
IX° Censimento Istat in Lombardia: l’industria delocalizza, le imprese arrancano e il no profit garantisce il welfare
Calo dell’industria che delocalizza all’estero la produzione e lieve crescita delle piccole e medie imprese e dei lavoratori autonomi. Per un’economia sempre più fortemente terziarizzata. Infine, boom del terzo settore, che gradualmente occupa lo spazio lasciato libero dal progressivo ridimensionamento di welfare e prestazioni sociosanitarie pubbliche. È questo il quadro fotografato dall’Istat nel IX° Censimento generale dell’industria, servizi e istituzioni non profit in Regione Lombardia. Il Censimento, relativo al 2012 su dati 2011, è stato presentato mercoledì 2 ottobre alla Camera di Commercio di Milano.
OLTRE 800 MILA IMPRESE. Secondo la fotografia dell’Istituto nazionale di statistica, sono 811.666 le imprese in Lombardia. In aumento (+8 per cento) rispetto al 2001 e pari al 18,3 per cento del totale nazionale. Sono 1.987, invece, le istituzioni pubbliche (16,3 per cento del totale nazionale) e 46.141 quelle del no profit che, rispetto a dieci anni prima, hanno subito un vero e proprio boom: più 37,8 per cento fino a raggiungere il 15,3 per cento del totale nazionale.
L’insieme di tutte queste unità occupa nel complesso 4 milioni e 99 mila addetti, di cui 3 milioni 774 mila impiegati nelle imprese (22,8 per cento del totale nazionale), 189 mila nelle istituzioni pubbliche (6,7 per cento del totale nazionale) e 166 mila nelle istituzioni non profit (24,4 per cento del totale nazionale). La dimensione media di imprese e altre unità giuridico-economiche lombarde è di 4,8 addetti per unità, contro 5,1 del 2001.
PIÙ LAVORO PER IL NO PROFIT. Le posizioni lavorative attive censite al 31 dicembre 2011 dall’Istat sono formate da 947 mila lavoratori indipendenti, 2,8 milioni di lavoratori dipendenti, 111 mila lavoratori esterni e 42 mila lavoratori temporanei. Lavoratori indipendenti soprattutto nel commercio e nei servizi, dipendenti nell’industria. Ma gli addetti delle imprese sono aumentati dello 0,6 per cento, l’incremento decennale più basso degli ultimi 40 anni (le variazioni, infatti, sono state pari a +27 per cento tra il 1971 e il 1981, a +8,1 per cento tra il 1981 e il 1991, a +22,6 per cento tra il 2001 e il 1991). Boom, invece, tra gli addetti delle onlus (+60,7 per cento); mentre calano i dipendenti pubblici (-17,7 per cento).
In particolare, il calo di addetti pubblici più sensibile si registra nella sanità e nell’assistenza sociale. Mentre negli stessi comparti di attività aumentano gli addetti del no profit (+39 mila unità) e delle imprese (+33 mila unità).
DE-INDUSTRIALIZZAZIONE. Dal confronto con i precedenti censimenti, inoltre, emerge la sensibile tendenza alla de-industrializzazione del sistema produttivo regionale lombardo. Spicca il dato del consistente calo dell’occupazione nella manifattura: 270 mila addetti in meno, pari a meno 21 per cento. La de-industrializzazione, spiega l’Istat, lascia spazio alla terziarizzazione del sistema produttivo, con un aumento significativo rispetto al 2001 degli addetti nel settore del commercio, alberghi e ristorazione (+170 mila) e dei servizi alle imprese (+35 mila).
LE PROVINCE IN CRESCITA. L’occupazione è cresciuta nelle province di Sondrio (+19,0 per cento), Bergamo (+4,9 per cento), Brescia (+3,3 per cento), Varese (+2,2 per cento), Monza e Brianza (+2,1 per cento) e Lodi (+1,4 per cento). La provincia di Como, invece, presenta la contrazione occupazionale più consistente (-6,5 per cento).
Mentre, osservando le singole imprese rispetto alla loro dimensione, l’incremento maggiore di addetti si registra per la classe 6-9 addetti (+9,8 per cento); sintesi di un deciso aumento nella provincia di Sondrio (+24,1 per cento), nel Mantovano (+17,0 per cento) e nelle province a maggiore presenza imprenditoriale (Milano, Brescia, Bergamo). Rilevante anche l’incremento registrato dalle imprese con un addetto (+4,5 per cento), soprattutto nelle province di Lecco e di Monza e Brianza in cui le variazioni superano l’8,0 per cento.
DELOCALIZZARE PER SOPRAVVIVERE. Deciso il calo nelle imprese di maggiori dimensioni (-3,6 per cento), in controtendenza rispetto al dato nazionale (+6,7 per cento). Dinamiche, queste ultime, molto probabilmente dovute alle strategie di delocalizzazione produttiva messe in atto da diversi gruppi societari.
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