Le inutili sanzioni contro il chierichetto di Putin

Di Emanuele Boffi
05 Maggio 2022
Tergiversare sulle ricchezze e contraddizioni del patriarca ortodosso Kirill serve solo a farci sentire dalla parte dei buoni. In realtà, così, lo aiutiamo a presentarsi come "vittima"

C’è qualcosa di stonato nel compiaciuto e scandalizzato tono con cui i media elencano le ricchezze del patriarca ortodosso Kirill, finito nel mirino delle sanzioni europee. Pare che queste colpiranno anche l’importante autorità religiosa che, secondo Forbes, terrebbe sotto il materasso 4 miliardi di dollari (anche se c’è chi dice che siano molti di più).

I nostri giornali indugiano molto su questo aspetto, descrivendo le favolose ricchezze del patriarca (yacht e ville, come un oligarca qualsiasi), i suoi loschi traffici («negli anni 90 venne soprannominato il “metropolita del tabacco” perché aveva approfittato delle esenzioni fiscali ecclesiali per rivendere sigarette», scrive Repubblica), la sua passione per gli orologi (memorabile il Brequet da 30 mila dollari esibito durante un’intervista e poi fatto sparire con photoshop per evitare scandalo).

Il chierichetto di Putin

Tutte cose vere, forse (lui ha spesso smentito), ma che non colgono il punto della questione. Kirill ha certamente colpe assai gravi nel conflitto in Ucraina. Ha messo la religione al servizio del potere politico di Vladimir Putin, gli ha fornito l’apparato ideologico per giustificare l’invasione, ancora di recente ha detto che «la Russia non ha attaccato nessuno, ha solo difeso i suoi confini». Come ha raccontato papa Francesco al Corriere, anche il loro colloquio si è aperto con le parole di Kirill che giustificavano l’invasione (di qui l’invito del Pontefice romano a non comportarsi come «il chierichetto di Putin»).

Si può dunque essere molto duri con una concezione machiavellica della religione come instrumentum regni, definire ideologica la predicazione del Russkii mir, disperarsi per un cristianesimo che si fa vassallo del potere, e tuttavia mantenere un senso delle cose e delle opportunità. Il moralismo è sempre una lente sfuocata per guardare la realtà.

Metafisica delle sanzioni

Invece bisognerebbe capire, come fa Gian Micalessin sul Giornale o Giovanni Sallusti su Libero, che il pugno duro contro il patriarca è un autogol. «Quelle sanzioni – scrive Micalessin – serviranno soltanto a moltiplicare il già largo consenso di cui godono il Patriarca, la Chiesa ortodossa e un Vladimir Putin definito un “dono del signore” dallo stesso Kirill». «Noi – si chiede Sallusti – vogliamo rispondere alla sua allucinata metafisica dei carri armati con una squinternata metafisica delle sanzioni?».

Colpire Kirill può forse avere un effetto simbolico, può forse galvanizzarci e tranquillizzare le nostre insicurezze facendoci sentire dalla “parte dei buoni”, ma nella sostanza aiuta solo Kirill a presentarsi come “vittima” del “Satana occidentale”.

Lui, che pure, come ricordato qui, era tra i meno anti-occidentali tra gli ortodossi e che s’è spostato su posizioni più dure rincorrendo gli estremisti (la Chiesa ortodossa è un gigante dai piedi d’argilla, in profonda crisi), ora vedrà crescere il suo consenso. È la stessa cosa che è accaduta con Putin, passato in Russia, dopo due mesi di sanzioni, dal 70 all’81 per cento.

Foto Ansa

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1 commento

  1. ENRICO VENTURA

    Dare del “chierichetto di Pitin” a Kirill sarà anche una buona battuta, ma con quella affermazione il dialogo ecumenico ha fatto tornare indietro le lancette di alcuni decenni. Francesco era stato fin’ora equidistante da tutti guadagnandosi credibilità e presentandosi come il mediatore ideale. Si sperava anche in un suo prossimo viaggio a Mosca, poco probabile ma chissà. Ora ce lo possiamo sognare.
    Già che c’era poteva anche dare dello “scendiletto di Biden” a Zelenski così il pasticcio era completo.

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