta per l’amico Enzo Jannacci. «Che si speculi in tv sulle disgrazie della gente è risaputo, forse detto così, “stiam diventando tutti coglioni/ con Berlusconi o con la Rai” fa un po’ sorpresa». O ancora un Antonello Venditti tremendamente attuale che nel 1991 afferma «se io vado al Meeting, per incontrare i ciellini, mi dicono che sono diventato amico di Formigoni. Tre anni fa D’Alema mi ha massacrato per questo, e quest’anno al Meeting c’era anche lui».

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