La Cedu impone una rivoluzione culturale alla Polonia

Di Grégor Puppinck
13 Gennaio 2024
La Corte europea dei diritti dell'uomo ha aspettato l'elezione di Tusk, sapendo che non avrebbe fatto ricorso, per pubblicare sentenze politiche su matrimoni gay e aborto eugenetico
Proteste in Polonia contro il premier Donald Tusk

Pubblichiamo in traduzione italiana per gentile concessione dell’autore un articolo scritto da Grégor Puppinck sul sito del Centro europeo per la legge e la giustizia, del quale è direttore.

Appena quattro giorni. Lunedì 11 dicembre, Donald Tusk è stato eletto primo ministro della Polonia con il sostegno della sinistra e dell’estrema sinistra. Martedì, la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha condannato la Polonia per non aver riconosciuto le coppie dello stesso sesso [nel caso Przybyszewska e altri v. Polonia, in seguito al ricorso di dieci coppie gay, la Cedu ha condannato il paese per violazione del diritto alla vita familiare e privata perché non prevede per le coppie omosessuali né il matrimonio né l’unione civile]. Mercoledì, il Consiglio d’Europa è stato informato dal nuovo governo polacco che non contesterà ulteriormente le sentenze della Cedu, per quanto riguarda in particolare la questione spinosa della riforma giudiziaria. Giovedì, la Cedu ha condannato la Polonia per aver vietato l’aborto eugenetico [nel caso M.L. v. Polonia il paese è stato condannato per violazione del diritto alla vita familiare e privata. Una donna ha fatto ricorso per non aver potuto abortire il proprio bambino affetto da Sindrome di Down in seguito alla sentenza della Corte costituzionale polacca del 22 ottobre 2020 che ha vietato l’aborto motivato da anomalie del feto. La donna ha poi abortito all’estero].

La Cedu fa politica sulla pelle della Polonia

Perché la Cedu ha aspettato l’elezione di Donald Tursk per pubblicare queste sentenze? Semplice, per prevenire che il governo conservatore polacco precedentemente al potere esercitasse il suo diritto a fare appello alla Grand Chambre della Cedu. La Corte sapeva che queste sentenze sarebbero state accolte favorevolmente dal nuovo governo Tusk, che ora potrà usarle per imporre queste riforme alla Polonia.

Quando la Cedu si pronuncia su temi politici e culturali fondamentali, sarebbe ingenuo credere che queste sentenze siano basate soltanto su logiche giurisprudenziali. Esse sono innanzitutto politiche e poi confezionate in linguaggio giuridico. Questo accade ogni volta che la Corte fa dire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo l’opposto di quello che i loro redattori intendevano, come nei casi di etica, immigrazione o eutanasia.

La Corte autorizza l’aborto dei bambini Down

Il caso M.L. nel quale la Polonia è stata condannata è edificante in questo senso. Come i due giudici dissenzienti hanno spiegato a margine della sentenza, la Corte è riuscita a condannare la Polonia per non aver permesso a una donna incinta di avere un aborto, sottolineando allo stesso tempo che la Convenzione non garantisce un diritto all’aborto. Lo ha fatto trasformando l’aborto in un problema di vita privata (Articolo 8) e poi mettendo in discussione la legittimità della Corte costituzionale, che aveva vietato l’aborto eugenetico. La Corte europea ha così evitato di considerare se l’aborto in questione, praticato alla diciassettesima settimana di gestazione perché il bambino era affetto da Sindrome di Down, fosse compatibile con i diritti umani.

In ogni caso, è proprio perché la Polonia ritiene che un simile aborto sia contrario alla dignità umana e ai diritti delle persone disabili che è stato dichiarato incostituzionale. Da questo punto di vista, come denunciato dai due giudici dissenzienti della Cedu, questa sentenza «contribuirà a rinforzare il pregiudizio contro le persone con la Sindrome di Down, categoria già estremamente vulnerabile, e a stereotiparle negativamente come un peso per le loro famiglie».

Inutile dire che i redattori della Convenzione europea sui diritti dell’uomo non avrebbero mai accettato che il loro testo venisse usato per creare un diritto all’aborto eugenetico. Una proposta per permettere la «prevenzione della nascita di bambini handicappati» era stata espressamente rigettata durante la redazione della Dichiarazione universale dei diritti umani per la sua somiglianza con le pratiche dei nazisti.

L’aborto in Polonia è stato introdotto dai nazisti

Alla fine, la Polonia è stata condannata a pagare alla querelante 16 mila euro, dal momento che lei «non aveva altra scelta» se non ricercare un aborto all’estero, anche se le era stato permesso di farlo in Polonia prima che il divieto in questione entrasse in vigore. La Cedu non sta obbligando la Polonia a legalizzare l’aborto eugenetico, ma sta inserendo un cuneo nel tentativo di proibirlo. È così che tratta i casi più delicati.

Attraverso questi casi di scuola, la Corte europea aiuta a imporre una rivoluzione culturale alla Polonia. Dal punto di vista dell’Europa occidentale, una simile pratica rappresenta un progresso, ma dal punto di vista della storia polacca, è molto diverso, perché bisogna ricordare che l’aborto è stato introdotto per la prima volta in Polonia dalla Germania nazista per limitare le nascite della popolazione slava. Un documento nazista datato 25 novembre 1939, intitolato “Il problema della gestione della popolazione degli ex territori polacchi su base politico-razziale” stipulava in particolare che: «Tutte le misure che servano a controllare le nascite devono essere accettate o incoraggiate. L’aborto non deve essere punito in quel territorio. Gli abortivi e i contraccettivi devono essere messi in vendita pubblicamente in ogni forma senza che alcuna misura politica venga presa. L’omosessualità deve essere dichiarata non punibile. Gli istituti e gli individui che si occupano di aborto non devono essere perseguiti dalla polizia». È questo documento che organizzò il tentativo di “germanizzare” la Polonia e le prime deportazioni, «essendo lo scopo finale la completa eliminazione dello spirito nazionale polacco».

L’aborto venne poi promosso durante l’occupazione sovietica, ancora con le medesime intenzioni ideologiche. Storicamente, dunque, l’aborto non è considerato in Polonia come una pratica liberale, come una conquista femminista, come in Europa occidentale, ma al contrario come una pratica anti-polacca imposta dall’esterno dagli invasori nazisti e sovietici. E oggi dalla Cedu.

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