La differenza americana

Di Rodolfo Casadei
21 Ottobre 2004
Gli Usa hanno sperimentato la disgregazione della famiglia e le sue conseguenze in termini di costi sociali prima dell’Europa. Per questo non si allineano agli zapaterismi in materia di divorzio

Uh, quant’è diversa l’America dall’Europa! Qua da noi c’è uno Zapatero che legalizza il divorzio superveloce nel mentre che porta alle Cortes il progetto di legge che istituisce il matrimonio fra omosessuali, c’è una Commissione del Parlamento europeo che boccia un candidato commissario perché troppo attaccato al matrimonio tradizionale fra eterosessuali, e c’è un Corriere della Sera che cerca di creare un caso attorno alla stessa persona (l’on. Rocco Buttiglione) perché costui ha spiegato che la famiglia monoparentale non è buona mentre quella con tutti e due i genitori è meglio. Negli Stati Uniti, invece, hanno inventato (e tre stati hanno già introdotto fra le loro leggi) il covenant marriage, cioè una forma di matrimonio legale in cui il vincolo è più difficile da sciogliere che negli altri matrimoni, e il movimento Americans for Divorce Reform fa lobbying per rendere più restrittive le legislazioni divorziste dei vari stati dell’Unione, mettendo nel mirino in particolare il no-fault divorce, cioè il divorzio senza addebito di colpa, che a partire dagli anni Settanta ha fatto esplodere i quozienti di divorzialità negli Usa. Insomma, anche per quel che riguarda famiglia, matrimonio e divorzio le tendenze sulle due sponde dell’Atlantico vanno divaricandosi. Le ragioni? Lasciando da parte discorsi più profondi sulle differenze culturali di fondo fra America ed Europa, diciamo che le due metà dell’Occidente stanno vivendo un diverso momento storico. Gli Stati Uniti sono passati attraverso il permissivismo generalizzato dei costumi e la sua traduzione in leggi prima dell’Europa, e avendone sperimentato gli effetti disgreganti sulla società stanno faticosamente facendo marcia indietro, o meglio: stanno sfidando la mentalità liberal sul suo stesso terreno, quello dei nuovi stili di vita che chiedono il riconoscimento istituzionale. L’Europa dovrà procedere un altro po’ nella degenerazione prima che si manifestino non semplicemente reazioni alla decadenza, ma forze nuove che propongono stili di vita diversi. Gli Stati Uniti sono il paese del mondo che presenta il più alto quoziente di divorzialità: 4,7 divorzi ogni mille persone. Fra i paesi della Ue allargata solo quattro presentano un quoziente superiore a 3 (3,3 la Lituania, 3,1 Estonia, Regno Unito e Repubblica Ceca); la maggioranza dei 25 sta fra i 2 e i 2,5 divorzi ogni mille persone; l’Italia, uno dei paesi meno divorzisti (almeno per ora) del mondo, ha un quoziente dello 0,8. L’alto tasso di divorzialità degli Usa è un fenomeno di lungo periodo (il massimo storico è stato registrato nel 1979, con un quoziente 5,3). Per questa ragione, e per la preferenza americana per gli studi sociali statistici basati sul raffronto fra varianti, gli Usa hanno prodotto una messe di analisi sulle conseguenze sociali del divorzio e della maternità fuori dal matrimonio che non ha uguali. La maggior parte di questi studi evidenzia le conseguenze negative della fragilizzazione del legame matrimoniale. In poche parole, i divorziati si ritrovano in condizioni economiche peggiori dei non divorziati e i loro figli hanno più facilmente comportamenti criminali; entrambi hanno maggiori problemi di salute di genitori e figli non divorziati. Tutto ciò rappresenta un costo sociale per la collettività.

33,3 miliardi di dollari di costi all’erario causa divorzio
«Gli adulti divorziati – scrive Bryce J. Christensen in un articolo scientifico sui “costi medici della digregazione familiare” – sono più suscettibili di problemi psicologici ed emotivi e di decesso precoce per un ampia gamma di cause, che non gli individui sposati. Il tasso di suicidi fra i divorziati bianchi, per esempio, è quattro volte più alto che fra gli sposati. A questo riguardo Harold Morowitz, della Yale University, afferma che “Essere divorziati e non fumatori è poco meno pericoloso che fumare un pacchetto di sigarette al giorno ed essere sposati”».
Per quanto riguarda la povertà, le statistiche parlano chiaro: nello Utah il 75-80% di coloro che devono far ricorso all’assistenza pubblica sono vittime del divorzio. Sotto la linea della povertà troviamo il 22% delle donne pensionate divorziate, e solo il 18% delle vedove. Nella città di Memphis, dove il quoziente di divorzialità è superiore del 10% alla media nazionale, le dichiarazioni di bancarotta sono quattro volte superiori alla media nazionale. Ancora peggiore la situazione delle famiglie monoparentali: le famiglie con a capo una donna single sono il 10% di tutte le famiglie negli Usa, ma rappresentano il 40% di tutte le famiglie povere. David Schramm, un ricercatore della Utah State University, ha calcolato che i divorzi costano allo Stato, in costi diretti e indiretti, la bellezza di 33,3 miliardi di dollari all’anno. Morale della storia: meglio sarebbe se paesi come Spagna e Italia, lasciassero perdere le riforme pensate per facilitare il divorzio.

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