La corsa repubblicana per le presidenziali Usa comincia in Iowa

Di Benedetta Frigerio
02 Gennaio 2012
Da sempre, chi trionfa in Iowa è il grande favorito per la vittoria delle primarie repubblicane. Il favorito è Mitt Romney, mormone ed ex governatore del Massachusetts, che secondo l'ultimo sondaggio, è al 24%. Seguono Ron Paul, 22%, e la sopresa Rick Santorum (15%), ex senatore cattolico della Pennsylvania

Si apre domani la corsa elettorale all’interno del partito repubblicano, che il 30 agosto prossimo stabilirà lo sfidante di Barack Obama alle presidenziali 2012. Si comincia dallo Stato dell’Iowa, il cosiddetto “granaio degli Usa”, dove nelle ultime ore i candidati hanno tenuto comizi per aggiudicarsi il consenso dei cittadini.

Ad oggi il favorito pare essere Mitt Romney, mormone ed ex governatore del Massachusetts che si propose alla presidenza già nel 2008. Secondo l’ultimo sondaggio, reso noto dal quotidiano locale Des Moines Register, il 41 per cento degli elettori non ha ancora deciso chi votare, il 24 per cento sceglierà Romney e il 22 per cento Ron Paul, il candidato dell’ala libertaria del partito. Ma la sorpresa vera viene da Rick Santorum, l’ex senatore cattolico della Pennsylvania. Ai margini della corsa fino a settimana scorsa, Santorum, secondo i sondaggi, è al terzo posto con il 15 per cento. Dietro di loro, si trovano il seguace di Bush, Rick Perry, e la cristiana evangelica Michele Bachmann, rispettivamente all’11 e al 7 per cento.

Secondo gli opinionisti il risultato di domani è decisivo. Dopo il voto in Iowa, infatti, i sostenitori repubblicani dovrebbero indirizzare i loro fondi di conseguenza. E anche se nel 2008 John McCain non vinse in Iowa, solitamente chi arriva in fondo difficilmente riesce a recuperare terreno. A rischiare l’esclusione immediata alle elezioni sarebbero quindi Rick Perry e Michele Bachmann. Nei mesi scorsi ciascuno dei cinque candidati ha raggiunto, a fasi alterne, la maggior popolarità marcando le differenze con i membri del proprio partito. Ad accomunare tutti, però, c’è il rifiuto dello statalismo, definito anche dal più liberal, Ron Paul, come una vera minaccia.

Intanto Barack Obama punta sul contenimento delle tasse nel breve periodo, sugli aiuti statali per pagare i mutui universitari e sulla creazione di posti di lavoro per i reduci di guerra, abbandonando definitivamente la strategia dell’alleanza con l’opposizione per affrontare la crisi: due settimane fa, dopo essere risalito nei sondaggi, ha ribadito che le maggiori riforme non sono passate per via dell’ostilità del Congresso.

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