L’Ucraina in difficoltà punta sulla pace (ma senza la Russia)

Di Leone Grotti
18 Gennaio 2024
Il piano di Zelensky, rilanciato a Davos, prevede in sostanza la resa di Putin. Ma nessun obiettivo può essere raggiunto senza coinvolgere Mosca e Pechino
Volodymyrz Zelensky, presidente dell'Ucraina, arriva a Davos per il World Economic Forum

L’Ucraina non è mai stata così in difficoltà dall’inizio della guerra con la Russia e il viaggio di Volodymyr Zelensky in Svizzera, dove ha partecipato al World Economic Forum di Davos, lo ha confermato. In assenza degli aiuti finanziari necessari da parte degli alleati a tenere in piedi il budget statale, con gli arsenali che si stanno pericolosamente svuotando e in un momento di piena crisi con i vertici militari ucraini su come portare avanti il conflitto, il presidente ha scelto di parlare di pace, più che di guerra. Una scelta che «ha lasciato freddi gli Stati Uniti e molte cancellerie europee», come nota Repubblica.

Una conferenza di pace irrealistica

Dopo l’incontro con la presidente della Confederazione svizzera, Viola Amherd, Zelensky ha annunciato che più avanti nel corso del 2024 si terrà in Svizzera una conferenza di pace, il Global Peace Summit. L’obiettivo è presentare un piano di pace condiviso e sul quale emissari di oltre 80 paesi stanno discutendo da mesi.

Le condizioni del piano però appaiono al momento irrealistiche: ritiro completo delle truppe russe da tutti i territori ucraini, Donbass e Crimea compresi, pagamento da parte di Mosca del risarcimento per i danni di guerra e processo sui crimini di guerra compiuti dall’Armata rossa. Il piano prevede anche il ritorno dei minori ucraini portati in Russia, lo scambio dei prigionieri, garanzie di sicurezza per i siti nucleari ucraini, un corridoio per l’esportazione del grano e garanzie per l’Ucraina contro aggressioni future.

Putin accetterà la resa?

Più che un piano di pace, è un trattato di resa e perché possa essere realizzato, Vladimir Putin dovrebbe fare marcia indietro, dichiararsi sconfitto e restituire i territori già annessi alla Federazione russa illegalmente.

La Russia ovviamente non è stata coinvolta nella redazione di questo piano di pace e per quanto il raggiungimento degli obiettivi fissati sia auspicabile, non si capisce come si potrebbe convincere Mosca ad accettarlo, soprattutto in un momento in cui Kiev ha (almeno momentaneamente) esaurito le opzioni militari sul campo dopo il fallimento della controffensiva.

Cina e India sono indispensabili

Dopo aver fallito nel tentativo di costringere militarmente la Russia a cedere, ora l’Ucraina vorrebbe isolarla diplomaticamente ma è indicativo che alle riunioni preparatorie del piano di pace non abbiano partecipato né la Cina, né l’India. E se il documento non sarà sostenuto da Pechino e New Delhi può già considerarsi incanalato su un binario morto o irrilevante.

Che l’Ucraina non voglia cedere territori alla Russia è ovviamente comprensibile, ma la pace deve essere firmata da entrambe le parti in conflitto e non può funzionare, né in teoria né in pratica, se manca una delle due.

L’Ucraina aspetta Usa e Ue

La proposta di Zelensky serve comunque all’Ucraina a recuperare l’iniziativa persa negli ultimi mesi e a far passare in secondo piano i veri problemi che attanagliano Kiev. Il primo è finanziario: l’Ucraina quest’anno ha bisogno di ricevere dagli alleati almeno 38 miliardi di euro per sostenere il bilancio statale. Se non li riceverà, come durante le prime fasi del conflitto, la Banca centrale ucraina dovrà stampare più moneta per continuare a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e per mantenere in funzione scuole, ospedali e altri servizi, ma in questo modo farà anche crescere l’inflazione a livelli insostenibili.

Durante i primi mesi del 2022, dopo l’invasione da parte della Russia, il paese ha perso un terzo del Pil e l’inflazione è aumentata al 26%. Grazie agli aiuti internazionali, l’Ucraina è riuscita a rimettersi in carreggiata, l’inflazione è scesa al 5,7% e l’anno scorso l’economia è cresciuta del 4,9% (come ha fatto notare Zelensky al mondo dell’imprenditoria e della finanza presente a Davos).

Protesta a Kiev in favore del rilascio dei prigionieri di guerra
Protesta a Kiev in favore del rilascio dei prigionieri di guerra (Ansa)

Bruxelles e Washington non abbandonano Kiev

Ora però Kiev ha bisogno che Unione Europea e Stati Uniti sblocchino i fondi congelati lo scorso anno. Il Congresso americano ha bloccato l’ultimo piano di aiuti da 60 miliardi di dollari. Dopo aver incontrato il presidente ucraino a Davos, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha promesso che gli Usa non faranno mancare il loro supporto. Per mantenere la parola Joe Biden dovrà vincere il braccio di ferro con il Congresso, che in cambio chiede misure contro l’immigrazione irregolare, ed è convinto di riuscire a farlo a breve.

Allo stesso tempo, all’ultimo Consiglio europeo l’Ungheria è riuscita a bloccare lo stanziamento di 50 miliardi di euro a favore dell’Ucraina nel corso dei prossimi quattro anni. A Davos la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha rassicurato Zelensky: «Troveremo un accordo» al vertice dell’1 febbraio. «La mia priorità personale è di trovarlo a 27 e se ciò non sarà possibile, siamo pronti per un accordo a 26», ha aggiunto con riferimento all’Ungheria.

La Nato spinge per gli F-16

Anche sul fronte degli armamenti Kiev è in difficoltà. Zelensky attende con ansia gli F-16 promessi da una dozzina di paesi e che dovrebbero arrivare entro la fine dell’anno. «Dobbiamo ottenere la superiorità aerea», ha dichiarato al segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo il quale «più saremo credibili con il nostro sostegno militare all’Ucraina, più è probabile un successo della diplomazia».

Gli F-16 non sono in grado di assicurare la vittoria della guerra a Kiev e probabilmente neanche di garantire il successo contro le formidabili difese russe costruite nelle province di Kherson e Zaporizhzhia, ma potrebbero permettere di ridurre la pressione sulle difese anti-aeree, sollecitate in continuazione dai missili e dai droni russi, e assicurare una maggiore difesa del territorio.

Ucraina indebolita dalle divisioni interne

La principale debolezza dell’Ucraina, però, non è rappresentata né dalla mancanza di finanziamenti da parte degli alleati né dalla penuria di armi. È la divisione interna tra vertici politici e militari che mina più di tutto la tenuta del paese. Lo scontro tra Zelensky e il comandante in capo delle Forze armate Valery Zaluzhny è ancora in corso. Il presidente ucraino ha cercato recentemente di screditarlo attribuendogli la richiesta di una nuova mobilitazione di 500 mila soldati, notizia che ha allarmato la popolazione. Il generale ha negato di aver mai fatto una simile richiesta, ma ha confermato che nuove reclute sono assolutamente necessarie per resistere alla Russia.

Una rottura definitiva, con conseguente demansionamento di Zaluzhny, è improbabile. Ma il generale e il presidente devono ritrovare il modo di convivere o nessuno crederà alle parole pronunciate da Zelensky alla platea di Davos: «Il sostegno non deve mancare. Possiamo ancora sconfiggere Putin. Quest’anno è decisivo».

@LeoneGrotti

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