Infuria la guerra del petrolio in Libia. Premier: «Affonderemo le navi straniere che fanno affari con i ribelli»

Di Redazione
10 Gennaio 2014
Se ai tempi di Muammar Gheddafi Tripoli esportava 1,5 milioni di barili al giorno, oggi ne vende appena 546 mila, un terzo

Non è esagerato parlare di guerra del petrolio in Libia. Se ai tempi di Muammar Gheddafi Tripoli esportava 1,5 milioni di barili al giorno, oggi ne vende appena 546 mila, un terzo. E c’è da preoccuparsi, se si considera che il 90 per cento dell’economia nazionale si basa proprio sull’oro nero.

RIBELLI VENDONO IL PETROLIO. Se le vendite sono crollate è a causa delle milizie ribelli, che una volta combattevano Gheddafi con l’appoggio della Nato e oggi fanno guerra al governo centrale per ottenere l’autonomia dell’est del paese.
Essendo militarmente più forti dello Stato, le milizie di Ibrahim Al Jathran hanno occupato i porti di Es Sider, Ras Lanuf e Zueitina, fondato una compagnia petrolifera indipendente (Libya Oil and Gas Corporation) e hanno offerto petrolio alle compagnie straniere con il nome altisonante di “Governo della Cirenaica“.

«AFFONDEREMO LE NAVI». Non c’è da stupirsi perciò se il premier libico Ali Zeidan ha dichiarato che «affonderà qualunque nave tenterà di comprare petrolio e attraccare nei porti occupati [dai ribelli] senza la coordinazione della [compagnia statale] National Oil Corporation».
La prova che non scherza è arrivata già lunedì scorso, quando la Marina militare ha aperto il fuoco contro una petroliera di Malta che stava cercando di raggiungere il porto di Es Sider.

IL PAESE SI SMEMBRA? Due anni e mezzo dopo la cosiddetta “Primavera araba”, il Parlamento libico ha approvato la sharia per tenere a bada le frange più estremiste e chiesto ai cristiani di andarsene dal paese, che resta allo sbando non riuscendo lo Stato a controllare le tante brigate armate presenti sul territorio. Il rischio, se non viene risolto il problema del petrolio, è che il paese sia costretto a smembrarsi in tre come chiedono i ribelli di Bengasi: la Tripolitania, la Cirenaica e il Fezzan.

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