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La fine della vita e il suo fine

Di Roberto Colombo
07 Gennaio 2024
Qual è il compito della medicina? Davvero il criterio ultimo delle nostre scelte è evitare la sofferenza? La vicenda di Indy Gregory non è stato l’ennesimo “caso” di cui dibattere, ma un fatto di carne e ossa e anima che costringe a prendere posizione
Affetta da una rara malattia congenita inguaribile, Indi Gregory (nella foto tra le braccia di sua madre Clare) è morta il 13 novembre dopo che l’Alta Corte ha stabilito la sospensione dei trattamenti vitali chiudendo la con-troversia tra l’ospedale che l’aveva in cura e i genitori
Affetta da una rara malattia congenita inguaribile, Indi Gregory (nella foto tra le braccia di sua madre Clare) è morta il 13 novembre dopo che l’Alta Corte ha stabilito la sospensione dei trattamenti vitali chiudendo la con-troversia tra l’ospedale che l’aveva in cura e i genitori (foto Ansa)

La morte di Indi Gregory, la bambina affetta da aciduria combinata D,L-2-idrossiglutarica (D2L2AD), un difetto rarissimo del metabolismo energetico aerobico, non ha chiuso la dolorosa controversia sanitario-assistenziale e giurisdizionale che è bruciata attorno a lei dentro e fuori il Regno Unito. All’opposto, ha riacceso potenti domande su quello che la vita di un figlio è per i suoi genitori e quello che la vita di un malato è per i medici e gli infermieri che lo hanno in cura. Quello che “è” dinnanzi a me e per me, prima di quello che “chiede a me”.
L’essere genitori o medici non è un ruolo, un ufficio cui corrispondono diritti e doveri (spesso tra loro confliggenti), ma una relazione che impegna l’esistenza e la sua libertà-responsabilità in un rapporto che sfida il cuore della nostra vita. Un rapporto esigente, cioè che fa uscire allo scoperto il nostro “io” (ex-àgere, “tirare fuori”), che mi interpella, incalza.
La vita di una bambina inguaribile (figlia o paziente che ...

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