
La fabbrica delle fake news su Meloni e coppie gay non va mai in vacanza

A decidere che solo le madri biologiche possono comparire negli atti di nascita è stata la magistratura, non la Meloni. È toccato a Marina Terragni spiegare a Kathleen Stock come sono andate le cose in Italia.
La filosofa lesbica e femminista, ex docente all’università del Sussex perseguitata dallo squadrismo transgender perché “colpevole” di credere nel sesso biologico (Tempi vi aveva raccontato la sua storia qui e qui), ha scritto un lungo articolo su Unherd, attaccando il governo Meloni per aver deciso che «solo il nome della madre biologica all’interno di una coppia lesbica possa comparire sull’atto di nascita del figlio, ribaltando la precedente decisione di alcuni comuni italiani di includere entrambi i partner».
«È stata la magistratura, non la Meloni»
Stock, che compare sul certificato di nascita della sua figlia più piccola («anche se non l’ho partorita io. La mia assenza di contributo in tal senso è resa chiara dalla mia categorizzazione come “genitore”, mentre la mia partner è indicata come “madre”») è preoccupata per i diritti “negati” da Giorgia Meloni alle donne lesbiche che «per andare a prendere un bambino dopo la scuola o occuparsi dell’assistenza all’infanzia in caso di morte della madre naturale, devono ora passare attraverso una lunga procedura di adozione».
Preoccupazione comprensibile, almeno stando alla narrazione che i media internazionali hanno imbastito, tra le altre, sulla decisione della Procura di Padova di rimuovere da 33 certificati di nascita già registrati il nome della madre non-biologica. Il punto è che le cose «non sono andate esattamente in questo modo», scrive Terragni in una lettera aperta a Stock su FeministPost:
«L’indicazione di non trascrivere integralmente gli atti di nascita, riportando i nomi di entrambe le donne – o di entrambi gli uomini, o anche, nel caso delle coppie eterosessuali che abbiano fatto ricorso a surrogacy all’estero, di entrambi i genitori intenzionali, sia quello biologico sia quello non biologico – non è una decisione del governo ma della magistratura.
Con due diverse sentenze, la prima del maggio 2019, la seconda del dicembre 2022, la Corte di Cassazione ha disposto per il genitore non biologico la strada dell’adozione, precisamente un tipo di percorso adottivo, pienamente legittimante, denominato “adozione in casi particolari” e riservato ai minori che non siano in stato di abbandono.
Molti media in lingua inglese, come The Guardian e la rete Usa Cnn, hanno riportato scorrettamente la notizia, riconducendo la non-trascrivibilità a una legge varata dal governo di centrodestra. Ma nel 2019, data della prima sentenza, il governo di centrodestra non era ancora in carica e nel dicembre 2022, data della seconda sentenza, il governo Meloni si era insediato da appena due mesi e non si era occupato della questione. Nemmeno in seguito governo e Parlamento italiano hanno mai emanato leggi che avessero a che vedere con i diritti LGBT+».
Per la Cnn Meloni ha fatto una legge contro le mamme gay
La stessa Stock linka nel suo articolo un pezzo del DailyMail che titola sulla “straziante repressione contro i genitori dello stesso sesso e la maternità surrogata guidata da un premier donna ultraconservatrice”. La Bbc scrive che «il governo di destra italiano ha incaricato il consiglio comunale di Milano di interrompere la registrazione dei figli di genitori dello stesso sesso, riaccendendo un dibattito sull’agenda conservatrice del primo ministro Giorgia Meloni». Secondo la Cnn esisterebbe addirittura una “legge”: la città di Padova avrebbe infatti rimosso i nomi delle mamme gay non biologiche dai certificati di nascita dei loro figli in base «alla nuova legislazione approvata dal governo della “famiglia tradizionale prima di tutto” del primo ministro Giorgia Meloni».
Secondo l’Independent la rimozione fa parte della «repressione del governo di destra contro i genitori dello stesso sesso», «la mossa arriva dopo che la coalizione populista del primo ministro Giorgia Meloni ha annunciato a marzo che i Comuni non dovranno più registrare i figli delle coppie dello stesso sesso». Ancora il DailyMail scrive che Michela e sua moglie Viola sono i primi «bersagli del tentativo del governo italiano di destra di reprimere la maternità surrogata e dei genitori omosessuali imponendo i propri “valori morali conservatori” al paese. La coalizione del primo ministro Giorgia Meloni disapprova che le coppie LGBT+ crescano i figli e afferma che le leggi del Paese non consentono ai figli di avere due madri».
Il Financial Times scrive che «da quando è salito al potere, il governo ha lanciato un’offensiva contro i genitori gay», titolo “Italian leader Meloni ‘cancelling lives’ in crackdown on same-sex parenting”.
Ma cosa leggono i giornali inglesi, Repubblica?
Ma quali sono le fonti dei giornali anglosassoni, Repubblica, l’Espresso, i giornali del gruppo Gedi? Nessuno cita la Cassazione, tanto meno il fatto che ignorando le sentenze della Cassazione siano stati i sindaci di alcune città a trascrivere gli atti di nascita dei bambini nati all’estero attraverso percorsi banditi in Italia. Nessuno scrive soprattutto che, come spiega Terragni a Stock:
«Siamo state proprio noi femministe radicali, con l’obiettivo di contrastare il ricorso a surrogacy all’estero – in Italia, come forse saprai, la pratica da sempre è punita dalla legge – a sollecitare il governo perché facesse definitivamente chiarezza. Il governo ha dunque chiarito che le sentenze della Cassazione andavano applicate e che non sarebbe stato più possibile trascrivere questi certificati di nascita».
Tutto vero: quella del ministero dell’Interno non era che una dovuta richiesta di osservanza dell’ultima sentenza con la quale la Cassazione a Sezioni Unite aveva respinto a dicembre la richiesta di trascrizione dell’atto di nascita di un bambino nato da una madre surrogata per iniziativa di due uomini.
Ad attivare il prefetto sono state le femministe radicali
A dirla tutta anzi, i giornali italiani festeggiarono allora lo “sdoganamento” dell’agognata stepchild adoption (scrisse così il Corriere, «d’ora in poi i figli delle coppie gay nati all’estero con la surrogata dovranno sempre essere riconosciuti»), nonostante i giudici avessero chiarito come qualunque atto di nascita o provvedimento giurisdizionale formato all’estero, che accertasse lo stato di figlio del nato da madre surrogata anche rispetto al committente privo di legame biologico con esso, fosse contrario all’ordine pubblico e non potesse perciò essere trascritto nei registri italiani dello stato civile.
Dimenticando, soprattutto, che ben prima di Piantedosi a invocare l’intervento del prefetto erano state in primis le femministe radicali, presentando un esposto in Procura e chiedendo il rispetto di legge 40 e numerose sentenze che il sindaco di Milano Beppe Sala prometteva orgogliosamente di disattendere («riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali – proclamava al Pride dello scorso anno -. È con grande gioia che ho firmato ieri io personalmente nel mio ufficio (…) Milano vuole essere la capitale dei diritti e dei doveri!»).
I media insistono con i figli di serie B
Diritti e doveri, dalla Reuters al New York Times la narrazione si è ovviamente concentrata sui bambini nati da madre surrogata in America e portati da coppie di uomini in Italia che il governo Meloni avrebbe lasciato «sospesi in un limbo legale, privandoli della cittadinanza italiana automatica e dei diritti di residenza come l’accesso al sistema sanitario gratuito del Paese e all’asilo nido», «adesso è un turista, un immigrato», spiega una coppia arrivata «da Seattle con il figlio neonato che piangeva in grembo».
Narrazioni scontate: che non ci siano figli di serie B, che l’adozione riservata ai “casi particolari” non si significhi “ai figli di un dio minore” e che ai bambini non venga tolto alcun diritto, anzi, «è precisamente il contrario», lo ha spiegato e rispiegato Marina Terragni e non solo (qui lo smontafrottole degli affittauteri). Quanto ai figli delle coppie lesbiche oggetto di rimozione dalla procura di Padova, la stessa ministra della famiglia Eugenia Roccella – anch’essa citata a sproposito dai media internazionali – aveva chiarito: «Bisogna distinguere chi ha fatto l’utero in affitto dalle donne che non l’hanno fatto, già sono due situazione diverse. Comunque io penso che dovremo pensare a una sorta di sanatoria. Una volta che ci sarà la nuova legge per la perseguibilità dell’utero in affitto anche a chi lo fa all’estero, visto che in Italia è vietato – per fortuna -, sarà utile una sanatoria che offra una soluzione legale per i bambini nati fin qui».
Difendere il materno, la sacra differenza
Ed ecco il punto: la legge, ora approvata alla Camera, per rendere l’utero in affitto reato universale e arginare l’attacco al materno che segna «la differenza fra un uomo e una donna, caratterizzante la specie umana» (leggere qui Assuntina Morresi). Una differenza occultata dalla stessa definizione di “coppie omogenitoriali”, torna a ribadire Terragni esortando le lesbiche a riconoscere e sostenere la differenza sessuale anche in fatto di procreazione e rompere « il fronte con i ricchi maschi gay che ricorrono a utero in affitto»:
«Questa in effetti sarebbe la prima legge, da quando il governo Meloni è in carica, che ha a che vedere con i cosiddetti diritti LGBT+, anche se la stragrande maggioranza di chi ricorre a questa pratica è costituita da coppie eterosessuali e le lesbiche sono in assoluto i soggetti meno interessati alla questione».
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