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Intervista – Claudio Mainardi ci racconta la sua Avana in bianco e nero
Protagonista della mostra Claudio Mainardi: La Habana, la perla e l’ombra, aperta fino al prossimo 12 ottobre presso la Galleria Cavour di Padova, il fotografo veneto Claudio Mainardi (Venezia, 1947) risponde alle curiosità di tempi.it in riferimento ai suggestivi scatti in bianco e nero da lui realizzati a L’Avana da dieci anni a questa parte.
Claudio, lei è specializzato nel campo della moda e della pubblicità. Cosa l’ha spinta verso l’Avana, dove ha fotografato per circa 10 anni?
Lavoro da una vita, da 50 anni ormai, come fotografo nel campo della moda e della pubblicità, ma sono stato anche molto appassionato, da quando avevo vent’anni, ai reportage e alla street photography. Ho dovuto però mettere da parte questa passione che mi è sempre rimasta nel cuore. Nel 2001 sono stato a l’Avana per un servizio fotografico per un cliente. Mi sono innamorato del posto ed è venuta immediatamente fuori questa mia vecchia passione. Ho, dunque, pensato che avrei potuto fare un buon lavoro. Sono ripartito nel 2002 con questo progetto, e sono stato lì 5 volte, fino al 2013.
Come mai la scelta di usare il bianco e nero?
In tanti mi hanno sottolineato come l’Avana gli ricordi il colore, con i suoi graffiti e i suoi murales. Io, che son sempre stato appassionato del bianco e nero, ho deciso appunto di trattare in questo modo l’argomento, perché è modo di comunicare più intimo, che parla direttamente al cuore. A volte il colore disturba, va bene soltanto per certe cose. Il bianco e nero è più metafisico, più diretto, filtra meglio il messaggio.
La scelta monocroma fa sembrare i luoghi fotografati avvolti dal silenzio…
Esatto, sono scatti un po’ riflessivi e silenziosi. Quando si fa una fotografia, il fotografo racconta sempre un po’ di se stesso. Ho voluto quindi raccontare un’Avana autentica, non quella turistica, ma quella vera degli habaneri.
Ci sono alcuni luoghi cardinali nei suoi scatti, cosa hanno di unico?
Si tratta di quattro zone importanti dell’Avana. Il Vedano è la zona più cosmopolita, più nuova, dove ci sono grandi alberghi e supermercati e le ville degli ex cubani ricchi. Il Malecón è il lungomare, un punto cruciale molto bello e importante. La sera, quando tutto prende un colore arancio, si riempie di gente, dalle famiglie, alle coppie, che vengono intrattenuti dai gruppetti che suonano. E’ una zona molto viva che mi piace tantissimo. Poi c’è il centro, che è la parte più popolosa, dove vivono gli habanesi. E’ la parte più fragile e precaria, dove senti la vita pulsare camminando per le strade. Gli habanesi sono molto aperti, cordiali ed estroversi, amano chiacchierare, a volte ti invitano nelle loro case, e questo è bellissimo. Peccato che in centro si vedano così pochi turisti, che forse sono poco interessati alla quotidianità della gente del poso. Infine, l’Avana bieca è la parte più vecchia della città, la parte vicino al porto, quella più turistica, dove ci sono i palazzi spagnoli. La città è ben amalgamata e non c’è una distinzione netta tra zone turistiche e zone abitate. E’ una città molto particolare. Non è cuba. Può anche non piacere, a causa dei forti contrasti che le persone che arrivano dall’Europa possono trovare. In un certo modo assomiglia a Palermo: senti la vita che pulsa quando cammini per le strade e vedi quello che succede dentro le case.
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