
Johnny Depp e Amber Heard, carnefici e vittime di loro stessi

In questi ultimi due mesi se gran parte dei mass media avesse parlato del referendum sulla giustizia del 12 giugno come ha parlato del processo Depp-Heard, probabilmente oggi saremmo tutti a votare raggiungendo, oserei dire, il quorum del sì in tutti i quesiti.
Purtroppo però la realtà è un’altra. Da una parte c’è stata una pressoché totale mancanza di informazione, tanto che l’Agcom ha dovuto richiamare la Rai che ora sembra stia facendo una full immersion retorica e squilibrata – Basti ascoltare il monologo della Littizzetto secondo cui i cittadini dovrebbero avere una laurea in giurisprudenza per rispondere ai tre quesiti sulla magistratura. Furbettina! – Dall’altra parte, per il processo Depp-Heard, un vortice di informazioni.
Schieramenti ideologici
Ad oggi chi non sa proprio nulla sulla storia travagliata tra Johnny Depp e Amber Heard sono veramente pochissimi. Mentre non si può dire la stessa cosa per il referendum. Ma seppur le modalità di informare siano state differenti, lo scopo sembra essere stato ed essere sempre lo stesso: l’informazione come arma per sottomettere e non per rendere più liberi. Da una parte la misfatta del quorum quasi conclamata, invogliata da una mancata informazione e azione, farà sì che i cittadini rimangano sottomessi a un sistema clamorosamente ingiusto e a un Parlamento che potrà godersi l’estate tranquillamente senza dover legiferare nulla.
Dall’altra parte, la furia di notizie ha fatto sì che il lettore senza pensarci si sia sottomesso a uno schieramento ideologico dell’una o l’altra parte della stampa, togliendosi da sé quello spazio e tempo per una riflessione e quel grande potere e dono di provare compassione. Il problema non è il tema.
Un processo H24
Personalmente credo sia giusto e lodevole informare su qualunque argomento con la stessa dignità. Dalla guerra alla squadra del cuore – Certo finché le guerre, le bombe sugli innocenti, le stragi in Nigeria, in Cina e negli altri Paesi del mondo fanno notizia. E non tutta la stampa lo fa –.
Il fatto che con questa storia sia in parte crollato quel castello abominevole del processo mediatico e presunzione di colpevolezza che sei anni fa ha coinvolto Depp, è una notizia nobilissima. Ma che interessi l’innocenza del divo di Hollywood e non quella del proprio vicino è totale ipocrisia, e fa capire benissimo che lo scopo appunto di tanta informazione non è certo la verità ma una diabolica manipolazione.
Per non parlare di tutto ciò che è scaturito da questo processo. E per saperlo non serviva certo seguire il processo 24 ore su 24 su Youtube – primo e vero abominio – bastava la stampa.
Una storia triste
In questa storia – mi si perdoni anticipatamente – trovo che la verità stia nel mezzo perché per quanto Johnny Depp abbia stravinto in America – Amber Heard, oltre ad averlo picchiato anche lei, ha modificato diverse prove e avvisato in anticipo un sito di gossip della richiesta di un’ordinanza restrittiva verso il marito, segno per la giuria di una diffamazione voluta – nel Regno Unito le 12 prove su 14 che hanno dimostrato che l’attore sotto abuso di droghe e alcol picchiava la moglie, rimangono “sostanzialmente veritiere”.
Da sottolineare l’abuso di sostanze perché è stato un fattore determinante della violenza dell’una e dell’altro. Eppure non ha scalfito molto la coscienza dei giornali (il problema degli spacciatori fuori da carcere però sì) il cui unico interesse dopo la sentenza è stato quello di arroccarsi dietro la propria ideologia.
Da una parte il processo nel Regno Unito non è mai esistito, dall’altra sembra sia nata la “giurifobia”. Da una parte si è parlato di misoginia, mentre le TickTockers come Jazzmyn Wollfe si tatuavano la sagoma dell’avvocato di Johnny Depp, Camille Vasquez. Dall’altra di un “capovolgimento del Me Too” – ora il Men Too e tutti tranquilli –. Addirittura c’è chi ha parlato dell’attrice con disprezzo o come se fosse sua sorella: “biondina maltrattata”, “lei è una che si è fidanzata un po’ con chiunque ed è rimasta con nessuno”.
Carnefici e vittime
Non che l’invidia serpeggiante delle donne di non aver sposato anche loro Jack Sparrow mi stupisca, ma che siano tutte giornaliste donne a scrivere queste schifezze sì. Sta di fatto che la stampa ha convinto i lettori a stare dall’una o l’altra parte. A nessuno interessa che entrambi siano stati carnefici e vittime di loro stessi, vittime dell’abuso di sostanze e vittime di un mondo potente come quello di Hollywood, della Warner Bros e della Disney che con un cenno può decidere del tuo futuro.
Di un mondo a cui a dovrebbe interessare più il talento nel lavoro, che la coerenza e correttezza nella vita privata, di tutto questo alla stampa non interessa. E allora perché dovrebbe interessare la giustizia italiana?
Foto Ansa
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