
Julián Carrón: «Se Cristo non diventa per noi la cosa più cara sarà difficile rinnovare la Chiesa»
Per capire l’origine del gesto di Benedetto XVI basta osservare la letizia del volto di Joseph Ratzinger, quel volto da cui lo stesso Julián Carrón, presidente della fraternità di Cl, spiega di essere rimasto particolarmente colpito la sera del 28 febbraio, prima che si chiudessero le porte di Castel Gandolfo. Una letizia così profonda, ha spiegato il sacerdote spagnolo intervistato oggi da Alessandro Banfi su TgCom24, è il segnale che il gesto delle dimissioni non è spiegabile con ragioni strategiche o organizzative, ma con una adesione profonda al fatto di Gesù Cristo.
CRISTO PER JOSEPH RATZINGER. «Che cosa vuol dire Cristo per Joseph Ratzinger, per la sua persona? C’è qualcuno che se lo domanda?», si è chiesto Carrón. «Ratzinger ha riportato la Chiesa a riflettere su Gesù Cristo. Solo una persona per cui Cristo è reale e non una auto convinzione, non un’etica, o un’organizzazione, ma una vita, può spiegare una cosa del genere». Tanti, ha continuato Carrón, faticano a comprendere una tale spiegazione perché non avendo esperienza di Cristo come qualcosa di reale, non si capacitino che Egli possa essere all’origine di una tale letizia. Eppure, ragiona il sacerdote, ciascuno di noi per capire l’esperienza di un altro deve guardare alla propria esperienza elementare: «Chiunque quando ha un’esperienza vera di amore può dire che quello che riempie, non è un’organizzazione, ma una presenza che ci fa continuamente riprendere».
NEL GESTO, IL METODO. «Questo gesto – domanda il giornalista – comunica anche una ansia di rinnovamento e autoriforma della Chiesa?». «Questo – risponde Carrón – è presente in tutto quel che Ratzinger ha detto dopo. È come se in quel gesto ci fosse non soltanto il richiamo al rinnovamento, ma il metodo per compierlo». Come se il Papa, con le sue “liete” dimissioni avesse detto: «Se Cristo non diventa per noi la cosa più cara sarà difficile per noi rinnovare la Chiesa con delle strategie. Quindi non soltanto il gesto di per sé è un richiamo, ma ci offre anche la strada per rispondere a questo richiamo. Come nel primo incontro del Vangelo, quello di Giovanni e Andrea con Gesù. Hanno incontrato una persona così eccezionale che era la strada, tanto che il giorno dopo sono tornati a cercare Gesù».
DI COSA HA BISOGNO LA CHIESA. Ciò di cui ha bisogno la Chiesa, secondo il successore di don Luigi Giussani, è quel che Ratzinger ci ha indicato indicendo l’anno della fede. «La Chiesa ha bisogno, come tutti abbiamo bisogno in ogni momento della nostra vita, di riscoprire cosa ci è accaduto quando siamo diventati cristiani». Ecco allora che “l’identikit” del nuovo Papa non può che essere quello di «un cristiano, un credente, una persona che possa testimoniare, come ha fatto Benedetto XVI e come aveva fatto prima di lui Giovanni Paolo II, la bellezza di Cristo». Ricordando una espressione del suo predecessore don Giussani, secondo cui la Chiesa aveva iniziato a “vergognarsi di Cristo”, don Carrón si chiede: «Perché ci vergogniamo di Cristo? Perché non lo abbiamo scoperto con tutta la nostra umanità. Non possiamo offrirlo ad altri se non siamo convinti che sia un bene per noi. Se non è Cristo ciò che abbiamo di più chiaro è difficile che non abbiamo vergogna di proporlo».
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4 commenti
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Premesso che da ateo e me ne frega meno che zero di chi sarà il nuovo papa, spero vivamente che sia Scola, diventasse lui papa vedresti le chiese che finalmente si svuoterebbero , cme è giusto che sia, e rimarrebbero solo 4 percore cielline che ci andrebbero. Sarebbe la pietra tombale sulla chiesa, speriame co si avveri.
Allora si coerente dato che sei ateo e non te ne frega niente ,rimani in silenzio che forse è!meglio
Aspetta e spera, illuso!