India, si torna a parlare di pena di morte per i due marò

Di Chiara Rizzo
10 Gennaio 2014
Secondo un quotidiano, la polizia potrebbe avere l'ok del governo all'uso di una legge che prevede la pena capitale. Mauro: «In India si avvicina la campagna elettorale, ma nessun pericolo per Latorre e Girone»

Anche oggi in India si è tornato a parlare del caso dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che si trovano al momento in libertà su cauzione e risiedono all’ambasciata italiana a New Delhi. Ieri si era tenuto nella città un vertice tra i ministri indiani dell’Interno, della Giustizia e degli Esteri, per cercare una soluzione ad un intricata matassa giudiziario-diplomatica.

IL VERTICE DI IERI E LE RASSICURAZIONI ALL’ITALIA. Al centro della delicata matassa c’è un rapporto di chiusura indagini della National agency investigation, la Nia, che dovrà essere consegnato alla corte che giudica i due marò. La Nia ritiene di risultare competente nelle indagini solo invocando una particolare legge sulla pirateria, applicabile a fatti accaduti in acque internazionali come quello che coinvolge i due marò, ma che prevede come pena anche la condanna a morte: quest’ultima possibilità è stata però esclusa categoricamente dal ministro degli Esteri indiano che ha ripetutamente assicurato all’Italia che la vicenda di Latorre e Girone non rientra «tra quei rarissimi casi per cui è prevista la condanna capitale». Nel vertice di ieri il ministro degli Esteri ha ribadito ai colleghi questa posizione in modo fermo, dato che in alternativa l’India dovrebbe essere responsabile di un errore diplomatico senza precedenti, ed è poi ritornato ad assicurare l’Italia.

LA NIA VERSO LA PENA DI MORTE. Secondo quanto riportato oggi dal quotidiano Hindustan Times, che cita una fonte governativa, la Nia starebbe invece per raggiungere il via libera dal governo per invocare proprio la legge indiana sulla pirateria. L’alternativa per la Nia sarebbe risultare incompetente rispetto al reato per cui ha indagato, con la conseguenza di una brutta figura in questa prospettiva per il ministero degli Interni indiano. La Nia, sempre secondo l’Hindustan Times, nelle indagini avrebbe verificato che i due marò avrebbero sparato ai due pescatori senza prima lanciare loro alcun avvertimento: Latorre e Girone non avrebbero usato altoparlanti per intimare i pescatori di fermarsi o tornare indietro, né avrebbero sparato colpi in aria prima di colpire i due pescatori del St. Anthony. Un altro quotidiano indiano, però, il Maily today, dà una ricostruzione diversa su ciò che starebbe accadendo a livello governativo in India: anche il Maily cita una fonte investigativa secondo la quale alla Nia non è stata ancora data alcuna risposta dal governo sulla possibilità di usare la legge sulla pirateria, il Sua Act. Inoltre nella sentenza del 18 gennaio 2013, la Corte suprema aveva indicato esplicitamente i 4 strumenti e leggi che dovevano essere usati per giudicare a processo Latorre e Girone, e tra di essi non vi è il Sua Act invocato ora dalla Nia. Il ministro della Difesa italiano, Mario Mauro, ha commentato le indiscrezioni della stampa tranquillizzando sul destino dei due marò: «È evidente che la campagna elettorale in India si sta avvicinando in modo prepotente» ha detto Mauro, aggiungendo che in caso l’Italia è pronta a mostrarsi inflessibile per difendere i due marò.

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