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Intervista – Antonino Fontana, autore di Cane Crudo, ci parla del suo romanzo
Edito da Robin Editore, il romanzo di esordio di Antonino Fontana, intitolato Cane Crudo, ci porta nel mondo di John Lee, giovane artista italo-americano, alle prese con la sua prima mostra a Milano, e della band dei Black Dogs, quattro calabresi che negli anni ’60 scimmiottavano i Beatles. La storia si svolge in soli tre giorni, un breve lasso di tempo in cui si intrecciano le vite dei protagonisti e si svelano segreti di famiglia e inspiegabili accadimenti. Abbiamo intervistato Antonino Fontana, che ci spiega nel dettaglio la genesi della sua opera.
Chi è il Cane Crudo del suo libro?
Viviamo in un’epoca molto complessa, un’epoca “cruda”: sparizione delle grandi ideologie; internet; diritti dell’uomo continuamente calpestati… Quasi percepiamo la fine della fine della cosiddetta Storia in cui sono state sperimentate migliaia di civiltà che mai hanno portato a una “pace perpetua”. Oggi, addirittura, una certa “civiltà” spara a Parigi sugli spettatori inermi del Bataclan, bombarda, distrugge la memoria del Medio Oriente, decapita gli “infedeli”, perché? Come John Lee, il giovane protagonista di Cane crudo, a volte mi sembra di cadere dentro un imbuto infinito di fatti irreali, mi sembra che la realtà sia qualcosa che non ci appartenga, qualcosa di digitale, altro che “arte del vivere”. John Lee si guarda allo specchio, nessuno lo fa più, oggi basta un selfie, un groufie, e via. Forse è meglio così. Credo che ognuno di noi sia un Cane Crudo.
Il giovane protagonista è un artista famoso: si è ispirato a qualche artista in particolare per delineare la sua figura?
Più che un artista mi ha influenzato un’opera d’arte: Quadrato nero di Malevič, l’antiselfie, il primo della Storia. Credo che quel quadrato sia il vero riflesso della società contemporanea, accessibile solo a se stessa e perennemente in posa. Forse, quel quadrato, è la vera maschera sociale. Prima di vederlo all’Ermitage, l’avevo visto mille volte stampato, ma mai mi aveva fatto lo stesso effetto che mi fece nel guardarlo tra un Kandinskij e una finestra che inquadrava San Pietroburgo, e non so perché mi fece pensare a La quiete: un paesaggio ideale, aspro e crudo, una tela del reggino Giuseppe Benassai, un pittore ottocentesco.
Quanto è importante il destino nel libro?
Non credo che nei vuoti della carne delle nostre facce ci sia scritto il nostro destino ma Paolo Marcianò, il sosia di Paul McCartney, l’anziano protagonista di Cane crudo, forse ha scambiato il suo “destino” con quello di Paul McCartney. Tutti conoscono la leggenda “Paul is dead”. Paolo è diventato Paul e Sir Paul prima uno spietato criminale e poi il numero uno della ristorazione mondiale; un esteta che non si è mai fatto mancare nulla, che ha colto la bellezza dell’esistenza, ma che continua a tenere un piede nella ‘ndrangheta. Un uomo che, dopo l’incontro con il giovane artista, comincia a piegarsi su se stesso… un uomo che comincia a sentire l’odore del suo passato, ma quale? Lui che forse ha incrociato il suo destino con quello di un altro, ma che sicuramente ha mescolato i destini di tante persone, adesso crede di essere vittima di uno scherzo di John, ma… quella realtà piatta: la fotografia che John ha trovato in casa della madre, il suo passato rappresentato, quel destino ormai speso cambia. Non c’è più neanche la certezza del passato. “Ringo Starr”, l’unico vestito di nero nella fotografia, cambia aspetto per tre volte e arbitrariamente cambia la Storia. Un’altra totale negazione della propria identità personale. Non credo che sia tutto scritto, se così fosse, la Storia avrebbe un andamento lineare. Viviamo tra due infiniti…
Come mai i Beatles sono un punto di riferimento importante?
Li ho sempre visti come qualcosa di magico, d’immateriale, d’illusorio, come la musica. Provo un’empatia che non saprei raccontare, che m’invade… Quattro rabdomanti che hanno avuto un accesso esclusivo nella zona iperuranica della musica. Ricordo la tragica morte di John Lennon, punito ingiustamente dalla Storia. Un mistero. Anche la musica è un mistero. E i Beatles, fino a quando hanno potuto, hanno amato spendersi e mettersi in gioco, ci hanno regalato uno spaccato tra le “realtà”, un quadrato polifonico, in cui andare a rinchiudersi per non sentire il suono del mondo.
Cosa ci insegnano?
Beh… che alla fine i conti non tornano mai, è scontato dirlo. È passato più di mezzo secolo dal loro esordio, è stata prodotta un’infinita letteratura, io dico che il minimo degli opposti è due; The Fab Four sono una sorta di “quaternità cristiana”, che io ho trasformato in “trinità alchemica”: The Fab Three, ho tolto “Ringo Starr”, l’unico che vestiva di nero, anzi, devo dire che continua a vestire di nero.
La pagina amara della ‘ndrangheta come viene risolta?
L’elaborata macchina criminale, sempre più influente e determinata, in Cane crudo fa da sfondo alle vicende dei due protagonisti: il giovane e l’anziano, John e Paolo. John, in pratica, sulla “giostra del male” fa quasi tre giri e al primo colpo di pistola scende. Paolo, l’ha attraversata trasversalmente, è un “pezzo forte” della strana organizzazione, forse il pezzo più forte di tutto il male che essa contiene, ma svolge anche un ruolo pubblico di alto profilo, una vera contraddizione. Quante storie simili a quelle di Paolo si leggono oggi sui giornali? Alla fine Paolo sarà giustamente punito dalla Storia, sarà ucciso da un’ombra con tre orecchie rotonde, quasi una croce nera, nella terra dove il mito è ormai muto, in quella terra di silenzi, aspra e cruda, idealizzata ne La quiete: un lago circondato da rocce grigio-bruni, senza vegetazione, quasi una monocromia che anticipa figurativamente il “forte silenzio” del Quadrato nero che ti fa pensare che l’esistenza, in generale, non abbia alcun senso e come Cane crudo è una metafora sull’illusorietà della vita.
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