Incontro Cl. «La guerra inizia quando cancelliamo il volto dell’altro»

Di Emanuele Boffi
12 Maggio 2022
Convegno ieri a Milano organizzato da Comunione e liberazione sul conflitto in Ucraina e il libro di papa Francesco. Interventi e testimonianze
Kiev, Ucraina, 26 febbraio 2022
Kiev, Ucraina, 26 febbraio 2022

Milano, Aula magna dell’Università degli Studi Bicocca. È questa la sede dove ieri si è svolto il convegno “Il coraggio di costruire la pace”, organizzato da Comunione e liberazione, occasione per discutere del conflitto in Ucraina e presentare il libro Contro la guerra di papa Francesco.

Un incontro, come ricordato da Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Cl, che «è un segno, la testimonianza di un segno di verità, che non è solo un buon esempio. Perché la pace invocata da papa Francesco non è una pia illusione, ma è una strada possibile, qualcosa che sta già avvenendo». Certo, parlare di pace mentre tuonano i cannoni non è facile, tutto sembra dire il contrario, ma Prosperi ha invitato a guardare e ad ascoltare quelle testimonianze che ci dicono il contrario, quelle esperienze in cui viene riscoperto il «volto dell’altro», fattore discriminante che interrompe «le urla di guerra» e fa «intonare canti di pace».

Si sta facendo di tutto per la pace?

Così ieri, di fronte ad una platea per la gran parte composta da giovani, si sono susseguite testimonianze di vario genere e tono. Dopo i saluti della professoressa Giovanna Iannantuoni, rettrice dell’Ateneo milanese, e del responsabile editoriale di Lev, Lorenzo Fazzini, c’è stato l’intervento del vaticanista del Corriere della Sera, Gian Guido Vecchi, che ha sottolineato come l’orizzonte del libro del Papa «sia più ampio della cronaca stretta e si comprenda solo all’interno della logica evangelica» e quello di Andrea Tornielli, giornalista e direttore editoriale del Dicastero della Comunicazione della Santa Sede, che ha messo in evidenza l’importanza della frase del Pontefice «l’oltre di Dio ci rimanda all’altro del fratello». Un concetto che, ha detto Tornielli, è il punto focale della posizione della Santa Sede: «La guerra inizia quando cancelliamo il volto dell’altro».

Tornielli ha raccontato il suo disagio per le polemiche scoppiate in seguito alla presenza delle due donne, una ucraina e una russa, alla Via Crucis al Colosseo («come possiamo essere fratelli se non sotto la croce?») e le difficoltà, anche in Vaticano, dei rapporti tra personale russo e ucraino. Ma ha ribadito che «la posizione di Bergoglio è profondamente realista, non utopica. Il diritto alla difesa è legittimo, ma, come insegna il Catechismo, deve essere sottoposto a “strette condizioni”. Il Papa non è equidistante, i suoi gesti lo dicono in maniera chiara, ma la sua logica non è quella del mondo. Andatevi a rileggere le parole pronunciate al regina Coeli del 1° maggio. Si chiede Francesco: si sta facendo di tutto per ricercare la pace? No, non si sta facendo, va fatto di più. E ora solo il Vaticano, e non l’Onu, ce lo ricorda».

Gli altri sono un “volto”

Quindi tre testimonianze, secondo tre angolature diverse. Quella di Giovanna Parravicini, ricercatrice della Fondazione Russia Cristiana, che ha racconta come in Russia, pur in presenza di una larga maggioranza di persone disinformate cui da anni i media controllati dal regime hanno inculcato certe idee, c’è una piccola minoranza «che cerca di lavorare e costruire». Sono questi “io” che «diventano costruttori di un popolo. Persone per le quali gli altri sono un “volto”. È su queste basi che si può costruire il perdono».

La seconda testimonianza è stata di Elena Mazzola, presidente della ong ucraina Emmaus a Kharkiv, dove si accolgono «ragazzi vulnerabili, orfani e disabili abbandonati, che hanno già fatto esperienza del male» e che ora si trovano in Italia. «Per me parlare di pace oggi non è facile, mentre ci sono i miei amici che muoiono a causa della guerra. Mi pare una parola prematura, ora che c’è l’esigenza di difendersi», ha detto Mazzola. «Però – ha proseguito – non voglio rimanere incastrata nella logica della guerra e così capisco che sono io oggi, in prima persona, a dover “decidere” per la pace nella mia quotidianità. Oggi dire “perdono” è difficile, ma quando sento parlare monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo di Mosca, capisco che per lui non è una parola vuota, che lui sa tenere conto del mio dolore e del dolore del popolo ucraino. E così papa Francesco, che è capace di accompagnare le sue esortazioni sulla pace ad uno sguardo di grande compassione per l’uomo».

Infine ha parlato Luca Sommacal, presidente dell’Associazione Famiglie per l’Accoglienza, il quale, oltre a raccontare le storie di chi ha aperto casa ai rifugiati (Tempi lo ha intervistato qui), ha detto che «ogni gesto di accoglienza ha per orizzonte il mondo»: «Non si è eroi ogni tanto, ma testimoni tutti i giorni. Non basta un letto e un rifugio, occorre coinvolgere in una vita».

Una radice ben precisa

L’ultimo intervento è stato di monsignor Paolo Martinelli, vescovo ausiliare della Diocesi di Milano, recentemente incaricato dal Pontefice al Vicariato dell’Arabia meridionale. Martinelli, ripercorrendo alcuni passi del libro, ha sottolineato che «la guerra è sempre una sconfitta per tutti i soggetti in campo» e che «l’alternativa alla guerra è la conversione alla fratellanza universale».

Da questo punto di vista, «le religioni possono e devono dare un loro contributo, innanzitutto evitando di strumentalizzare il nome di Dio. Papa Francesco ci ricorda la sacralità radicale di ogni persona e che la sua radice ben precisa è la paternità di Dio rivelataci da Gesù Cristo. Questa è una verità donata, che sta anche quando non è riconosciuta».

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