La lunga marcia di Xi Jinping per diventare imperatore della Cina

Di Leone Grotti
11 Marzo 2023
Dopo una lunga scalata al potere fatta di purghe violente e revisioni storiche, Xi è stato rieletto "presidente di tutto" per la terza volta superando Mao Zedong
Xi Jinping eletto per la terza volta presidente della Cina

Xi Jinping eletto per la terza volta presidente della Cina

Xi Jinping è finalmente riuscito a completare la sua personale impresa e a diventare imperatore della Cina. Dopo essere stato nominato per la terza volta alla guida del Partito comunista cinese (il titolo che conta più di ogni altro), ieri è stato eletto di conseguenza ancora una volta presidente della Repubblica popolare, una carica che potrebbe ormai mantenere a vita. Neanche Mao Zedong ebbe tanto potere per così tanto tempo.

Il leader incoronato imperatore della Cina

Il Congresso nazionale del popolo, con 2.952 voti a favore e nessuno contrario, ha coronato il sogno di Xi: diventare dittatore unico e assoluto della Cina, pensionando la stagione della leadership collettiva e del limite dei due mandati per ogni leader, che aveva caratterizzato il Partito comunista dalla morte di Mao in poi.

Xi non è solo segretario del Partito e presidente della Cina. È anche capo della Commissione militare centrale, alla quale obbediscono i 2 milioni di effettivi dell’esercito popolare di liberazione, e soprattutto gode della fedeltà assoluta degli altri membri del Comitato permanente del Politburo, ai quali sono stati affidati tutti gli incarichi più importanti. Negli ultimi decenni, i posti chiave dello Stato e del partito venivano distribuiti tra i membri delle diverse fazioni. Oggi queste fazioni non esistono più: ne è rimasta solo una, quella riconducibile allo stesso Xi.

La lunga marcia fatta di purghe e revisionismo

Xi ha dovuto lottare per conquistare il potere assoluto. Nel 2012, quando prese per la prima volta il potere all’interno del Partito, riuscì a superare la concorrenza dell’astro nascente maoista Bo Xilai, che fece poi condannare all’ergastolo. Il suo primo periodo da segretario del Partito fu caratterizzato da una violentissima campagna anti-corruzione che smembrò le fazioni a lui opposte e portò all’arresto di migliaia di quadri del Partito.

Nel 2016 si fece attribuire il titolo di «cuore e leader del Partito», privilegio riservato a pochi. Nel 2017 inserì nello statuto del Partito il “pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era”, il cui studio è obbligatorio nelle scuole di ogni ordine e grado.

Nel 2018 lo fece incidere anche nella Costituzione, eliminando allo stesso tempo il limite dei due mandati per la presidenza. A novembre, infine, rilasciò una risoluzione ufficiale sulla storia del Partito comunista, come solo Mao e Deng Xiaoping (nel 1945 e nel 1981) erano riusciti a fare prima di lui, elevandosi di conseguenza al loro rango.

Dopo Xi Jinping, solo Xi Jinping

Xi è stato il primo a controllare allo stesso tempo il fucile, il coltello e la penna: ovvero l’esercito, la polizia e la propaganda. Se una volta per scalare i vertici del potere era necessario dimostrare di avere abilità, oltre che scaltrezza e un degno pedigree rivoluzionario, ormai l’unica qualità richiesta è la fedeltà assoluta all’imperatore. Per questo è stato eletto come premier Li Qiang, già capo del Partito di Shanghai. Nonostante Li sia l’autore del disastroso lockdown di Shanghai, che ha esasperato la popolazione e devastato l’economia, è stato premiato per la sua cieca lealtà al leader.

Ora non esiste più nessuno nel Partito comunista in grado di contrastare l’imperatore e nessun membro della nuova generazione è stato nominato nel Comitato permanente del Politburo, com’era usanza. È comprensibile: dopo Xi Jinping ci sarà ancora Xi Jinping.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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