La battaglia di Gianni

Di Nicola Imberti
13 Novembre 2003
Vuole rilanciare il made in Italy agroalimentare, il dialogo con i sindacati, la verifica di Governo. Parla Alemanno, il “ministro trasversale”

Ministro, è vero che si è “convertito” agli Ogm?». Inizia così, tra il serio e il faceto, la nostra intervista con il ministro delle Politiche Agricole, Gianni Alemanno. Un sorriso, poi la faccia torna seria e puntuale arriva la risposta: «Bisogna smetterla di avere un atteggiamento “malato” nei confronti degli Ogm che non comprende l’esatta entità delle problematiche sollevate dalle biotecnologie. Io non sono mai stato contro gli Ogm in assoluto. Ho sempre denunciato con forza il rischio che la loro applicazione in agricoltura crei una contaminazione diffusa, distruggendo progressivamente ogni possibilità di esistenza di filiere Ogm-free».

Lei ha lanciato un appello affinché il Governo riprenda il dialogo con i sindacati. Però in tema di riforma delle pensioni Pezzotta ha già posto un duro aut aut: «O il governo ritira il provvedimento, o non si discute affatto». A queste condizioni crede che sia ancora possibile riaprire un dialogo?
Continuo a pensare che sia necessario convocare i sindacati per un confronto sereno sulla riforma delle pensioni. Non chiedo che la convocazione sia fatta subito, tuttavia occorre far in modo che ci sia il tempo sufficiente per verificare la possibilità di recepire le controproposte delle parti sociali.
Sarà il presidente del Consiglio a stabilire quando aprire questo confronto, ma ritengo che il Governo debba verificare tutti i margini di trattativa, sfidando la protesta sindacale sui contenuti e sul futuro delle riforme. È una sfida reciproca: ai sindacati per la capacità di mostrarsi propositivi e non solo conflittuali, al Governo per la capacità di coinvolgere le parti sociali in un indispensabile progetto riformista che punti al rilancio del Paese. La mia convinzione è che su molti argomenti sia possibile trovare punti di contatto: ci sono temi che non appartengono né alla destra né alla sinistra, ma sono trasversali perché toccano gli interessi della nostra comunità nazionale.

Eppure c’è chi, come il regista Paolo Virzì nel suo ultimo film, Caterina va in città, non perde occasione per attaccare “l’avversario”. Crede che il suo passato talvolta condizioni il giudizio sul suo operato?
Destra e sinistra sono categorie logorate, ma che hanno ancora una grande forza comunicativa. D’altra parte non esiste una sola destra e una sola sinistra. Esistono anzi molteplici versioni, spesso conflittuali tra loro. Ma la base per orientarsi in questo labirinto può essere solo un profondo rispetto reciproco, e la volontà di produrre, alla fine, decisioni realmente utili per la comunità. Ecco, proprio questo rispetto mi sembra sia mancato nel film di Virzì, che lascia chiaramente trasparire l’infondato complesso di superiorità che affligge la sinistra italiana.

Parliamo di politiche agricole. Come procede la sua battaglia in difesa del made in Italy?
L’agroalimentare è un settore dotato di enormi potenzialità, purtroppo non adeguatamente valorizzate dai precedenti Governi. È stato necessario un impegno incessante da parte del ministero per far riconquistare a questo comparto la centralità che merita e per favorirne la diffusione all’estero. Un lungo percorso di promozione che oggi segna un nuovo e decisivo salto di qualità grazie alla Finanziaria 2004, in cui – grazie anche all’impegno del viceministro Adolfo Urso – è stato inserito un pacchetto di 400 milioni di euro per la valorizzazione del made in Italy e la nascita di un apposito marchio a tutela delle merci integralmente prodotte in Italia.
Un’attenzione particolare abbiamo voluto che in Finanziaria fosse dedicata alla promozione del comparto agricolo ed alimentare: su questo versante opererà Buonitalia Spa, creata al fine di coordinare tutti gli interventi a sostegno delle esportazioni dei nostri migliori prodotti agroalimentari.
Inoltre, il recente Rapporto sullo Stato dell’agricoltura elaborato dall’Inea ha fotografato chiaramente la radicale trasformazione che negli ultimi anni ha interessato il comparto agricolo, con il progressivo incremento delle dimensioni aziendali, una maggiore tendenza alla specializzazione produttiva, il rafforzamento delle imprese più competitive e la fuoriuscita di quelle inefficienti e fuori mercato. Credo che questi elementi rappresentino il punto di partenza per una profonda razionalizzazione del nostro sistema agricolo: una trasformazione che il ministero sta sostenendo con incentivi ed agevolazioni fiscali, ma anche di un’attenta politica volta a difendere in sede comunitaria gli interessi nazionali.

Il vicepremier Gianfranco Fini insiste nel richiedere una verifica di Governo e molti osservatori ritengono che tale richiesta sia funzionale a un piano di emarginazione della Lega da parte di An a Udc. Insomma, sarebbe “una lotta per le poltrone”…
Credo che sia necessario fare una verifica programmatica, seria ed approfondita, per rinsaldare le ragioni della maggioranza. Non sto parlando, né voglio farlo, di poltrone o di ripartizione di potere, ma di programmi: bisogna ridefinire l’agenda delle riforme alla luce della situazione interna ed internazionale, profondamente mutata, aumentando il coordinamento e la coerenza progettuale della nostra azione di governo. Come ha detto Fini, è necessario fare il “tagliando” di metà legislatura. Ma soprattutto confrontarsi su quello che i cittadini si aspettano veramente dal centrodestra: un grande scatto di reni per far uscire il nostro Paese da quel “declino” che sembra coinvolgere tutte le nazioni europee. Bisogna coniugare sviluppo e solidarietà, ritrovando grande ispirazione da quello che ci viene offerto dalla dottrina sociale della Chiesa. Queste sono le condizioni indispensabili per non rischiare di regalare l’Italia ad una sinistra che non riesce ad essere unita e propositiva neanche quando si trova all’opposizione.

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