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Intervista – Bach e Klee guidano le composizioni di Mirco Marchelli
Mirco Marchelli è un artista compositore, protagonista della mostra torinese A due voci, aperta fino al prossimo 8 novembre presso la Galleria Eventinove. La peculiarità della retrospettiva è il connubio tra creazioni contemporanee e musica, sancito da due importanti linee guida: Johann Sebastian Bach e Paul Klee. Di Bach respiriamo un forte richiamo alle sue Variazioni Goldberg, di Klee apprendiamo il suo amore per la musica: nel 1938 egli aveva, infatti, realizzato un disegno intitolato proprio A due voci, dove il concetto musicale di polifonia veniva utilizzato dal pittore, come afferma Paolo Bolpagni nel catalogo, <<come paradigma strutturale di articolazione formale e di procedure creative, attraverso la resa in termini grafici o pittorici del principio della contemporaneità dei temi o ritmi visivi diversi o autonomi>>. Ma veniamo direttamente alle parole del protagonista, che risponde alle domande di Tempi.it.
Johann Sebastian Bach e Paul Klee sono le voci del cuore della mostra, una musicale e una pittorica. Come mai questi due grandi maestri?
Già da un po’ di tempo mi occupo di opere sonanti. Questa è una mostra giocata sul doppio, dunque ho usato questi due personaggi che ci trasmettono due versioni della stessa musica attraverso due formazioni diverse. Mi rifaccio al passato e la mia scelta è venuta fuori lavorando sul trovato.
Cosa unisce in particolare Klee a Bach? Come si struttura l’allestimento?
L’amore che Klee, che era anche musicista, aveva per Bach. In questo doppio ciclo parallelo di opere pittoriche/tridimensionali e variazioni musicali parto dal tema di partenza del Goldberg per produrre 31 Arie, una diversa dall’altra, che accompagnano le 31 composizioni pitto-scultoree, realizzate con materiali molto diversi per materia, aspetto e provenienza.
Il connubio arte e musica è forse uno dei più sublimi in ambito artistico. Si pensi ai dipinti, alle sculture, persino agli antichi vasi greci, che rappresentano il momento del canto o della musica strumentale. E alle musiche che scorrono nelle nostre orecchie con la stessa leggiadria di certe pennellate sulla tela. Come viene sancita questa unione nella sua opera contemporanea?
Senza la musica non avrei mai potuto fare l’arte. Tutto il mio discorso figurativo parte dalla musica. Sono musicista, diplomato in tromba, ho fatto parecchie attività musicali. Ho suonato anche tre anni con Paolo Conte. Poi ho smesso e mi sono dato all’arte visiva. Da sempre ho cercato nelle mie composizioni da parete di trovare un discorso musicale, e anche l’istallazione delle mie opere si rifà a quello che è il mio essere musicista.
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