Israele-Hamas. La posizione della Santa Sede: «Cercare di annientare gli altri non elimina i loro diritti»

Di Redazione
25 Luglio 2014
Monsignor Tomasi, osservatore vaticano all'Onu, condanna «l'uso sproporzionato della forza» da parte dello Stato ebraico e «il lancio di missili verso la popolazione» da parte di Hamas

Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, è intervenuto mercoledì 23 luglio a Ginevra davanti al Consigli per i diritti umani dell’Onu, in occasione del voto per l’apertura di una inchiesta sui crimini compiuti dai due fronti nella guerra in corso nella Striscia di Gaza (risoluzione infine passata con 29 voti a favore, uno contrario, quello degli Stati Uniti, e 17 astenuti, tra cui tutti i paesi dell’Unione Europea, compresa l’Italia). Monsignor Tomasi ha invocato a Israele e Hamas una tregua immediata per consentire l’ingresso di aiuti umanitari in favore della popolazione colpita. Ai microfoni di Radio Vaticana, l’osservatore vaticano ha descritto le parti in causa come «due mondi che non si parlano e che cercano di trovare la soluzione dei problemi attraverso la violenza che mai porta risultati».

Riguardo alla commissione d’inchiesta incaricata dall’Onu, invece, nella stessa intervista ha riassunto la posizione della Santa Sede in questi termini: «Certamente la Commissione dovrà esaminare l’uso sproporzionato della forza che viene fatto dall’esercito d’Israele, quando distrugge, come dice, per ragioni di difesa militare (ma di fatto distrugge) case di privati e attacca strutture sanitarie, bombarda famiglie. Devono anche essere con la stessa oggettività esaminati questi gruppi palestinesi, che controllano l’utilizzo dei missili lanciati verso la popolazione civile israeliana. Quindi, il compito di questa Commissione non sarà facile. Si sono decise altre Commissioni nel passato, che non hanno veramente portato molti risultati: fanno il loro rapporto che viene comunicato ai Paesi membri delle Nazioni Unite; si riflette su questi rapporti e sulle raccomandazioni che vengono fatte, però poi l’attuazione di queste direttive rimane sempre campata in aria. Manca, infatti, mi sembra, la volontà politica di arrivare a risolvere il problema alla radice, rispettando i diritti di tutti: i diritti degli israeliani di vivere nel loro Stato in pace e sicurezza, senza essere attaccati, e il diritto dei palestinesi di avere anche loro una vita degna e poter affermare la loro identità attraverso uno Stato».

Di seguito riportiamo un articolo pubblicato ieri da Zenit in cui si dà conto delle parole pronunciate da Tomasi a Ginevra.

Tratto da Zenit.org – «La violenza non porterà da nessuna parte né ora né in futuro». Le parole pronunciate domenica scorsa dal Papa, al termine dell’Angelus, vengono rievocate da mons. Silvano Maria Tomasi nel corso dell’intervento a Ginevra, alla sessione speciale del Consiglio Onu per i diritti umani dedicata al precipitare della situazione a Gaza.

La posizione della Santa Sede è chiara, a favore di una riconciliazione che avvenga quanto prima. «La perpetrazione di ingiustizie e la violazione dei diritti umani, in particolare il diritto alla vita e a vivere in pace e sicurezza – ha detto mons. Tomasi – seminano semi freschi di odio e risentimento. Si sta consolidando una cultura della violenza, i cui frutti sono distruzione e morte. Nel lungo periodo, non ci potranno essere vincitori nella tragedia attuale, solo più sofferenza».

Sofferenza oggi acuita dall’alto numero di vittime civili. «La maggior parte delle vittime – ha detto ancora mons. Tomasi – sono civili, che dal diritto umanitario internazionale, dovrebbero essere protetti. Le Nazioni Unite stimano che circa il settanta per cento dei palestinesi uccisi sono civili innocenti». Allo stesso tempo, il presule condanna «i razzi diretti indiscriminatamente verso obiettivi civili in Israele».

L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu ha dunque scandito: «Le coscienze sono paralizzate da un clima di violenza prolungata, che cerca di imporre la soluzione attraverso l’annientamento dell’altro. Demonizzare gli altri, tuttavia, non elimina i loro diritti. Invece, la strada per il futuro, sta nel riconoscere la nostra comune umanità».

Facendo riferimento a quanto detto da papa Francesco a Betlemme durante il pellegrinaggio in Terra Santa, mons. Tomasi ha richiamato tutti ad «avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti». «La legittima aspirazione alla sicurezza, da un lato – ha proseguito il presule – e di condizioni di vita dignitose, dall’altro, con l’accesso ai normali mezzi di esistenza, come medicine, acqua e posti di lavoro, riflette un diritto umano fondamentale, senza il quale la pace è molto difficile da mantenere».

Secondo mons. Tomasi, «il peggioramento della situazione a Gaza è un richiamo incessante alla necessità di arrivare a un cessate il fuoco immediato e di avviare negoziati per una pace duratura». Mons. Tomasi cita un discorso di Papa Francesco a Betlemme nel suo pellegrinaggio in Terra Santa: «Per il bene di tutti, aveva detto il Pontefice, vi è la necessità di intensificare gli sforzi e iniziative volte a creare le condizioni di una pace stabile, basata sulla giustizia, sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sulla reciproca sicurezza. È giunto il momento per tutti di avere il coraggio della generosità e della creatività al servizio del bene, il coraggio della pace, che poggia sul riconoscimento da parte di tutti del diritto di due Stati ad esistere e a godere di pace e sicurezza entro confini internazionalmente riconosciuti».

Per questo diventa fondamentale interrompere la spirale di morte che sta dilaniando Gaza, poiché «la violenza porterà solo più sofferenza, devastazione e morte, e impedirà che la pace diventi una realtà. La strategia della violenza può essere contagiosa e diventare incontrollabile». Per combattere la violenza e le sue conseguenze negative – ha rilevato – «dobbiamo evitare di abituarci a uccidere». In un momento in cui «la brutalità è comune e le violazioni dei diritti umani sono onnipresenti, non dobbiamo diventare indifferenti, ma rispondere positivamente al fine di attenuare un conflitto che riguarda tutti noi», ha concluso mons. Tomasi.

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12 commenti

  1. Andrea

    Se i palestinesi avessero affrontato il “problema” Israele col dialogo e la tolleranza, oggi avremmo uno stato di Israele e uno di Palestina affiancati.
    Invece, dal ’48 un poi (come infatti è capitato anche in questi giorni) hanno sempre attaccato Israele con il dichiarato intento di distruggerlo.
    Gli israeliani non fanno altro che difendersi da fanatici disposti a farsi scudo dei propri bambini (d’altronde l’islam nutre un odio atavico verso gli ebrei).

    Il problema è che fino a quando uno dei due contendenti non prevarrà definitivamente sull’altro, le guerre andranno avanti…

  2. Shiva101

    Forse la sede santa dovrebbe prendere una posizione e condannare Israele dato che, fino a prova contraria, è un paese invasore responsabile di orrendi crimini di guerra..

    e invece fa sempre e solo vuota retorica che non serve a nessuno.

    1. Leo

      Non prendiamocela sempre e soltanto con la Santa Sede. Anche i fedeli di Santa Madre Chiesa hanno le loro responsabilità bevendosi come oro colato le menzogne propinate da chi controlla i media occidentali.

    2. Cisco

      @Shiva
      Tutti i paesi del mondo sono invasori, anche l’Italia ha invaso il Sudtirol. Se uno vince una una guerra ha diritto di crearsi uno stato, purché difenda i diritti delle minoranze: e’ questo il problema di Israele.

      1. Leo

        “Se uno vince una una guerra ha diritto di crearsi uno stato, purché difenda i diritti delle minoranze”

        A parte la considerazione darwiniana sulla legge del più forte e sui suoi supposti diritti, colpisce quando dici “purché difenda i diritti delle minoranze”. La dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 decise di fatto la pulizia etnica della Palestina attuata con la Nakba nel 1948 : furono distrutti 541 villaggi, 11 cittadine, 20 quartieri arabi in città a popolazione mista (come Tiberiade ed Haifa). 750.000 palestinesi, l’80 % dei residenti della Palestina storica, diventarono profughi.
        La lobby sionista internazionale praticando la pulizia etnica e facendo affluire coloni da vari paesi fece diventare la assoluta maggioranza araba una minoranza. Dire “purché difenda i diritti delle minoranze” è aggiungere la beffa al danno.

  3. Leo

    “Devono anche essere con la stessa oggettività esaminati questi gruppi palestinesi, che controllano l’utilizzo dei missili lanciati verso la popolazione civile israeliana”

    Perfetto ! Allora cominciamo ad esaminare innanzitutto come avrebbero fatto ad entrare missili lunghi tre metri e più, lanciarazzi katiuscia, tonnellate di esplosivi e materiali chimici necessari per creare i propellenti solidi di questi razzi in un campo di concentramento dove i sionisti non lasciano entrare neanche uno spillo e dove ogni centimetro quadro è controllato dalla loro sofisticatissima tecnologia militare.

    1. Remo

      Se i razzi sono “lunghi tre metri”, i tunnel in cemento armato sotto la Striscia da/per l’Egitto sono lunghi complessivamente centinaia di km.
      Magari sono passati di lì…??

      Ironie a parte, nei tunnel ci sono passati perfino dei camion, ovviamente smontati prima di entrarci e rimontati una volta riemersi.
      Un po’ di onestà intellettuale non ti farebbe male.

      1. Leo

        Sì, certamente ! Sono tunnel in cemento armato, a tripla corsia, con le colonnine SOS, le piazzole di sosta e i tunnel grill per il servizio di ristorazione. No dico, ma le hai viste le foto di questi budelli larghi 70-80 cm dove ogni tanto ci crepa qualcuno per crolli od altro ?
        Poi è uno scherzetto montare e rimontare camion, assemblare missili, lanciarazzi, etc…
        E, naturalmente, i confini di Gaza (Egitto compreso !!) sono totalmente sguarniti, o al limite si fanno sbucare al Cairo. Per le montagne di terra smosse non c’è problema : c’è già il Sinai e montagna più montagna meno….
        Certo che questi israeliani sono proprio coglioni ! Con tutti gli apparati di sorveglianza che hanno non si accorgono mai di tutto questo movimento !
        Un po’ di sano realismo non ti farebbe male.

  4. Germano

    Considerando che Hamas governa sulla Striscia perchè eletto democraticamente dal popolo palestinese, forse si dovrebbe valutare con più obiettività e sangue freddo il “dramma” delle vittime civili tra i palestinesi.
    In altre parole, chi è causa del suo mal pianga sè stesso.

    1. Cisco

      @Germano
      Per fortuna non tutti i palestinesi hanno votato Hamas, che ha preso “solo” il 57% dei seggi. Inoltre bisogna vedere se la campagna elettorale di Hamas prevedeva il lancio di missili su Israele. E infine bisogna tenere conto che sono passati più di sette anni da quelle elezioni … E bombardare scuole e rifugi di civili sarebbe un crimine anche se al potere ci fosse Hitler.

      1. Raider

        La stessa determinazione occorrerebbe, però, per difendere i cristiani cacciati via da Gaza e Cisgiordania – né più né meno come stanno facendo a Mossul con spettacolari esibizioni di gente crocifissa – perchè, ad es., una ragazza musulmana se l’intende con un giovane cristiano: è solo un esempio terra terra, a proposito di “pace in cambio di terra”: e a proposito di pace, occorrerebbe denunciare con la stessa forza il quotidiano lancio di razzi su Israele a prescindere da tregue, guerre e trattati. Invece, tutti a cominciare dal Papa, “invocano” il dialogo, divinità della chiacchiera globale, come se i cristiani fossero gente introversa che non vuole saperne di discutere come va fatto.
        Per dire come faceva Francesco – il Santo, non il Papa che ne porta il nome -, al “Gran Soldano” al-Kamil disse chiaro e tondo, vis-à-vis e senza tanti giri di parole: i crociati sono qui a farti guerra perché tu fai guerra e tormenti il tuo popolo, che è quasi tutto di fede cristiana: dunque, convertiti! E quando al-Kamil mostrò di non darsene per inteso, Francesco lo ricoprì di contumelie di cui è rimasta traccia consistente in una lettera, ma di cui a Assisi e in Vaticano si sono dimenticati o che hanno censurato.
        Ora, se noi rinunciamo a esercitare il diritto di parola e peraltro, di dialogo se ne è fatto tanto e seppure ci torcessimo la lingua prima che ci sai tagliata non sarebbe cambiato né cambierebbe nulla, non possiamo aspettarci dai musulmani maggiori riguardi di quelli che i musulmani usano nei confronti dei cristiani a Gaza, Cisgiordania e Mossul; o i francescani e Papa Francesco usano nei confronti del Santo di Assisi.

        1. Ale

          Guarda che i musulmani non stanno facendo molto per i palestinesi in questo momento.. Inoltre ti ricordo che i palestinesi sono in gran parte musulmani ma esiste una piccola parte di palestinesi cristiani, sempre che non siano morti tutti nei bombardamenti. Inoltre ci sono tanti ragazzi israeliani che stanno disertando dall’esercito per non andare a fare una carneficina che non vuole alcuno se non un pazzo di estrema destra che governa Israele e con lui la destra razzista ebraica piena di soldi e di arroganza.

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