In Trentino è venuto giù il muro cattoprogressista

Di Emanuele Boffi
24 Ottobre 2018
La culla dell'alleanza tra la sinistra e la Chiesa è andata in frantumi. La Lega, stando ferma, ha dovuto solo lucrare sugli attacchi boomerang dei suoi avversari

“Dopo vent’anni si volta pagina” titola oggi il quotidiano trentino l’Adige nel dare conto del voto appena svoltosi nella provincia autonoma.

«Per capire il cambiamento netto avvenuto con il voto di domenica basta guardare i nomi degli eletti per la Lega e per l’ex centrosinistra autonomista. Dei quattordici nuovi consiglieri leghisti, sei sono donne, i più sono giovani o giovanissimi, uno solo era già in consiglio prima. Tra i dodici eletti della maggioranza uscente (frantumata e divisa) tre sole sono donne (una per il rotto della cuffia), nessun giovane, dieci consiglieri uscenti o veterani della politica. Il resto era già tutto noto, come da copione».

Effettivamente, è stato un terremoto, per il verificarsi di due diversi fenomeni sui quali vale la pena di soffermarsi in una breve analisi: la caduta del muro cattoprogressista e l’exploit della Lega di Salvini.

LA CULLA DEL CATTOPROGRESSISMO

Trento è sempre stato il laboratorio del cattolicesimo di sinistra. A Trento è nata la prima facoltà di Sociologia dove si formò il brigatista Renato Curcio, facoltà voluta e sponsorizzata dal democristiano Bruno Kessler, per quattordici anni presidente della provincia, grande fautore dell’alleanza tra sinistra e cattolici. A Trento sono venuti a insegnare i fratelli Prodi, Romano e Paolo. Nel seminario della città si è formata tanta della classe dirigente della sinistra, uomini che – una volta abbandonata la vocazione religiosa – si sono buttati nell’agone pubblico, ma sempre e solo da una parte, quella sinistra (Mauro Paissan, per dirne uno). Della provincia di Trento è originario padre Alex Zanotelli, campione del cattolicesimo no global e portato in palmo di mano dalla stampa di sinistra come esempio di Chiesa aperta, conciliante, pauperista. Trento, infine, è stato negli ultimi anni il regno di Lorenzo Dellai, uomo della Margherita finito negli ultimi anni nell’orbita di Mario Monti.

CATTOLICI CON ANTICLERICALI

Insomma, il Trentino è sempre stata la provincia dove l’alleanza tra la Chiesa e la sinistra funzionava, dava risultati. Un’alleanza che all’ultimo giro ha provato a giocarsi la carta Giorgio Tonini, cattolico ex presidente Fuci, che negli ultimi anni si è distinto per le sue battaglie contro la Legge 40 (Pma) e come estensore della legge Cirinnà sulle unioni civili. Ma se Tonini era il portabandiera, le sue truppe erano composte da un mondo variegato che delle istanze cattoliche poco si curava, quando non era apertamente ostile (simbolico il caso di Paolo Zanella, ex presidente dell’Arcigay locale).

CANNIBALIZZATI E PERDENTI

Ecco, questo mondo si è dissolto. Il Pd è passato in Trentino dal 22,7 al 13,9 per cento. È passato dai 52 mila voti del 2013 ai 35.000 di oggi. Perché? Perché sono venute meno entrambe le chiese, quella di sinistra e quella cattolica. La seconda, in particolare, rinnegando la propria specificità ha finito per non contare più nulla, cannibalizzata dal partito, cui si è svenduta. Non è un caso che, se si vanno a spulciare i curriculum degli eletti, di persone provenienti dal mondo delle parrocchie o dei movimenti, non ve ne sia più nemmeno uno.

FENOMENO LEGA

Sul fronte opposto, la Lega ha fatto il pieno, passando dal 6,22 al 27 per cento. Ormai è chiaro, il partito unico del centrodestra lo ha fatto Matteo Salvini, in fondo senza nemmeno troppa fatica. Gli è bastato insistere sul tema della sicurezza, sottovalutato dai suoi avversari, troppo impegnati ad accusare i leghisti di essere razzisti e omofobi. Anzi, la Lega ha potuto lucrare consensi proprio grazie agli attacchi dei suoi rivali, rivelatisi, nei fatti, dei boomerang. Anche perché il candidato del centrodestra, Maurizio Fugatti (in foto con Salvini), è tutto fuorché un estremista: ragionevole, moderato nei toni, pacato. E la gente se ne è accorta.
Nel caso del Trentino è proprio il caso di dire che i migliori alleati della Lega sono stati i suoi avversari. Più la attaccano, più cresce. Salvini lo ha capito da un pezzo, dalle parti del Pd non ancora.

Foto Ansa

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