
La cosa più importante nella vicenda di Aisha Silvia

Cronache della quarantena / 59
Non voglio minimamente dissentire da una stupidaggine di Famiglia cristiana. Infatti, se come sostiene il settimanale paolino, Aisha Silvia Romano è un modello per i giovani, «un raggio di luce che illumina questo tempo buio», dobbiamo anche ammettere che gli Shabaab sono dei filantropi.
Secondo me l’unico argomento normale nel manicomio Italia è quello dei genitori: è nostra figlia, grazie a chi ha pagato e a chi ce l’ha restituita viva. Fine della storia. Dovremmo dispiacerci perché si è convertita a non sa neanche lei cosa? I tagliagole islamici sono gente che ha messo su un’impresa ed è assetata di sangue solo come rito propiziatorio al bancomat. Ce lo ha ricordato anche l’imam milanese che si è dimostrato molto più sensato dei nostri fratelli pazzi per i cuoricini infranti. Quelli di cui è innamorato Sandro Veronesi, tanto per intenderci. Come ho accennato anche in Consiglio comunale in margine alla pur ottima prestazione del presidente Lamberto Bertolé che si è profuso in felicitazioni emotivamente importanti alla notizia del rilascio della ragazza, ci è sembrato doveroso anche non viaggiare a fari spenti nella notte. Oltre che, naturalmente, chiamale se vuoi emozioni. Imagine there’s no countries. E Imagine all the people living life in peace.
Non voglio contestare a Famiglia cristiana l’impressionante visione di una Silvia Aisha «grande esempio di compattezza e coraggio molto vicina a quella di tanti ragazzi e ragazze che continuano a tenere alto lo guardo e a trasfomare la loro vita in una opportunità». Assicurassero il loro esempio compatto almeno ai Lloyd’s di Londra prima di mettersi in viaggio con Alice nei paesi delle meraviglie, il contribuente italiano sarebbe grato. Che se alla fine Silvana De Mari la dice un po’ grossa dando di «sciacquine» alle ragazze Ong in cerca di guai in Africa, un po’ ci azzecca.
Lasciamo perdere l’argomento meschinello su cosa ci è costato il riscatto. Daniele Comboni, vescovo e fondatore di un ordine missionario tipicamente africano, non ha fatto altro nella sua vita che annunciare Gesù Cristo agli africani nella forma più elementare in cui poteva consistere l’annuncio cristiano ancora nel diciannovesimo secolo: comprando schiavi ai trafficanti arabi; riscattando con moneta sonante uomini, donne e bambini “ospiti” del mondo musulmano. Gli Shabaab somali sono nel solco di questa storia. Una storia cominciata con Maometto. Punto. Tutto il resto è coreografia.
La cosa più importante nella vicenda di Aisha Silvia non è il riscatto pagato dai contribuenti italiani. E non è neanche l’ennesima conferma della differenza che passa tra una religione della sottomissione e il cristianesimo che è libertà. La cosa più importante del caso Aisha Silvia Romano è che l’Italia ha messo i soldi. E la Turchia ha portato a casa il prestigio internazionale dell’operazione.
Le immagini che hanno fatto il giro del mondo sono due. E in nessuna delle due c’è traccia dell’Italia. L’immagine di Silvia appena rilasciata che veste la pettorina degli 007 turchi. L’immagine di Aisha che sotto la pettorina turca porta il caffettano verde degli Shabaab. Anche se fosse un fake, come ipotizza qualcuno, il senso e l’efficacia dell’operazione mediatica restano. Ennesimo episodio che rimarca l’irrilevanza del nostro povero paese: dopo decenni di relazioni e politica estera nel continente nero – giuste o sbagliate che fossero – le nostre relazioni e politica estera oggi passano dalla Cina o, appunto, nel caso che “illumina questo tempo buio”, dalla Turchia.
Paese che è diventato il nostro potentissimo dirimpettaio. Essendo venuto a piantare le sue tende, i suoi servizi segreti, militari e carri armati, a Tripoli. Paese che con la Cina si sta divorando l’Africa a colpi di commerci. E soprattutto di competizione nel segno dell’islamizzazione con le monarchie arabe del Golfo. Turchia. Il paese che a partire dal presunto tentativo di colpo di Stato del 2016 ha messo in galera centinaia di migliaia di oppositori di Erdogan. Licenziato presunti oppositori impiegati nello Stato nel numero di 140 mila dall’oggi al domani. E che ogni settimana – come è accaduto anche la settimana scorsa – procede a colpi di centinaia di arresti e di “detenzioni preventive” che normalmente durano un paio d’anni. Paese membro della Nato ma che ha finanziato l’Isis e “dialoga” con l’Europa (che Erdogan ha sempre mirato a cannibalizzare) utilizzando milioni di disperati (i profughi siriani accampati lungo la sua frontiera) per incassare miliardi di euri. Così come i rapitori di Silvia hanno utilizzato la nostra connazionale per compiere la loro buona azione di rendercela sana e musulmana per soli 4,5 milioni di dollari (o giù di lì).
Infine, Turchia alla quale ci siamo dovuti affidare perché non abbiamo più un governo ma abbiamo solo un sacco di chiacchieroni a Bisanzio. Adesso, chi glielo dice a quel raggio di luce che è Silvia Aisha che è stata liberata dagli stessi soggetti che hanno messo in galera tanti giovani come lei? E ultimamente tre di questi giovani (una dei tre si chiamava Helin, 28 anni, solo tre più di Silvia Aisha) musicisti, oppositori del regime, sono morti nelle prigioni turche dopo oltre 300 giorni di sciopero della fame?
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