Israele-Palestina. Per la pace servono nuovi leader

Di Leone Grotti
07 Novembre 2023
L'ultimo governo di Netanyahu è diventato il campione delle colonie in Cisgiordania che rendono quasi impossibile la creazione di uno Stato palestinese. Abu Mazen è screditato e inviso tanto ai palestinesi quanto agli israeliani
Il premier di Israele, Benjamin Netanyahu, insieme al leader palestinese, Abu Mazen

Mentre a Gaza infuria la guerra, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha incontrato in Cisgiordania Mahmoud Abbas, meglio conosciuto come Abu Mazen, per offrire al presidente palestinese un ruolo politico nella Striscia, se e quando verrà liberata dal controllo dei terroristi islamici. Il leader di 87 anni ha rilanciato, spiegando che l’Autorità palestinese è pronta ad «assumersi le sue responsabilità» nella Striscia, ma solo a fronte di un accordo complessivo per la nascita di uno Stato palestinese con piena sovranità su Cisgiordania, Gerusalemme Est e Gaza. Ma chi e dove sono i leader politici, sia in Israele che in Palestina, che dovrebbero stringere un simile accordo?

I palestinesi sono stufi di Abu Mazen

Abu Mazen è a dir poco screditato e sono gli stessi abitanti della Cisgiordania a non ritenerlo un rappresentante credibile dei propri interessi. Fumatore incallito, sopravvissuto a numerosi problemi di cuore, Abu Mazen dal 15 gennaio 2005 è presidente dell’Autorità nazionale palestinese, l’organismo politico che in base agli Accordi di Oslo che lui stesso contribuì a disegnare deve governare sui territori palestinesi.

Il suo mandato è scaduto nel 2009, ma da allora ha continuato a governare senza mai indire nuove elezioni, temendo di perderle. Secondo l’ultimo sondaggio condotto dal Palestinian Center for Policy and Survey Research, l’80 per cento dei palestinesi vorrebbe che si dimettesse.

Una rilevazione del Media Center, guidato da Ghassan Khatib, ex ministro dell’Autonomia palestinese, ha rivelato che a fronte di un 53% di abitanti della Cisgiordania che non esprime alcuna preferenza, tra il restante 47% la stragrande maggioranza (18,7%) vorrebbe Hamas al comando, mentre soltanto il 7% si fida di Fatah, la fazione politica dominante dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina di cui è a capo lo stesso Abu Mazen.

Le accuse di corruzione e “collusione”

Non sono solo le accuse di corruzione e autoritarismo a rendere Abu Mazen poco appetibile per i palestinesi. Il presidente è accusato di non aver fatto nulla, anzi di aver facilitato l’espansione delle colonie israeliane in Cisgiordania.

Dopo aver perso le elezioni a Gaza nel 2006, e dopo che i funzionari dell’Anp sono stati cacciati da Hamas nel 2007, Abu Mazen ha appoggiato il blocco israeliano della Striscia, sperando che avrebbe indebolito fino alla sconfitta i terroristi islamici. Non è andata così. E l’influenza dell’Anp e del vecchio leader è andata scemando con il crescere della frustrazione dei palestinesi davanti all’espansione del controllo israeliano nella Cisgiordania.

Le ripetute uscite antisemite di Abu Mazen

Accusato in patria di essere irrilevante e un burattino nelle mani di Israele, Abu Mazen non è ben visto neanche a Tel Aviv per le sue note posizioni antisemite. Ad agosto, parlando al Consiglio rivoluzionario di Fatah, Abu Mazen ha dichiarato: «Dicono che Hitler abbia ucciso gli ebrei perché erano ebrei», ma la verità è che gli europei hanno combattuto gli ebrei «per il loro ruolo sociale e per il loro legame con l’usura e i soldi».

Il leader palestinese è anche convinto, fin dalla sua tesi di dottorato del 1982, che i sionisti abbiano collaborato con i nazisti per «orchestrare» l’Olocausto al fine di promuovere la causa della nascita di uno Stato ebraico.

Le posizioni estreme dei ministri di Netanyahu

Ci vuole molta fantasia per pensare che Abu Mazen, oggi, possa essere l’uomo giusto per raggiungere un accordo politico sulla nascita di uno Stato palestinese con Israele. Anche a Tel Aviv, però, non sembrano esserci al potere le personalità giuste.

Pur di formare l’ultimo governo Benjamin Netanyahu si è coalizzato con l’estrema destra, piena di ultrà messianici come il ministro Amichai Eliyahu, che ha appena dichiarato: «L’atomica su Gaza? È una possibilità». Aggiungendo anche che non bisogna mandare aiuti umanitari a Gaza perché «lì non ci sono innocenti».

Netanyahu e Abu Mazen sono i leader sbagliati

Come sottolineava a Tempi l’esperta dell’Ispi Anna Maria Bagaini, «Netanyahu ha inoltre permesso per mesi a Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader del Partito sionista religioso, e Itamar Ben-Gvir, leader di Potere ebraico, di alzare i toni della retorica anti-araba e di portare avanti politiche incendiarie, lasciando mano libera ai coloni».

La costruzione di nuove colonie israeliane in Cisgiordania, mai bloccata dai governi, anzi incentivata, ha reso sempre più difficile implementare gli accordi di Oslo del 1993. La presenza di circa 700 mila coloni israeliani nei territori della Cisgiordania, e dei soldati necessari a difenderli, non contribuisce solo a rendere difficile la vita palestinese in quelle aree, ma anche praticamente impossibile la nascita di uno Stato palestinese.

L’ultimo governo di Netanyahu, nei primi sei mesi di governo, ha promosso la creazione di un numero record di unità abitative nelle colonie nella Cisgiordania occupata: ben 12.855. È molto difficile, per usare un eufemismo, che Netanyahu insieme ad Abu Mazen possa condurre in porto i negoziati sulla creazione dello Stato palestinese, che sono in stallo dal 2014.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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