La lotta armata contro il regime in Myanmar è una scelta miope

Di Rodolfo Casadei
06 Luglio 2021
I gruppi armati a base etnica non hanno aderito alle Forze di difesa popolare del governo di unità nazionale. Che ora mancano di armi e addestramento
Membri dell'opposizione in Myanmar male equipaggiati contro il regime

Non cessano di intensificarsi la lotta armata contro il governo golpista del generale Min Aung Hlaing nel Myanmar (ex Birmania) e la violenta repressione militare sia contro le formazioni della resistenza che contro i civili disarmati. Venerdì scorso nella cittadina di Depayin nella regione di Sagaing un raid militare di rappresaglia a un’imboscata della locale Forza di difesa popolare di Depayin ha causato 31 morti fra i miliziani e la popolazione civile e 10 mila sfollati fra gli abitanti fuggiti nelle foreste circostanti. Avrebbero perso la vita anche tre soldati.

Già 900 oppositori del regime uccisi

Secondo organizzazioni locali dopo il 1° febbraio scorso, data in cui i militari hanno preso il potere e arrestato i leader e i parlamentari della Lega nazionale per la democrazia (Lnd) di Aung San Suu Kyi, che aveva largamente vinto le elezioni del novembre 2020, sono stati uccisi 900 oppositori del regime, in gran parte pacifici manifestanti. A questa cifra, da rivedere probabilmente al rialzo, vanno aggiunti i militari caduti nelle imboscate dei ribelli, pubblici ufficiali lealisti uccisi in attentati delle forze della resistenza e presunte spie del regime sommariamente eliminate.

Infatti il 14 marzo scorso il clandestino Governo di unità nazionale (Gun) che si oppone ai militari ha dichiarato il suo appoggio alle forme di autodifesa violente, e il 5 maggio ha annunciato la creazione di un suo braccio armato sotto la sigla Forze di difesa popolare. In precedenza il Parlamento clandestino, che si è riorganizzato come Crph, Comitato rappresentante il Pyidaungsu Hluttaw (il nome birmano del Parlamento), aveva dichiarato “entità terroristica” il governo militare. Si tratta di una svolta storica, dal momento che sotto la guida di Aung San Suu Kyi la Lnd (che rappresenta la spina dorsale del clandestino Governo di unità nazionale) aveva sposato la strategia della resistenza non violenta al regime militare nei lunghi anni fra il 1988 e il 2011, quando la sua lotta era sfociata in una parziale democratizzazione del paese. La scelta della lotta armata per abbattere il nuovo regime militare però sta incontrando gravi difficoltà e creando una serie di problemi.

Le difficoltà della lotta armata

Il Gun e il Crph avrebbero voluto creare da subito le nuove forze armate del paese, nella forma di un esercito federale sotto controllo civile composto di uomini di tutte le etnie del paese (mentre ora i soldati appartengono quasi tutti all’etnia maggioritaria dei bamar) che avrebbe soppiantato quello attuale, noto come Tatmadaw, specializzato nella repressione della guerriglia attraverso l’uso della violenza sulle popolazioni civili e nella repressione delle proteste politiche. Nel Myanmar/Birmania esistono da decenni gruppi armati a base etnica, che rivendicano armi alla mano i diritti delle minoranze (un terzo circa di tutti gli abitanti del paese) che vivono per lo più lungo i confini. I più famosi e organizzati sono il Karen National Liberation Army e il Kachin Independence Army, insediati nelle sole due regioni del paese dove i cristiani rappresentano la maggioranza della popolazione (a livello nazionale i cristiani sono solo il 6 per cento, mentre i buddhisti rappresentano l’88 per cento). Ma ce ne sono un’altra dozzina.

Nessuno di questi ha accettato la proposta di fondere le proprie forze nell’esercito federale proposto dal Gun/Crph. Per questo motivo il governo clandestino ha dovuto creare il suo proprio braccio armato, la Forza di difesa popolare. La quale però manca di armi, addestramento e catena di comando. Le Forze di difesa popolare si sono formate su base spontanea, dotate solo di armi bianche, fucili da caccia e fucili a pietra focaia di produzione artigianale; molti elementi desiderosi di dare vita a queste forze si sono recati nelle regioni dove sono attivi da molto tempo i gruppi armati etnici e lì hanno ricevuto addestramento e in qualche caso armi dai karen, dai kachin, ecc. Altre se le sono procurate con imboscate alle forze lealiste e altre ancora acquistandole dai mercanti di armi che riforniscono i gruppi separatisti indiani passando attraverso il nord-ovest del Myanmar.

Più terrorismo che resistenza

La debolezza militare della resistenza e la mancanza di coordinamento hanno fatto sì che le sue azioni assumessero connotati vicini al terrorismo: a parte gli agguati ai convogli militari, i ribelli si sono dedicati a omicidi mirati di ufficiali governativi e di presunte spie, all’incendio e alla distruzione di infrastrutture civili come uffici pubblici, banche e scuole, queste ultime diventate un bersaglio per impedire la loro riapertura per l’inizio del nuovo anno scolastico. Il 26 maggio scorso il Gun ha emesso un decreto col quale proibiva gli attacchi a scuole, centri sanitari e altre infrastrutture civili, ma gli assalti non sono finiti del tutto.

Nel frattempo i militari hanno affrontato la nuova insurrezione con le sperimentate tecniche antiguerriglia applicate contro i gruppi armati etnici, note come “strategia dei quattro tagli”: le forze armate attaccano deliberatamente i civili delle zone dove la guerriglia è attiva per provocarne la fuga, e privare così i ribelli di quattro risorse fondamentali: cibo, denaro, informazioni e potenziali reclute. Bombardamenti aerei e con pezzi di artiglieria, abbinati a raid di forze speciali, si ripetono in varie regioni del paese.

Il Myanmar non vuole più i generali

Alla vigilia del 65° compleanno del capo della Giunta militare, il regime ha rilasciato 2 mila dei 6 mila prigionieri politici arrestati per avere partecipato alle manifestazioni di protesta, ma questo non ha guadagnato a Min Aung Hlaing la gratitudine dei concittadini: il 3 luglio, giorno della sua nascita,  l’opposizione ha organizzato una giornata del malaugurio in tutto il paese, nel corso della quale i manifestanti auguravano al generale di morire subito dopo il suo compleanno. Cartelli recavano le scritte “Possa tu finire all’inferno” e “Il popolo ti augura una veloce morte subito dopo il tuo compleanno”.

La Cina è il più importante fornitore di aiuti militari al Myanmar sin dagli anni Ottanta, e mantiene con esso un’estesa cooperazione militare e strategica. Ufficiali e soldati delle forze di terra, del mare e dell’aria hanno ricevuto addestramento da parte cinese. Questi rapporti permettono ai cinesi di avere accesso ai porti e alle installazioni navali birmane, che a loro volta consentono di avere un’influenza strategica sul Golfo del Bengala. Il governo cinese ha espresso la sua insoddisfazione per l’attuale situazione in Myanmar e ha impedito in sede di Consiglio di Sicurezza Onu che venissero decise sanzioni contro la nuova giunta militare.

@RodolfoCasadei

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