Iva al 21 per cento. Al mondo artigiano non piace la manovra: «È recessiva»

Di Chiara Sirianni
16 Settembre 2011
Marco Accornero (Claai) e Franco Scarpanti (acconciatori) spiegano a tempi.it perché non sono convinti dalle mosse del governo. «La preoccupazione è grande: recessione chiama recessione e gli imprenditori hanno paura. Non investono e, di fatto, bloccano lo sviluppo»

«Riteniamo che sia una manovra recessiva, e pertanto riteniamo che ci sia un calo dei consumi, e quindi una frenata dell’economia». Così il segretario generale nazionale della Claai (Confederazione libere associazioni artigiane italiane), Marco Accornero (che è anche segretario dell’Unione artigiani delle provincie di Milano e di Monza-Brianza) commenta a tempi.it la manovra economica dall’ottica del mondo artigiano e delle piccole e medie imprese.

Le conseguenze peggiori? Quelle legate al mercato interno e al consumatore finale: «È una manovra con una grande impatto fiscale. La preoccupazione è grande: recessione chiama recessione e gli imprenditori hanno paura. Non investono e, di fatto, bloccano lo sviluppo». Accornero mette in fila le proposte che la Confederazione aveva fatto a livello nazionale: privatizzazioni, smobilizzo del patrimonio pubblico e liberalizzazioni nel campo dei servizi sociali. Così i lavoratori avrebbero avuto più potere d’acquisto, necessario per rimettere in moto l’economia. Proposte che non hanno avuto seguito: «È stata scelta un’altra strada: certamente più veloce, ma che potrebbe rivelare criticità nel lungo periodo». Il settore più in crisi? L’edilizia: gli investimenti pubblici sono fermi, la crisi finanziaria ha aumentato la concessione di mutui per l’acquisto di nuove case e anche le ristrutturazioni sono ferme.

E se i commercianti al minuto sono certamente insoddisfatti per l’aumento di un punto percentuale dell’Iva introdotto nella manovra del governo, anche in casa artigiana c’è chi ha buoni motivi per essere contrariato. Acconciatori in testa: «Premesso che i nostri rappresentanti al tavolo delle parti sociali con il Governo del 4 agosto avevano decisamente avversato questo intervento sull’Iva, ricevendo rassicurazioni poi smentite dai fatti – dice Franco Scarpanti, dirigente degli acconciatori dell’Unione artigiani della provincia di Milano – questo ritocco è, di fatto, un aumento della tassazione diretta. Il punto percentuale in più va a carico totale dell’acconciatore che certo non se la sente di “recuperare”, ritoccando il suo listino di qualche decina di centesimi per ogni prestazione. Ma quei centesimi vanno moltiplicati per le ricevute giornaliere e, facendo due conti, alla fine dell’anno si arriva a cifre di diverse centinaia di euro».

In effetti, facendo i famosi due conti e stando stretti, per un acconciatore che opera anche solo con una media di una trentina di euro a prestazione (ma nell’acconciatura femminile e nell’estetica la media sale) quei centesimi di aumento, considerando una decina di servizi al giorno, si trasformano in quasi cento euro al mese a totale carico del bilancio d’impresa. «È chiaro che per noi si tratta dell’ennesima nefasta conseguenza di non poter scorporare l’Iva nelle nostre ricevute», conclude Scarpanti. Più di una volta abbiamo richiesto di essere parificati ad altri professionisti e lavoratori autonomi che dispongono di questa facoltà, ma le nostre richieste sono rimaste lettera morta. Questo nuovo carico d’imposta ci solleciterà a riprendere immediatamente e con maggior vigore questa battaglia».

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