L’Ue e la democrazia al contrario

Dalle trattative che non tengono conto del voto europeo dell'8-9 giugno all'intemerata green (incostituzionale) della ministra austriaca Gewessler, l'Ue rischia di perdere la bussola democratica

Un membro del Parlamento Ue durante una sessione di voto a Strasburgo (Ansa)

«Ancora è lunga per le nomine europee», ha giustamente scritto su X Lorenzo Castellani. Siamo alle schermaglie, ai posizionamenti, alle dichiarazioni di principio. I giornali danno già Giorgia Meloni sacrificata sull’altare del cinismo politico, ma è davvero troppo presto per dirlo.

Di sicuro, però, ha fatto bene il leader del Ppe, Manfred Weber, a ricordare il principale dato di realtà all’indomani del voto dell’8-9 giugno: «La gente ha votato un’Unione Europea di centrodestra e vuole vedere un cambiamento».

L’Ue non può puntare ancora sui verdi

Tradotto: il blocco che sostiene Ursula von der Leyen formato da popolari, socialisti e liberali non può appoggiarsi di nuovo ai verdi per sfuggire al pericolo dei franchi tiratori e snobbare i conservatori guidati dalla Meloni. Gli ambientalisti radicali, come ricordato ancora da Weber, «sono i grandi perdenti di queste elezioni» insieme ai liberali e non si può «fare finta di niente».

Questo non significa buttare a mare ogni proposta ambientale, ma neanche riproporre la versione ultraideologica del Green Deal che ha caratterizzato i primi anni della Commissione europea a guida Von der Leyen e che ha spinto gli elettori, soprattutto in Francia e Germania, a premiare partiti di estrema destra.

Meloni non è Le Pen

È proprio il crollo di Emmanuel Macron e Olaf Scholz in patria a rendere le trattative tra i leader di partito e di governo ancora più feroci e delicate. L’Ue però deve stare attenta a non discostarsi troppo da quanto indicato dagli europei attraverso il voto. Come scrive infatti Flavia Perina sulla Stampa, le “destre” non sono tutte uguali, la Meloni non è paragonabile a Marine Le Pen e ai tedeschi di Afd.

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Bollare tutti, indistintamente, come estremisti e non includerli in un patto di governo per «tenere fuori le destre», secondo uno slogan ormai usurato, assomiglia più al «riflesso pavloviano di classi dirigenti timorose di cambiare gioco», cioè di tenersi stretto il potere che hanno a prescindere dal voto, piuttosto che a una strategia ponderata in grado di far evolvere l’Unione Europea.

E come diceva Giovanni Orsina a Tempi commentando il voto europeo, se i leader escluderanno i conservatori per puntare di nuovo sui verdi, «ne pagheranno il prezzo in futuro».

La ministra austriaca per il Clima, la verde Leonore Gewessler (a sinistra), si scatta un selfie insieme alla collega belga (Ansa)

Lo strano concetto di democrazia di Gewessler

Che in Unione Europea regni uno strano concetto di democrazia, purtroppo, lo si vede dall’esaltazione che viene fatta dai giornali delle gesta della ministra austriaca per il Clima, la verde Leonore Gewessler.

Ignorando il parere vincolante ai sensi del diritto costituzionale di Vienna dei governi regionali austriaci, che avevano indicato di bocciare la legge sul ripristino della natura, la garibaldina Gewessler ha votato a favore determinando l’approvazione della direttiva in Unione Europea, che sarebbe stata altrimenti affossata.

Il cancelliere federale austriaco, Karl Nehammer, ha già deferito la decisione alla Corte di giustizia europea e denunciato la ministra per «abuso d’ufficio».

L’Ue non faccia come la Creonte austriaca

Gewessler ha risposto alle accuse con una frase molto bucolica e molto poco costituzionale: «Tra venti o trent’anni ai miei nipoti non voglio dover raccontare con malinconia del passato e della bellezza di questo paese. Per questo dobbiamo fare qualcosa oggi e per questo darò il mio voto alla legge che protegge la natura». Peccato che la ministra nel consesso europeo rappresentasse non soltanto i suoi nipotini, ma tutta l’Austria, che aveva democraticamente deciso di affossare la legge.

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Ma sui giornali è tutto un elogio di Gewessler: «donna coraggio» per la Stampa, «ministra ribelle» per il Post, colei che ha «salvato la natura» per Repubblica. C’è chi si spinge fino a paragonarla ad Antigone, che però difendeva il vituperatissimo diritto naturale contro la tirannia della legge positiva di Creonte e non le farfalle che svolazzano vicino al greto dei torrenti (e che domani potrebbero essere travolte dalla piena ormai inarrestabile dei fiumi).

Antigone difendeva l’irriducibilità di tutti gli esseri umani e la legge non scritta davanti alla tirannia di un singolo: Creonte. Gewessler ha fatto l’opposto: ha imposto una pessima legge alla maggioranza ergendosi a tiranno. L’Unione Europea, nelle trattative di questi giorni, non segua il suo esempio.

@LeoneGrotti

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