Il paese francese che non vuole più essere ricordato per Khomeini

Di Mauro Zanon
06 Febbraio 2023
Esaltato da governo e intellò, l'ayatollah dell'Iran abitò per tre mesi a Neauphle-le-Château, dove ogni anno viene celebrato. Ma adesso il comune ha detto "basta"
Khomeini
Un murale a Teheran celebra il ritorno dell'ayatollah Khomeini in Iran dall'esilio francese (foto Ansa)

Parigi. Neauphle-le-Château sembra uno dei tanti comuni francesi che cingono Parigi, con le sue vie strette, le case a graticcio e i giardini ben curati. Ma in quelle strade all’apparenza ordinarie, pressoché anonime, alla fine degli anni Settanta abitò per tre mesi (dal 6 ottobre 1978 al 1° febbraio 1979) una delle figure più importanti e controverse del Ventesimo secolo: l’ayatollah e Guida suprema dell’Iran dal 1979 al 1989 Ruhollah Khomeini. La Francia di Valery Giscard d’Estaing e soprattutto i suoi intellò (Michel Foucault, sul Corriere della Sera, definì Khomeini un «vecchio santo in esilio a Parigi») lo accolsero con i tappeti rossi.

Quando la Francia “puntava” su Khomeini

L’allora presidente della Repubblica francese, assieme all’omologo Carter, al primo ministro britannico Callaghan e al cancelliere tedesco Schmidt, decisero durante un vertice in Guadalupa di mollare lo scià in ottica anti sovietica e puntare su Khomeini, aprendo la strada alla nascita della Repubblica islamica. Foucault e gli altri (Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir si recarono persino a Teheran per celebrare da vicino il loro nuovo “santino”) presero il solito abbaglio, com’era accaduto con il Libretto rosso di Mao e Pol Pot. Ma a distanza di quarantatré anni, e sullo sfondo della rivolta in corso in Iran contro il regime dei mullah, la Francia ha deciso di fare i conti con il proprio passato.

Lo scorso 26 gennaio, al termine di un lungo braccio di ferro tra la giunta comunale e gli oppositori del regime iraniano rifugiati in Francia, è stata emessa un’ordinanza che vieta l’installazione di targhe commemorative che ricordano il soggiorno dell’imam Khomeini a Neauphle-le-Château. Il motivo? Fino a pochi giorni fa, al 23 di route de Chevreuse, svettava ancora una targa installata nel 2017 nel luogo in cui Khomeini pregava e riceveva ospiti e giornalisti, un luogo che era diventato negli ultimi anni una vera e propria meta di pellegrinaggio da parte dei nostalgici della Rivoluzione iraniana.

Il divieto di appendere targhe celebrative

Ogni 1° febbraio, anniversario del ritorno trionfale dell’ayatollah Khomeini in Iran dopo l’esilio, centinaia di pellegrini iraniani si davano infatti appuntamento per celebrarlo all’interno di una grande tenda bianca installata per l’occasione. Ma in seguito alle proteste dei numerosi militanti anti-regime, la cerimonia non si è svolta nel 2022 e probabilmente, dopo l’ordinanza della sindaca Elisabeth Sandjivy, non si svolgerà mai più. «Questo pannello fa l’apologia dell’ayatollah Khomeini e della Repubblica islamica iraniana, e di conseguenza dei numerosi crimini e delle violazioni dei diritti umani che sono stati commessi. È un attacco alla dignità umana», si legge nell’ordinanza.

La decisione radicale della sindaca è arrivata in seguito all’acutizzarsi delle tensioni tra sostenitori della rivolta in corso a Teheran e simpatizzanti di Khomeini. In un video apparso su Twitter due settimane fa, si vede un ragazzo col viso coperto mentre distrugge la targa in memoria dell’ayatollah e al suo posto appende l’antica bandiera imperiale iraniana accanto alla recente copertina provocatoria di Charlie Hebdo dedicata all’attuale Guida suprema Ali Khamenei.

«Il fatto che il pannello sia stato distrutto ha risolto il problema dell’emissione dell’ordinanza», ha spiegato a Libération l’avvocato Philippe Azouaou incaricato dell’affaire. Nel caso in cui i proprietari del luogo decidessero di reinstallare la targa rischierebbero 150 euro di multa, ha precisato l’avvocato. Ma chi sono i proprietari? «Non li conosciamo», ha detto a Libé il comune di Neauphle-le-Château. Secondo le informazioni raccolte dal quotidiano, è una coppia franco-iraniana la proprietaria dell’area: Colette F., una francese convertita all’islam tuttora in vita, e Asghar Asgari Khaneghah, specialista dell’antropologia biologica e appassionato di poesia francese, morto nell’aprile del 2022 e a cui l’ambasciata iraniana a Parigi ha reso omaggio.

«Un avamposto territoriale dell’Iran»

«L’Iran ha trasformato questo paesello in un avamposto territoriale. È come se questo piccolo terreno simboleggiasse un pezzetto di occidente conquistato dalla Repubblica islamica, la cui perdita rappresenterebbe un affronto», ha spiegato a Libé la professoressa franco-iraniana Iris Farkhondeh. In Iran, molte strade portano il nome di Neauphle-le-Château (in farsi Nofel-Loshato), tra cui quella in cui si trova l’ambasciata di Francia a Teheran. Ma d’ora in avanti, gli abitanti di Neauphle-le-Château sperano di essere associati a un altro ospite illustre che nella metà del Ventesimo secolo scelse come luogo di residenza questo piccolo comune: la scrittrice Marguerite Duras.

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