La fame è nera, lo snob è bianco

Di Rodolfo Casadei
24 Ottobre 2002
Su istigazione degli ambientalisti, lo Zambia continua a rifiutare gli aiuti alimentari contro la carestia che minaccia la vita di 2,5 milioni di persone, perché contengono Ogm

La scena è surreale come nelle pieces teatrali di Ionesco o nell’Ubu roi di Jarry: un capo di Stato africano eletto in circostanze controverse impedisce la distribuzione di aiuti alimentari al suo popolo sull’orlo di una rovinosa carestia; alla sua sinistra, una folla di religiosi gesuiti, ambientalisti, militanti di organizzazioni terzomondiste e per la promozione dei diritti umani – quasi tutti bianchi e stranieri – lo applaude convinta; alla sua destra, invece, una folla di popolani, contadini affamati, impiegati vocianti, donne furiose e politici dell’opposizione inveisce e tenta ripetutamente di impadronirsi di alcuni sacchi di mais, a fatica tenuta a bada dalla polizia. Irrompe sul palcoscenico un drappello di scienziati di tutto il mondo, dirigenti delle Nazioni Unite e agenzie di aiuti, e implora il presidente di permettere al suo popolo di nutrirsi col cibo oggetto della contesa. Ma costui si alza in piedi annunciando solennemente che il mais è veleno, e viene portato in trionfo dalla tripudiante folla alla sua sinistra.
Purtroppo quella sopra immaginata non è una fantasia teatrale, ma una realtà fattuale che ha per palcoscenico lo Zambia, paese dell’Africa australe dove 2 milioni e mezzo di persone rischiano la morte per fame, e per protagonisti il suo presidente Levy Mwanawasa, il Programma alimentare mondiale (Pam) e l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che sono organismi delle Nazioni Unite, il Centro gesuita per la riflessione teologica di Lusaka, le Ong terzomondiste che a Johannesburg hanno fischiato il segretario di Stato americano Colin Powell, il popolo zambiano e molti altri personaggi. A far diventare reale il surreale è bastata l’evocazione di un’entità diabolica: gli Ogm, Organismi geneticamente modificati. Gli aiuti alimentari, in gran parte di provenienza Usa, che possono salvare lo Zambia e il resto dell’Africa australe dalla carestia contengono Ogm, e questo è bastato a scatenare l’isteria generale e un’interminabile contesa sulla pelle degli affamati.

“Anche Bush e Powell mangiano così”
Tutto è cominciato alla fine di maggio, quando la Fao, il Pam e altre agenzie internazionali hanno ufficialmente annunciato che a causa di un crollo della produzione agricola dovuto a siccità, inondazioni e instabilità politica 10 milioni di persone in Africa australe stavano per essere colpite da una terribile carestia. Il 30 maggio anche il presidente dello Zambia dichiarava lo stato di emergenza e invocava aiuti internazionali. In giugno il numero delle potenziali vittime saliva a 12 milioni, e le prime forniture di emergenza cominciavano ad approdare nel subcontinente. Ma a luglio il programma inciampa nell’ostacolo Ogm: Zambia, Malawi, Zimbabwe e Mozambico obiettano alla presenza di grandi quantità di mais Usa geneticamente modificato negli aiuti. Le loro preoccupazioni spaziano dagli eventuali rischi per la salute dei consumatori ai problemi che potrebbero insorgere per il settore nazionale dell’agroesportazione: se una parte del mais donato entrasse nel circolo produttivo, le esportazioni verso l’Europa potrebbero essere dichiarate “contaminate” dall’Unione europea (Ue) e colpite dal bando anti-Ogm in vigore nei paesi della comunità. Sull’innocuità degli alimenti piovono rassicurazioni: l’Oms certifica la loro sicurezza, il Pam fa sapere che già in passato ha distribuito prodotti Ogm senza problemi, Roger Winter vicedirettore di Usaid, l’agenzia statale americana per gli aiuti internazionali, fa sapere che «questo è lo stesso cibo che gli americani mangiano ogni giorno, approvato dall’Agenzia per la protezione ambientale». Ma il braccio di ferro continua fino al summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile a fine agosto. Nel suo intervento alla tribuna Colin Powell denuncia, fra le urla dei militanti no-global presenti in sala, che alcuni governi africani stanno impedendo agli Stati Uniti di soccorrere la popolazione affamata col loro rifiuto del mais Ogm «che è mangiato in tutto il mondo senza problemi dal 1995». Dietro le quinte Andrew Natsios, direttore di Usaid, rincara la dose: «Gli alimenti contenenti Ogm sono esattamente gli stessi che mangiano anche George Bush e Colin Powell». Ong terzomondiste, no-global e Verdi europei reagiscono firmando a centinaia una petizione perché sia messa fine alla “propaganda americana” pro-Ogm al summit. Dichiara il norvegese professor Terje Traavik: «L’aiuto alimentare è uno dei mezzi degli americani per smaltire la loro produzione di Ogm. è un piano diabolico per conquistare l’Africa». A quel punto è lo stesso capodelegazione della Ue, lo svedese Ambjorn Berglund, che smorza i toni del dibattito e indica quella che secondo lui è la via d’uscita: il mais Ogm, dice, non è assolutamente pericoloso per la salute, ma visto che potrebbe avere conseguenze sulla biodiversità se viene seminato, la soluzione è importarlo già macinato. Mozambico, Zimbabwe e Malawi imboccano questa strada, che ha soltanto una piccola controindicazione: la macinazione ha un costo che si aggira sui 42 euro a tonnellata. Secondo il Pam serviranno 4 milioni di tonnellate di granaglie per vincere la carestia. La macinazione, dunque, può far aumentare i costi dell’intervento di 168 milioni di euro, uno spreco colossale.

I gesuiti lodano il presidente anti-Ogm
In tanto movimento, un uomo solo resta immobile: è Levy Mwanawasa, membro del partito del presidente uscente Chiluba, eletto capo dello Stato nel gennaio 2002 grazie all’appoggio dell’apparato statale in un’elezione contestata dagli osservatori interni e internazionali, quelli della Ue inclusi. Continua a ripetere che «semplicemente perché la mia gente ha fame, non è giustificato somministrare loro veleno, dare cibo che è intrinsecamente pericoloso per la loro salute». Quando si muove, è per ordinare al Pam di ritirare le 12 mila tonnellate di mais americano già presenti nel paese, comprese le 7mila destinate ai campi dove sono ospitati 130mila profughi da Angola e Congo. A parte i ministri del suo governo, in patria a dargli ragione sono solo due soggetti rilevanti: la maggioranza in seno alla Zambia National Farmers’ Union (Znfu), che sarebbe la Coldiretti zambiana, e il Centro gesuita per la riflessione teologica. Gran parte della Znfu (ma non tutta) è preoccupata di non subìre rappresaglie Ue contro produzioni nazionali che risultassero “contaminate”, alcuni produttori nazionali di sementi sono preoccupati di perdere quote di mercato per la concorrenza delle multinazionali biotech. I gesuiti, invece, in un documento prodotto dal loro Kasisi Agricultural Training Centre e diffuso il 15 agosto scorso, sposano tutte le tesi “verdi” sugli Ogm, giudicati una minaccia per l’ambiente, per la salute dei consumatori, per l’“agricoltura sostenibile”, per gli interessi economici di piccoli e grandi (non tutti) produttori nazionali. Quando scoppia la crisi degli aiuti, prendono decisamente le parti del governo: «Il governo dello Zambia merita di essere vivamente lodato per la sua netta e previdente decisione di respingere l’importazione di mais Ogm», scrivono in un comunicato stampa. «Solo come ultima possibilità possiamo prendere in considerazione l’importazione di mais Ogm macinato, e continuiamo a porci legittimi interrogativi sulla sua sicurezza». I gesuiti non mancano di interrogarsi, retoricamente, sui costi aggiuntivi e sui ritardi nei soccorsi che l’opposizione agli Ogm comporta, ma optano per una risposta insolente: «Di fronte ad una crisi umanitaria come la carestia dello Zambia, ci si può e ci si deve aspettare una risposta generosa… Agli Usa va chiesto di trasformare la loro “donazione” nel modo sicuro che lo Zambia vuole e merita, sia macinando il mais Ogm che acquistandone quantitativi non-Ogm».

Ma gli affamati razziano i sacchi proibiti
I cittadini dello Zambia appaiono molto meno comprensivi verso il loro governo. La settimana scorsa alcune centinaia di impiegati comunali della capitale ai quali da tre mesi non vengono pagati gli stipendi hanno contestato il ministro dell’agricoltura che stava celebrando la Giornata mondiale dell’alimentazione: «Vogliamo il mais che avete respinto, stiamo facendo la fame e i nostri figli e le nostre mogli moriranno», hanno urlato nel corso della manifestazione. Il coordinamento di tutte le Ong femminili del paese (Ngocc) ha prodotto un duro comunicato: «Il governo deve provvedere celermente agli aiuti alimentari necessari, anziché negare le notizie circa la carestia e minacciare di arresto i parlamentari che chiedono cibo per i loro collegi». Il riferimento è a Vitalis Moya, il deputato dell’opposizione minacciato di arresto per aver denunciato decessi per fame nel suo distretto. Michael Sata, il leader dell’opposizione sconfitto alle presidenziali, sfida il presidente in persona: «Mwanawasa ha negato il cibo agli zambiani con le sue dichiarazioni irresponsabili, se la gente muore di fame dovrà assumersene la responsabilità». Nelle campagne la gente è passata dalle parole ai fatti: il 15 ottobre nel distretto di Mumbwa gli abitanti hanno razziato 500 sacchi di mais Ogm che attendeva di essere trasferito nella capitale. Tre settimane prima la stessa cosa era successa nel distretto meridionale di Monze, dove le autorità avevano attribuito il furto a “ladri” intenzionati a rivendere la refurtiva. A questo punto Mwanawasa si sente stretto all’angolo, e potrebbe dare semaforo verde alla distribuzione del mais contestato. L’agenzia di stampa nazionale comunica che gli scienziati del paese stanno conferendo con esperti in Europa e negli Usa per accertare la commestibilità del mais Ogm. La Sadcc, la comunità economica che riunisce i paesi dell’Africa australe, si attende molto da questi colloqui. Che dovrebbero concludersi positivamente, soprattutto se si considera che il 15 ottobre scorso l’Oms ha pubblicato un nuovo documento dove si definisce “improbabile” il rischio per la salute legato al consumo degli alimenti Ogm attualmente in commercio. «I prodotti transgenici presenti sul mercato internazionale hanno superato con successo le valutazioni sui rischi sanitari ed è improbabile che presentino un pericolo per la salute umana. Non è stato mai dimostrato che il consumo di tali alimenti nei paesi dove sono stati omologati abbia avuto un qualsiasi effetto», ha dichiarato Jorgen Schlundt, l’autore del rapporto. Tutto a posto, allora? Mica detto. Secondo Luana Zanella, dei Verdi italiani, «il documento è superficiale e contraddittorio. Non si è tenuto conto del principio di precauzione». Andasse a dirlo nei distretti rurali dello Zambia meridionale. Dopo aver preso qualche precauzione, ovviamente.

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