La civiltà si costruisce gratis? E tu diffondi il culto dei soldi

Di Berlicche
15 Ottobre 2020
Prima che qualcuno si azzardi ad avanzare l’idea che investire in sanità vuol dire anche investire in persone al servizio degli altri, torniamo a parlare di denaro, di sistema, e di responsabilità penale dei medici
Anziano curato in ospedale

Articolo tratto dal numero di ottobre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.

Mio caro Malacoda, il denaro non sarà, come si usa dire tra i pauperisti poco informati, lo “sterco del diavolo”. Ma a noi conviene che lo si pensi. Che la “vil moneta” non sia affatto vile è contraddetto, ad esempio, dall’idea e dalla pratica della beneficenza, perché se è vero che il soldo con la sua effigie va dato “a Cesare” è altrettanto vero che “quod superest” va dato ai poveri. Col denaro dei quali (e di qualche ricco) si sono costruite le cattedrali. Col denaro si possono pagare le bollette dell’elettricità e si fa più bella figura che a staccare i contatori. Col denaro si può far tutto. Anche sprecarlo. Ma la colpa non è dei quattrini. 

Nelle casse dello Stato italiano stanno per arrivarne tanti: 209 miliardi di euro. Così tanti che, in attesa di riceverli, i governanti del Belpaese si permettono di snobbarne 37 (sempre di miliardi si parla, quelli del Mes) che potrebbero ricevere subito. Con 246 miliardi (209 + 37) si può tirare a lustro lo Stivale, basterebbe un’idea, ma dal cilindro dell’esecutivo ne sono invece uscite 577, per realizzare le quali i miliardi che servono sono 600. Gli offri il dito e gli italiani si prendono il braccio, avranno pensato a Bruxelles. Cinquecentosettantasette progetti tirati fuori a casaccio dai cassetti di tutti i ministeri, su alcuni dei quali si legge, in filigrana ma chiaramente, il nome della ditta che li riceverà.

Ma anche le persone più ragionevoli e oneste, quelle che, ad esempio, dicono che bisogna riformare a fondo la sanità, e parlano correttamente di territorio e di medicina digitale, lasciano il fianco scoperto al nostro diabolico intervento: non c’è sistema sanitario nazionale, regionale, pubblico, misto pubblico-privato che – direbbe Eliot – obblighi gli uomini a essere buoni. In ogni sistema c’è un elemento umano che sfugge alla progettazione e pure al controllo.

Che cosa vuol dire? Caro nipote, vatti a leggere l’editoriale di Giorgio Vittadini sul Sussidiario.net del 25 settembre scorso e lo capirai. Vi si scrive di una donna trovata in casa a terra da molti giorni. Il personale dell’ospedale in cui viene portata scopre che aveva fatto richiesta di ricovero in una struttura di lungodegenti, e lì la trasferisce senza prestarle alcuna cura. La donna è dolorante, imbrattata di feci, con ulcere in tutto il corpo non ripulite. Le infermiere impiegano tre ore a ripulirla e medicarla. Perfettamente professionali, ma – racconta un’infermiera – «era come un oggetto del nostro lavoro, senza umanità e personalità».

Uscendo, quasi per routine, l’infermiera chiede alla donna se ha bisogno di qualcosa. «Sì, gradirei pesce fresco e gelato». Si riaccende qualcosa, riaprono la cucina, trovano il pesce e il gelato e lei li mangia con soddisfazione davanti a loro. «Quella donna – dice ora l’infermiera – ci ha fatto vedere che lei era di più di un corpo distrutto. Lei dentro quel corpo era viva, non ha smesso di desiderare, di voler gustare le cose belle. E ha chiesto. Ed era felice mentre mangiava. È ancora grave ma noi continuiamo a volerle bene e ad accudirla con nel cuore e negli occhi il momento in cui gustava quel pasto». 

Quel pesce e quel gelato – commenta l’estensore dell’editoriale – non erano dovuti, come non era dovuta la videotelefonata per molti terminali di Covid rinchiusi in terapia intensiva che non sapevano come salutare i parenti. «Sono cose che non contano nulla per chi pensa che curare un malato sia un meccanismo, un servizio pubblico da esercitare anche con bravura sul paziente. Tutto per chi pensa che salute e medicina debbano essere “per” il malato e i suoi cari, per una persona che non può essere solo “gestita” ma va “incontrata”. Tutto ciò si chiama civiltà. Al di fuori c’è barbarie, magari tecnologica ed efficiente, ma sempre barbarie».

Ora, prima che a qualcuno venga in mente di inserire quell’infermiera nel comitato tecnico-scientifico a guida dell’emergenza sanitaria, prima che qualcuno si azzardi ad avanzare l’idea che investire in sanità vuol dire anche investire in persone così, torniamo a parlare di soldi, di sistema, e di responsabilità penale dei medici. Torniamo a far ragionare la gente per categorie, al plurale e mai al singolare: dopo essere stati santificati tutti come eroi, medici e infermieri ora sono sul banco degli accusati. La giustizia si muova, e prontamente. 

E poi, scusa, pesce e gelato erano nel menù? Non è che si sono usati soldi pubblici per soddisfare un desiderio privato? Che ne dici di una segnalazione alla procura competente per peculato? 

Mai distrarsi, nipote.

Tuo affezionatissimo zio
Berlicche

Foto Ansa

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