Iva aumentata al 22 per cento, una stangata sul no profit

Di Redazione
08 Ottobre 2013
Il passaggio dell'Iva dal 21 al 22 per cento determina un «aumento dei costi puro» per il no profit. Il risultato? «Meno servizi» per tutti

L’aumento dell’Iva dal 21 al 22 per cento danneggia direttamente il no profit. A ricordarlo è un editoriale del Corriere della Sera di Stefano Blanco, Direttore generale della Fondazione collegio delle università milanesi. Infatti, «per tanti soggetti del mondo della formazione e del no profit in generale, (…) trattandosi di soggetti giuridici che non possono scaricare l’Iva», spiega Blanco, l’aumento dell’Iva dal 21 al 22 corrisponde a un «aumento dei costi puro». «Università, fondazioni universitarie, fondazioni benefiche private, scuole paritarie, enti di formazione», pertanto, non patiscono soltanto gli «effetti recessivi» dell’inasprimento fiscale sull’Iva. Ma anche questa ulteriore stangata.

MENO SERVIZI PER TUTTI. L’aumento dell’Iva è per Blanco «un appesantimento che interviene in un momento già particolarmente complicato», per il no profit, «dove le donazioni private sono ridotte al lumicino». Quando «al contrario le richieste di sostegno da parte di famiglie e giovani si fanno impellenti». Ed è su «soggetti senza scopo di lucro» e senza «capacità dia assorbire questi costi» che «si scarica un aggravio netto che già avevano subito con il primo punto di aumento di un anno fa».
A dimostrazione del fatto che, fa notare Blanco, «in questo Paese», «quando si devono trovare coperture, non si va troppo per il sottile con l’applicazione di nuove tasse e al contrario nel taglio dei costi i distinguo sono sempre così tanti da annacquare ogni effetto significativo». Il risultato? «Semplicemente minori servizi e minori agevolazioni agli utenti».

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