Chi non si inginocchia è razzista, “ovviamente”

Di Pietro Piccinini
22 Giugno 2021
La battuta di Marchisio per la mancata genuflessione di alcuni azzurri prima di Italia-Galles, le polemiche e qualche spunto per non scadere nell'intransigenza militante
I giocatori in ginocchio prima di Italia-Galles a Euro 2020

La polemica sul presunto “razzismo” dei calciatori della nazionale che prima di Italia-Galles, a differenza di alcuni compagni (Bernardeschi, Belotti, Emerson Palmieri, Toloi e Pessina), hanno mancato di inginocchiarsi in ossequio a Black Lives Matter è talmente stucchevole, previdibile, banale, già vista che non meriterebbe due righe. Vale la pena di soffermarcisi un attimo soltanto per il modo ingenuamente infelice in cui è voluto entrarci Claudio Marchisio attraverso i microfoni di Rai 1 durante l’intervallo della partita.

Enrico Varriale e Claudio Marchisio durante Italia-Galles, Euro 2020

La religione antirazzista

Come noto, il gesto di inginocchiarsi prima del match fu lanciato qualche anno fa negli Stati Uniti dall’allora quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick come forma di denuncia delle violenze della polizia sui neri, ed è presto diventato – anche grazie all’immancabile réclame Nike – un omaggio mainstream al culto politicamente corretto del momento: l’antirazzismo. Inutile ripetere qui – l’abbiamo fatto tante volte – quanto sia stato abile il movimento Black Lives Matter a intestarsi questa battaglia in maniera sostanziamente (e ingiustamente) esclusiva, specie dopo l’omicidio di George Floyd. Superfluo ribadire – anche questo l’abbiamo già fatto tante volte – come l’antirazzismo Blm sia diventato una sorta di religione violenta e intollerante.

Non è inutile invece sottolineare la devozione con cui media e commentatori di tutto il mondo, italiani compresi, amino inginocchiarsi – loro sì tutti insieme – alla semplificazione che ha eletto, appunto, Black Lives Matter a simbolo universale di antirazzismo. Mentre la realtà è molto più complicata, come sanno i lettori di Tempi, ed è proprio l’intransigenza dei militanti e dei simpatizzanti di Blm a creare le divisioni e i ghetti che si vorrebbero combattere.

La battuta di Marchisio

Ecco, Marchisio è caduto esattamente in questa trappola domenica sera, quando ha voluto condannare per direttissima tv la mancata genuflessione di alcuni calciatori azzurri.

Ha detto l’ex centrocampista della Juventus e della nazionale divenuto commentatore Rai:

«C’è libertà di scelta, ma questa è una protesta molto importante e avrei preferito che si inginocchiassero tutti».

Non c’è bisogno di ricordare la vicinanza al Pd di Marchisio, a un certo punto dato addirittura per candidato sindaco del partito di Enrico Letta a Torino, per essere infastiditi dalla falsità – forse più superficiale che furbesca – delle sue parole. «C’è libertà di scelta», dice. Ma c’è davvero libertà di scelta? «La scelta è ovviamente individuale», ha rimarcato ieri il Corriere della Sera. Ovviamente?

Calciatori ignoranti

“Ovviamente” si è scatenata la solita tempesta di critiche sui presunti razzisti rimasti in posizione eretta in campo. E lasciamo perdere la raffica di insulti scaricata “ovviamente” su Twitter. In proposito basta la simpatica carrellata offerta da Open: si va da «popolo di merda» al desiderio di «mandarli affanculo». E intanto sul fronte opposto sventolavano le varie Desirée e Pamela uccise da malviventi clandestini e le ville milionarie messe a patrimonio dai sedicenti marxisti di Blm. Ma questo è Twitter, appunto.

Passiamo alle fonti autorevoli? “Ovviamente” anche qui si sono sprecati gli insulti più o meno velati ai calciatori dalle articolazioni rigide. Il più elegante è stato il già citato Fabrizio Roncone, che sul Corriere della Sera quasi li perdonava in quanto capre ignoranti:

«Sulla Moleskine, il primo appunto è: Italia con otto novità in formazione. Il secondo: al calcio d’inizio, cinque giocatori azzurri si sono inginocchiati per sostenere Black Lives Matter, il movimento nato negli Stati Uniti e impegnato nella lotta contro il razzismo. È stato tutto molto veloce, scena di pochi secondi: gli undici gallesi, come sempre, piegati e compatti; dei nostri – mai accaduto dall’inizi del torneo – vanno giù Bernardeschi, Belotti, Emerson Palmieri, Toloi e Pessina. La scelta è ovviamente individuale, ma l’impressione – confermata da Pessina negli spogliatoi – è che alcuni azzurri non abbiano capito bene cosa stesse accadendo (ad alcuni di loro gioverebbe alternare la playstation con la lettura dei giornali)».

Chi non si genuflette è di destra

Più sbrigativo Matteo Pinci di Repubblica, che si è guardato bene dall’abbandonare anche solo per un attimo il vizio di dividere il mondo in buoni e cattivi. E così, “ovviamente”, chi non si è inginocchiato a Black Lives Matter è diventato subito «di estrema destra».

«Davanti al Galles tutto in ginocchio contro il razzismo, cinque azzurri hanno preso il coraggio di fare altrettanto, Toloi, Emerson, Bernardeschi, Belotti e Pessina. “In quel momento stavo quasi per distrarmi e dimenticarmene, poi mi sono inginocchiato anch’io”, ha poi raccontato il centrocampista dell’Atalanta, visibilmente emozionato. La protesta, nel solco del movimento Black Lives Matter, viene portata avanti solo da alcune nazionali in questo Europeo (Inghilterra, Scozia, Galles, Francia, Belgio), non piace ai tifosi di estrema destra. Un gesto forte che ha già scatenato polemiche sui social e spaccato il popolo azzurro fra chi esalta il coraggio di aver preso finalmente posizione su questo tema e chi invece definisce “eroi” gli altri azzurri che sono rimasti in piedi».

Berizzi, eccolo

Ancora meglio Paolo Berizzi, che di Repubblica è inviato ed è una specie di distillato dell’approccio sacerdotale con cui il quotidiano romano affronta qualunque tema.

Il giornalista ha cinguettato su Twitter:

«#Italia: solo in 6 in ginocchio a sostegno di #BLM. Gli altri giocatori della nostra #Nazionale che cosa pensano dei diritti degli afro discendenti discriminati ogni giorno nel mondo? Gliene importa qualcosa? Squadra non vuol dire fare squadra?».

Ovviamente un corno

“Ovviamente” le domande di Berizzi sono retoriche. La risposta implicita, “ovviamente”, è che ai giocatori-peccatori rimasti in piedi non frega nulla «dei diritti degli afro discendenti discriminati ogni giorno nel mondo». E così siamo alla perfetta ripetizione dell’assioma di Black Lives Matter: chi non si prostra davanti alla nostra idea di antirazzismo è razzista. «La scelta è ovviamente individuale»? Un corno.

Come si fa a definire libero e liberante un pensiero che vede in ognuno di noi un razzista e se qualcuno si ribella (o semplicemente se ne dimentica, o preferisce la playstation) è proprio perché sotto sotto è razzista? Esiste una possibilità di uscire da questo ghetto mentale? Soprattutto, si può essere antirazzisti senza baciare la pantofola di Black Lives Matter?

Chi non si piega, bastonalo

Quasi perfetto, quasi, il commento di Giulia Zonca per la Stampa:

«Belotti, Toloi, Pessina, Bernardeschi e Emerson Palmieri si mettono in ginocchio, gli altri no e non è un giudizio, è solo una conta. Ognuno deve essere libero di fare quello che sente, solo così si dà peso a un attimo simbolico. Non inginocchiarsi non significa di sicuro essere razzisti, solo che farlo vuole dire che molte discriminazioni, differenze di trattamento, violenze ti danno profondamente fastidio. E non importa il contesto sociale di provenienza, non ha senso fare l’esame demografico del proprio ambiente per decidere se partecipare o esaminare ogni esponente del Black Live Matters, il gesto ormai è universale. Vale solo quello che ogni singolo prova e pure il modo in cui vuole oppure non vuole mostrarlo.

Ora che il girone è passato in gloria e l’imbarazzo evaporato si potrà valutare meglio. Non perché sia necessario trovare una presa di posizione che valga per tutti, solo per evitare gli sguardi interrogativi, la titubanza. Se non è un moto del cuore meglio che non sia, se succede solo quando la squadra avversaria lo fa, magari meglio prendersi una pausa di riflessione. Che gli azzurri facciano quello credono, senza condizionamenti o imitazioni e possibilmente senza giudizi isterici sui social. Chi si inginocchia lo fa per protestare contro un sistema che nega la libertà e imporre il pensiero unico ululando al razzismo è esattamente il contrario».

Ecco, pensiero quasi perfetto. Manca un ultimo passaggio. È stato vero all’inizio, forse, che gli atleti si inginocchiavano per protestare. Adesso invece inginocchiarsi serve proprio a isolare il diverso, stigmatizzare chi non si piega, bastonare chi se ne frega, come dimostra il caso di Italia-Galles.

Se è vero che «la scelta è ovviamente individuale», forse sarebbe stato meglio che non si inginocchiasse nessuno.

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