
La battaglia gender sulla pelle di James, sette anni

Chi è più adatto a prendersi cura di James? Se dieci anni fa una giuria avesse dovuto scegliere tra un genitore che è deciso a trasformare un bambino di sette anni in una bambina, e un genitore che cerca di fermarlo, cosa avrebbe deciso? Anno 2019, Dallas, Texas: 11 giurati su 12 hanno deciso che la pediatra Anne Georgulas avrebbe dovuto avere la piena autorità per decidere che suo figlio è una femmina e per proseguire con la transizione di genere, correggendo il corpo sbagliato del piccolo, senza il consenso del padre Jeffrey Younger. Il quale avrebbe dovuto accettare la trasformazione sessuale se avesse voluto continuare a vedere lui e suo fratello. “Avrebbe”, perché il verdetto del giudice ha poi ristabilito la custodia congiunta dei genitori.
Da più di un anno sulla pelle di questo bambino si sta combattendo una feroce battaglia. Quella tra una madre e un padre separati che di James hanno visioni opposte. Quella tra giornali progressisti e conservatori, che della genitorialità (in particolare del padre Jeffrey) danno versioni opposte. Quella tra medici, che circa requisiti per la diagnosi di disforia di genere di James hanno pareri opposti.
COME JAMES È DIVENTATO LUNA
Tutti si dividono sul caso di James, pochi si chiedono chi sia James. James ha un fratello gemello Jude, entrambi nati da fecondazione eterologa, patrimonio genetico paterno e donazione di ovociti, figlio di un’epoca in cui il corredo genetico non obbliga allo status di uomo o donna, figlio di genitori così divisi sulla crescita di questi bambini tanto da divorziare. Dalle testimonianze emerse in aula e riportate dalla stampa, dalla pagina web Save James aperta dal padre per spiegare le sue ragioni e dalle querele della madre, emergono tantissimi dettagli della storia famigliare e del rapporto tra Younger e Georgulas. Un rapporto che si incrina del tutto il giorno in cui James si trova con la madre da McDonald’s e sceglie un giocattolo da femmina invece che da maschio da abbinare al suo menu. Quando inizia ad imitare la protagonista del film Disney Frozen esprimendo il desiderio di vestirsi come lei, la madre decide di consultare una specialista della disforia di genere. La quale raccomanda che venga iniziato subito un processo di “transizione sociale”, mandando a scuola il bambino vestito da femmina e chiamandolo come tale. James diventa così per insegnanti e compagni “Luna”.
I WEEKEND DA MASCHIO DI JAMES
Quando il padre lo scopre si arrabbia moltissimo. Vede i gemelli una volta alla settimana, passano con lui due weekend al mese, durante i quali James si fa chiamare “James”, si riferisce a se stesso come maschio e gioca contento con fratello e amici proprio come se fosse un maschio. Quando viene a sapere che l’ex moglie ha deciso di iniziare il piccolo alla terapia di transizione di genere a Genecis, una clinica pediatrica per bambini transgender a Dallas, inizia a rendere pubblica la loro storia. Fino a ricevere un ordine restrittivo che gli impedisce di entrare nella scuola dei gemelli o affermare davanti a insegnanti e genitori che James non è Luna. Georgulas cerca anche di modificare i termini della custodia congiunta, vincolandola al riconoscimento della nuova identità di genere di James da parte del padre che avrebbe dovuto chiamare il piccolo Luna e usare verso di lui pronomi femminili. Younger inizia la sua battaglia per ottenere la piena custodia dei gemelli. Si va in tribunale, ma il caso è ormai di dominio pubblico.
LE DUE “GENITORIALITÀ”
Raccontano le cronache che l’udienza sulla custodia dei bambini è iniziata con la proiezione di un PowerPoint che descriveva “due percorsi di genitorialità”, quello amorevole di Georgulas e quello “insensibile” di Younger, la prima decisa ad affermare la presunta identità femminile di James, spingendolo verso una “transizione sociale” per abituarsi ai panni di una ragazza e approcciarsi così in futuro alle terapie ormonali, il secondo propenso a una “attesa vigile”, che non forzasse cioè il bambino ad assecondare la sua momentanea confusione in attesa che, crescendo, potesse capire meglio la sua identità. Tutti i testimoni, sia da parte di madre che di padre, hanno descritto il bambino come allegro, brillante, felice, senza angosce. I medici da parte di madre hanno sostenuto che James presenta i requisiti della disforia di genere, per quelli da parte di padre invece James non dimostra disagio associato alle caratteristiche del sesso biologico né soddisfa i requisiti per una diagnosi del genere (che i periti materni hanno paragonato alla sindrome di Down).
I RISCHI INUTILI DELLA TRANSIZIONE
Secondo i professionisti da parte di Younger nell’80-90 per cento dei casi l’approccio di “vigile attesa” risolve la confusione dei bambini; al contrario spingerli prematuramente verso l’affermazione di un altro genere li porterebbe davvero a finire intrappolati in un corpo che non è il loro (realizzando così l’incubo da cui i sostenitori della transizione vorrebbero liberare i bambini). Gran parte del dibattito è stata inoltre dedicata alle conseguenze dei trattamenti ormonali a cui avrebbe portato quasi sicuramente la transizione sociale: secondo i professionisti da parte di madre i bloccanti della pubertà non sono irreversibili e avrebbero consentito solo di «guadagnare un po ‘di tempo», secondo quelli da parte di padre lo avrebbero forzato al cambio di genere, sottoponendolo a rischi gravi e inutili per la salute senza limitarsi semplicemente a ritardare lo sviluppo.
LA GIURIA SCEGLIE L’AMORE
In fretta il caso James è diventato il caso delle “due genitorialità”: è più saggio l’approccio “amorevole” della madre che vuole trasformare il bambino in una bambina non senza rischi, o quello “insensibile” del padre che nella stragrande maggioranza dei casi porta alla desistenza ed evita i pericoli della transizione? La giuria, chiamata a decidere se la custodia congiunta avrebbe dovuto trasformarsi in una custodia esclusiva e, in caso affermativo se assegnarla a Younger, ha scelto l’amore e la madre. I giornali progressisti, Washington Post in testa, hanno deciso che James è Luna, e se anche non fosse Luna, potrà in futuro decidere di essere quello che vuole (gli esperti dicono che passerà ancora qualche anno prima dell’intervento chirurgico o dell’assunzione di estrogeni). Perché l’importante non è capire chi è James ma dimostrare che non potrà riuscire ad essere quello che vuole finché suo padre, membro della chiesa ortodossa, lo darà in pasto ai circoli conservatori repubblicani o parlerà con «LifeSiteNews, un sito web gestito da un’organizzazione canadese contro aborto che sostiene i “valori tradizionali della famiglia” e contro il matrimonio tra persone dello stesso sesso». Il problema è sempre quello, riscaldare la vecchia minestra ideologica liberal.
IL VERDETTO DEL GIUDICE
Il 24 ottobre è arrivato il verdetto finale: il giudice Kim Cooks ha ripristinato la custodia congiunta dei genitori, il che significa che qualunque decisione medica verso il bambino o suo fratello dovranno prenderla insieme. Ha inoltre vietato al padre di parlare alla stampa. Ma di James si parlerà ancora a lungo e non solo su Lifesitenews o nei profili twitter dei senatori repubblicani: «Un bambino di 7 anni non può essere transgender» ha scritto sul Washington Examiner Brad Polumbo. «Sta a noi respingere questo radicalismo e chiarire che mentre il movimento transgender potrebbe essere d’accordo con la tragedia di James Younger, noi gay non lo siamo. Altrimenti, saremo complici dell’inevitabile contraccolpo di questa follia e, francamente, ce lo saremo meritati». Una follia che in Canada ha già espropriato i genitori dei propri diritti sulla figlia quattordicenne: la Suprema Corte della British Columbia ha stabilito che se il padre o la madre di Maxine verranno sorpresi a riferirsi a lei utilizzando un pronome femminile, o chiamandola col suo nome di nascita, o ancora cercando di farla desistere dal trattamento a base di testosterone forzato da un medico, verranno riconosciuti colpevoli di violenza familiare ai sensi del Family Law Act.
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