Lettere al direttore

La democrazia è troppo pericolosa per affidarla soltanto ai democratici

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Pubblichiamo la rubrica delle “lettere al direttore” contenuta in Tempi n. 15 (vai alla pagina degli abbonamenti). Per scrivere ad Alessandro Giuli: direttore.giuli@tempi.it.

Prima di leggere l’articolo di Leone Grotti (“Verrà la Pasqua anche per la Siria?”), pensavo che gli Stati Uniti continuassero ad essere l’unica nazione realmente democratica, tra quelle coinvolte nel conflitto siriano. E lo penso ancora. Ma la democrazia, con le sue istituzioni e la loro tecnica, da sola non basta. Ci vogliono i popoli. E voi di Tempi mostrate quella parte di popolo siriano non emigrata altrove e, soprattutto, non utopista. Assad è un carnefice? Molto probabile. Ma a chi interessa davvero tutto il popolo siriano? I principali oppositori interni di Assad sono i terroristi sunniti e salafiti, i quali non stanno certamente mostrando benevolenza (in Siria così come in Europa) verso i cristiani, gli ebrei e, soprattutto, verso i musulmani sciiti, alawiti, eccetera. Oggi anche le migliori democrazie occidentali tutelano coesioni sociali precarie, rivelatesi tali in questi ultimi anni di crisi economica, demografica e migratoria. Cos’è un popolo, se non una casa da dare alla libertà? (Mi perdoni.) Bisognerà indagare nuovamente il significato di questo termine, i cui due elementi, carnale e comunitario, sono necessariamente inscindibili. Altrimenti diventeremo tutti oggetti disincarnati, persi e sparsi in una fluidità eterea priva di senso. In balìa di quel potere che non teme nemmeno l’atomica. 
Daniele Ensini via internet

Gentile signor Ensini, a volte la democrazia è troppo pericolosa per lasciarla nelle mani dei soli democratici. L’America di Obama ne è la palese dimostrazione. Sull’America di Trump, per il momento, vorrei continuare a sospendere il giudizio. Assad è un carnefice, probabilmente, ma ora come ora l’alternativa è un Demo-Califfato.

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Non ho pregiudizi contro alcuna confessione religiosa che rivendichi il diritto all’esercizio del proprio culto in Italia, ma mentre garantire la costruzione di nuove moschee pare diventare una sorta di priorità, vorrei che contestualmente si riflettesse intorno al contenuto dell’articolo 8 della nostra Costituzione che così recita: «Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto ad organizzarsi secondo i loro statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano». Quando vedo nel nostro paese mariti che prendono a calci la moglie perché non indossa il burqa, genitori che rasano la figlia perché non intende indossare il velo o che combinano matrimoni con uno sconosciuto, mi chiedo quanto il disprezzo della condizione femminile sia compatibile con il nostro ordinamento, nonostante il silenzio sospetto del “femminismo ad orologeria”, tanto veloce nell’insorgere contro la Chiesa cattolica che ribadisce i propri convincimenti in tema di contraccezione, quanto disattento dinanzi a queste pratiche musulmane.
Daniele Bagnai Firenze

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Chiedo scusa ma non saprei a chi porre la domanda che mi assilla dalla visione della pubblicità Lufthansa: siamo forse l’unica nazione o quasi senza aviolinea di bandiera? O con crisi economica ricorrente? Possibile non riuscire a copiare l’organizzazione aziendale che in altre nazioni consente alle compagnie di bandiera non solo l’esistenza ma una forza concorrenziale in Europa ed oltre? Nel caso di Alitalia si tratta di aerei e di personale addetto, ma ci sono altri esempi analoghi (Ilva, Fiat, eccetera). Ma quanti Marchionni ci vorrebbero per evitare tali autoaffondamenti ed essere tutti coinvolti attraverso i media nei dolori-mensili-ricorrenti dei nostri governanti? Forse la cosa si risolverà quando esternazioni di tali dolori cambieranno colore. 
Sergio Fiordiponti via internet

Ricordo che una volta, intervistato da me per il Foglio, un ministro del Lavoro italiano definì l’Alitalia come «una Rai con le ali». Voleva evidenziarne l’aspetto deteriore, un misto di pesantezza e assistenzialismo clientelare. Sono passati molti anni, da allora, e la Rai ancora non ha risolto i suoi problemi di governance, malgrado gli sforzi di una dirigenza audace ma circondata da scetticismi e giochi politici; e malgrado Viale Mazzini possa ancora oggi contare su un corpo professionale e tecnologico di qualità rara. Quanto ad Alitalia, gentile signor Fiordiponti, non sono più sicuro che l’Italia debba a tutti i costi avere un’aviolinea di bandiera. I fatti hanno certificato il contrario, ogni cordata nazionale improvvisata per improbabili salvataggi ha mostrato di non essere all’altezza del compito. La Germania non è un termine di paragone compatibile con il nostro mercato del lavoro, e sopra tutto con i nostri standard produttivi. Mi terrei piuttosto stretto quel poco d’italiano che resiste in materia di energia e trasporti ma, anche in questo caso, non a tutti i costi. Ne riparleremo.

Foto Ansa

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