
L’Italia dovrà chiedere il salvataggio all’Europa? Mediobanca vede nero (e propone una patrimoniale da 43 miliardi)
«L’Italia sta grippando, è richiesta prudenza». Così esordisce il report di Mediobanca Securities, la controllata di Londra di Mediobanca che si occupa di intermediazione finanziaria, curato dall’analista Antonio Guglielmi. E la situazione è peggiore del 1992 quando la crisi politica ed economica aveva spinto verso la svalutazione della Lira e l’uscita dallo Sme, il Sistema monetario europeo, che allora erano soluzioni possibili per fronteggiare la crisi mentre oggi non lo sono più perché l’Italia è dentro l’Euro.
NON C’È PIÙ TEMPO. Se il governo Letta non dovesse trovare una soluzione perseguibile alla crisi, tra sei mesi l’Italia potrebbe dover chiedere il salvataggio all’Unione europea, come la Grecia e Cipro. Guglielmi, per farlo capire, evidenzia come, sui mercati, il rendimento dei Btp abbia ormai superato quello dei Bot di pari durata. Un cattivo segnale. Come mai, infatti, gli operatori cominciano a chiedere un interesse minore per un Bot che dovrà essere rimborsato tra sei mesi rispetto a un Btp ventennale emesso 19 anni e sei mesi fa? Questa differenza di rendimento, spiega Guglielmi, non ha alcuna ragione di esistere a meno che i mercati non stiano facendo differenza tra i bond a rischio strutturazione (Btp) e quelli che non lo sono, come i Bot e altri strumenti di mercato monetario.
BANCAROTTA. Cosa significa? Che «gli investitori si aspettano che nei prossimi sei mesi l’Italia possa dichiarare una parziale bancarotta», commenta Stefano Feltri su Il Fatto Quotidiano. Proprio «come ha fatto la Grecia. La fuga dei grandi fondi dai Paesi mediterranei è ricominciata». In questo senso, non è un caso che lo spread sia tornato a salire. Il detonatore potrebbe essere l’imminente rischio default dell’Argentina, la possibile richiesta di un salvataggio delle banche da parte della Slovenia, la sentenza della Corte costituzionale tedesca sugli aiuti Ue o anche il fatto che non dovesse essere più immessa liquidità nel sistema.
VIA D’USCITA. E mentre i prezzi delle case cominciano a crollare, analogamente a quanto successo in Spagna, e le grandi aziende come l’Ilva si stanno invischiando in una spirale recessiva lasciando ipotizzare tristi presagi, la preoccupazione maggiore viene dallo stock di debito pubblico che ammonta a oltre 2.050 miliardi di euro e dal suo rapporto sul pil che ha superato il 130 per cento.
Per ridurlo, secondo Guglielmi, 75 miliardi di euro potrebbero essere recuperati così: 43 miliardi con una patrimoniale del 10 per cento applicata una tantum sulla fascia più ricca della popolazione; 20 miliardi dai capitali nascosti in Svizzera; 5 miliardi applicando un’aliquota maggiore sui redditi più elevati, come in Francia; 4 miliardi dal minor costo del debito; e altri 3 miliardi elevando la tassazione sulle rendite finanziarie.
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La Ue e la zona euro sono state una manna per l’Italia.