
La luna sulla capitale: è un successo lo spettacolo dei detenuti attori
Un gran successo, e una bella emozione. I detenuti del carcere di Opera sono riusciti a riempire il teatro degli Arcimboldi e il pubblico – una miscellanea di politici, curiosi, parenti, amici ed ex galeotti – ha assistito al frutto di quattro anni di lavoro della cooperativa Ex.it e della sinergia con le istituzioni. Un laboratorio, promosso da Regione Lombardia, Provvedditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria con la Casa di Reclusione Milano Opera, che per la prima volta è diventato un musical a tutti gli effetti. «Erano imbranati, goffi, stonatissimi. Ora hanno recitato su un palco da professionisti» ha ricordato ieri sera il direttore del carcere, Giacinto Siciliano. «Sembrava davvero una missione impossibile, ma c’è l’abbiamo fatta» ha sorriso la cantautrice e regista Isabella Biffi, in arte Isabeau.
Fra gli interventi che hanno concluso la serata, è stato particolarmente significativo quello di Alberto Di Cataldo, figlio del maresciallo di polizia di penitenziaria, che copriva il ruolo di vice-comandante nel carcere milanese di San Vittore, assassinato da un gruppo di terroristi pochi giorni dopo il sequestro Moro. Di Cataldo cercava, in un periodo difficile, di instaurare in carcere un clima che fosse il più possibile sereno: idealmente, quel filo rosso è proseguito fino ad oggi, fino ai volti di questi detenuti, fieri di ricevere il lunghissimo applauso della platea. Alberto ha letto una lettera:
“(…) Francesco Di Cataldo ha lavorato a San Vittore per 28 anni nel corpo degli Agenti di Custodia. L’ Amministrazione Penitenziaria l’ ha sempre voluto lì. Perché? Perché lavorava in un certo modo. E quel modo di lavorare, un modo, appunto, molto milanese, apprezzato da lui, nato a Barletta, in Puglia, il 20 settembre 1926, fu il vero motivo per cui le Br decisero di ucciderlo. Mio padre era un uomo pacato e ambizioso. Sapeva stare al suo posto ma nel suo posto era attivo e infaticabile. Conosceva tutti gli agenti, gli avvocati e, naturalmente, tutti i detenuti. Aveva un rapporto costante con i magistrati del Tribunale di Milano. Mio padre era discreto e di una riservatezza che rasentava la reticenza. Agli inizi degli anni 70, nel corso dell’ennesima rivolta carceraria, un quotidiano del pomeriggio uscì in prima pagina con la foto che ritraeva i detenuti sul tetto e un militare che da solo e in bilico sulle tegole parlava loro per convincerli a scendere. La foto non era nitida ma la sagoma di mio padre, un pò tarchiato e con la pancia, era inconfondibile. Negò di essere lui, e per porre fine subito alle domande ansiose di mia madre agitò il braccio e fece una smorfia tra il fastidio e il sorriso.
“Coltivava il senso della responsabilità individuale e sapeva mediare. E mediare in quegli anni, a San Vittore, era difficile. Molto difficile. Ma lui ci riusciva. Durante gli anni 70 divenne sempre più inquieto e dal 16 marzo 1978, 35 giorni prima di morire, mio padre non sorrise più. La direzione strategica delle Brigate rosse aprì la campagna delle carceri. Bisognava radicalizzare lo scontro. E un funzionario dello Stato di questo tipo era l’ ostacolo che faceva impazzire i brigatisti. Il giorno che fu assassinato la nostra casa si riempì di ex detenuti. In quelle ore drammatiche e di smarrimento mio, di mia madre e di mia sorella, dissi al brigadiere P., uno dei più fidati collaboratori di mio padre, che come familiari volevamo i funerali in forma privata. Lui mi prese il braccio e mi strattonò brutalmente. «Eh no, caro» mi disse rabbioso. «Di Cataldo è tuo padre ma è anche il nostro maresciallo». E accompagnò quel «nostro» battendosi la mano sul petto. Aveva ragione il brigadiere P. Mio padre lavorava con naturalezza. Con normalità. Coltivando con cura la propria responsabilità individuale. Ma lavoravano così tutti i milanesi uccisi dai terroristi. Tutti legati allo stesso identico filo. Il filo del dovere, del gusto per il lavoro fatto bene. Il filo della pazienza e della costruzione graduale delle cose”. (Alberto di Cataldo, a chiusura dello spettacolo “La Luna sulla Capitale”, Teatro degli Arcimboldi, 9/5/11).
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