
India, 83 donne sterilizzate in massa in cambio di otto euro. Tredici sono morte. «Le hanno trattate come bestie»
Ottantatré donne sono state «costrette» a farsi sterilizzare in massa in India e già 13 sono morte. Le donne hanno subito l’operazione per la chiusura delle tube sabato nel villaggio di Pendari, distretto di Bilaspur, nello Stato centrale di Chhattisgarh. Circa 60 di loro si sono immediatamente sentite male e attualmente 20 sono in uno stato grave, per cui si teme che il conto delle vittime aumenti.
STERILIZZAZIONE DI MASSA. La sterilizzazione non è una novità in India. Il secondo paese più popoloso del mondo dopo la Cina conta 1,27 miliardi di persone. Nel tentativo di convincere le famiglie indiane ad avere meno figli, le autorità indiane hanno lanciato campagne di sterilizzazione fin dagli anni ’70 prima degli uomini, con picchi di sei milioni di vasectomie in un solo anno. Poi è toccato alle donne. Sono stati messi in piedi dei centri di sterilizzazione, che hanno portato a questo risultato: il 37 per cento di tutte le donne sposate in India sono state sterilizzate. Nel 2011-2012 si è toccato il picco di operazioni, quando le tube sono state legate a 4,6 milioni di donne.
REGOLAMENTI VIOLATI. Il governo teoricamente ha stabilito delle regole: non è possibile sterilizzare più di 35 donne al giorno e gli strumenti per operare devono essere cambiati ogni dieci interventi. Inoltre, prima di agire, le donne devono sottoporsi a esami del sangue, delle urine, degli zuccheri e del cuore. Ma sabato nel villaggio di Pendari nessuno di questi esami è stato realizzato.
«DONNE COSTRETTE». Le autorità statali hanno promesso alle famiglie delle vittime risarcimenti altissimi pari a 407 mila rupie indiane (circa 5.300 euro), dopo aver affermato che tutto è stato fatto secondo le regole e si è trattato semplicemente di «negligenza». Ma secondo i familiari delle vittime non è così, perché le donne sono state «costrette» a partecipare alla sterilizzazione, che secondo la legge dovrebbe essere solo su base volontaria.
«AMMASSATE COME BESTIAME». Nem Bai aveva partorito un bambino neanche una settimana prima dell’operazione. La famiglia si è rifiutata di farla sterilizzare ma alla fine ha «ceduto alle pressioni dei responsabili sanitari locali». Il cognato di Nem Bai ha dichiarato al giornale locale Indian Express: «L’hanno presa senza il suo permesso. Abbiamo detto loro più volte che aveva appena partorito ma non ci hanno ascoltato. Ci hanno detto: “Non succederà niente, è un’operazione minore”. Le hanno ammassate come si fa con il bestiame».
«QUOTE FISSATE DAL GOVERNO». Nem Bai, insieme ad altre 12 donne, ora è morta. Tutto perché bisogna rispettare le «quote»: «È così, le autorità fissano delle quote per impressionare il governo centrale o le agenzie internazionali che danno fondi», dichiara alla Bbc il ginecologo e attivista indiano Puneet Bedi. «Il governo è ossessionato dalla pianificazione familiare e inganna le donne: dice che è una passeggiata ma non è così perché le cure sono inadeguate. Spesso i chirurghi non sono qualificati e dopo l’operazione le pazienti non vengono seguite».
TUTTO PER OTTO EURO. Il modo più semplice per «obbligare» le donne a farsi sterilizzare è l’offerta di un compenso. Alle 83 donne di Pendari erano state offerte 600 rupie, pari ad appena 7 euro e 80 centesimi. Ma in una zona poverissima dell’India dove si vive con meno di 20 rupie al giorno, anche una cifra così bassa è irrinunciabile da parte delle donne. Gli operatori sanitari e i chirurghi, poi, sono incentivati a violare i regolamenti e fare più interventi possibile: i primi guadagnano 150 rupie per ogni donna operata (meno di due euro), i chirurghi 75 rupie (meno di un euro), gli anestesisti 25 rupie (30 centesimi). Se l’anestesista non c’è, il chirurgo intasca anche le sue 25 rupie.
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9 commenti
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Si ma il collegamento con l’altro c’è a livello concettuale
Beh, per esserci c’è davvero: è quello di chi crede che nel mondo ci sarà più benessere proporzionalmente al numero di donne sterilizzare. Amici tuoi, beninteso.
Alla non buona Lena mancano i concetti, non solo quelli, ma quelli di sicuro: per il resto, ha tutto per sentirsi garantita nella sua preziosa “integrità.”
Veramente si tratta di steriizzazione non di aborto e lo si fa per la stessa salvezza della vita e del benessere umano sul pianeta. Quanto a queste morti l’Oms non c’entra niente, questi sono abusi e cattivo funzionamento deidei
dei servizi sanitari del luogo, in quei paesi gli ospefali uccidono più delle malattie
Vorrei capire dove hai letto dell’Oms in questo articolo. Ma forse lo immagino: tutta presa dalla voglia di sbavare rabbia contro noialtri e contro coloro che minacciano il tuo (comodo) benessere, non ti sei neppure accorta che l’articolo è un altro. Mischinedda.
Siciliano pure lei, Sebastiano! Siamo in tre, noi due più Toni. La cosa mi fa piacere, anche perché non si nota lo stesso attivismo e combattività nella nostra Chiesa. E non perché i nemici della Chiesa stiano a guardare. Si vede che “Tempi” è uno spazio di espressione e di vitalità che le Chiese locali (e non solo…) non sempre riescono a valorizzare. (Qualche volta, se si può dirlo almeno a “Tempi”, sembra lo mortifichino.)
No, sardo. Come Su Connottu.
Fortza Paris.
Non sapevo diceste pure voi mischinedda, il vostro, anzi, i vostri dialetti, anzi, la lingua sarda è piena di sorprese. Fortza Paris!
Ho difficoltà a fissare le mie risposte su Tempi. Comunque il disgusto per come vengono trattate le persone resta. E tutto in nome dell’aborto.