In Occidente i filo-jihadisti possono trovarsi ovunque. «Sono schegge impazzite. Difficile fare prevenzione»

Di Chiara Rizzo
24 Ottobre 2014
I terroristi canadesi e molti altri come loro. «Adottano l'ideologia jihadista e compiono attentati nelle modalità più semplici». Le difficoltà dell'intelligence. Intervista all'esperto Lorenzo Vidino

Michael Bibeau e Martin Rouleau, i due terroristi che l’altro giorno e il 20 ottobre hanno compiuto attentati in Canada, sembrano l’incarnazione dell’identikit dei nuovi jihadisti descritto dall’islamista Lorenzo Vidino, nel suo ebook edito da Ispi Il jihadismo autoctono in Italia. «Dai primissimi dati che abbiamo a disposizione tramite i media, sembrano ritrarre il profilo del jihadismo autoctono che ho descritto: soprattutto Bibeau».

Che caratteristiche rintraccia in comune tra i due e gli altri jihadisti che hanno colpito in Occidente o che, partiti dall’Europa, si sono arruolati nell’Isis?
Sono tutti soggetti che vivono a casa propria. Si tratta di immigrati di seconda generazione, o di occidentali convertiti come Bibeau. Alcuni hanno contatti attivi, ma molti altri no, in ogni caso restano indipendenti dal punto di vista operativo. Adottano l’ideologia jihadista e poi decidono di compiere un attentato nelle modalità più semplici per loro e a portata di mano. Ricordiamo che le modalità di questi attentati sono già in uso da anni. Nel 2001 l’imbianchino Domenico Quaranta, un agrigentino che si era convertito all’islam mentre si trovava in carcere, durante l’invasione Usa in Afghanistan, organizzò un attentato molto primitivo facendo esplodere una bombola davanti al Templio della Vittoria, lasciando un lenzuolo con la scritta «Giù le mani dall’islam». A questo, seguirono altri due attentati del genere ad Agrigento, e poi un altro nella metropolitana milanese del duomo: alla fine Quaranta fu arrestato. Era un lupo solitario, più o meno come Mohamed Game che si è fatto saltare davanti alla caserma di Milano. Tutti e due ricordano le modalità usate in Canada negli ultimi giorni.

Michael-Bibeau
La presunta foto di Bibeau twittata da Isis

Sia a Rouleau che a Bibeau le autorità avevano ritirato i passaporti, perché entrambi erano in partenza per la Siria dove volevano combattere. Perché non sono stati arrestati?
L’intelligence può fare molto poco. I dirigenti della polizia canadese oggi dicono esattamente questo: negli Stati democratici ci sono dei principi di diritto davanti ai quali l’intelligence si deve fermare. Ciò avviene anche in Italia o in altri paesi europei: se le intelligence sono a conoscenza di soggetti che si attivano per andare a combattere in Siria, non li possono arrestare perché il partire per un altro paese, compresa la Siria, di per sé non costituisce un reato. Si può punire qualcuno con l’arresto solo se si dimostra che è legato a questi gruppi terroristici. In Italia, ad esempio, per ora la legge consente di intervenire solo su chi recluta, ma non su chi è stato reclutato. Si possono applicare in Occidente solo misure amministrative come la revoca del passaporto, ma per arrestare sono giustamente necessarie prove da presentare anche davanti ad un giudice. È l’arma a doppio taglio di un paese di diritto e democratico. Nessuno può stravolgere queste regole e non si possono monitorare fisicamente o nello spazio virtuale centinaia o migliaia di soggetti: l’intelligence si trova a dover selezionare i soggetti da attenzionare, in base alle loro frequentazioni o ai loro modi di fare.

In Gran Bretagna giorni fa sono stati arrestati due soggetti, che venivano monitorati e intercettati da tempo, perché sulla loro auto trasportavano armi con cui volevano compiere un attentato. Questo tipo di arresti è solo fortuito o è replicabile?
Sì, è una cosa certamente replicabile e in questo momento si effettuano decine di arresti che hanno permesso di prevenire attentati. Ma, d’altra parte, ricordo che abbiamo la maggior parte dei soggetti che tornano dal campo di battaglia ancora a piede libero. In Belgio sono tornati almeno 95 ex jihadisti. Ma solo una decina di queste persone sono stati arrestate. La difficoltà è dimostrare che in Siria queste persone hanno combattuto, e dimostrarlo con prove sufficienti da un punto di vista legale. Avere simpatie jihadiste o andare in Siria di per sé non è un reato. Così ci troviamo davanti al via vai di molti soggetti e le autorità rimangono impotenti.

Cosa può fare l’intelligence occidentale, o i governi, per mettersi al sicuro dagli attentati?
Ci sono una serie di misure che vengono discusse. Non esiste un unico strumento. Serve maggiore cooperazione, l’intelligence sharing: è chiaro che paesi come la Turchia o la Siria di Assad hanno informazioni che possono aiutare l’Occidente, e ottenere queste informazioni ci può aiutare. In secondo luogo, serve aggiornare gli strumenti normativi: in Italia va introdotto il reato anche per chi è reclutato. In terzo luogo, secondo me bisognerebbe togliere il passaporto del tutto a questi soggetti che partono, lasciarli senza una patria. Ma il problema sussiste. Inevitabilmente.

Quali paesi secondo lei, se ha avuto modo di consultare le sue fonti di intelligence, oggi restano più a rischio?
In Occidente restano a rischio soprattutto paesi come Inghilterra, Francia e Stati Uniti. Ma i soggetti particolarmente radicalizzati possono trovarsi dappertutto. È un terrorismo talmente spontaneo, poco strategico e fatto da schegge impazzite, che è di difficile prevenzione.

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4 commenti

  1. Raider

    E ora, ci si mette pure il Berlusca, con lo jus soli che, temperato o a presa rapida, può andar bene quando non è compromesso l’equilibrio demografico, diciamolo puro, etnico e razziale di una nazione, la sua identità culturale, il suo patrimonio storico, le sue tradizoni religiose, la sua sicurezza interna e autonomia in politica estera, senza dover fare i conti con masse di immigrati di una, due o tre generazioni, più quelli in continuo afflusso, che possono non gradire certe scelte di governo e condizionarle politicamente e contrastarle terroristicamente, perché mettono l’appartenenza alla comunità islamica, la fedeltà alle loro tradizioni e la lealtà ai Paesi d’origine prima della cittadinanza garantita per diritto di nascita da questi imbecilli che abbiamo al potere.
    B. si è messo in testa di fare il reggicoda del multiculturalismo eurocratico contro gli interessi, i valori e l’identità dei popoli europei; anzi, contro i concetti – oh quanto discriminatori! – di “identità” e di “popoli europei”. Gli stanno bene i nuovi arrivati: e più sono, meglio è. B. è un traditore come tutti gli altri. Non si presenti più a dire che ama l’Italia! Io l’ho votato per ventanni, difendendo lui e il suo Partito, esponendomi a prevaricazioni, attacchi sul piano personale, mobbing e discriminazioni di ogni genere nel mio ambiente di lavoro e nella mia città, vedendomi accusato, in quanto berlusconiano, di essere uno in combutta con i potenti, di essere a favore di concussione, corruzione, evasione fiscale, mafia (non dirado, accusato di tuto questo proprio da gente che rientrava in una o più o tutte queste categorie, come ho constatato nel tempo): e di esserlo in quanto “antropologicamente inferiore” e per interessi sordidi, per una “mentalità” e cultura da affarista (!), per soldi all’estero e in cambio della protezione politica e della benevolenza degli alti papaveri del(l’inesistente) regime berlusconiano, in loco e a Roma!
    E ora? Mi sento dire che “l’Italia che amo” non esiste, che non è mai esista e a ogni buon conto, che è meglio che non esista e comunque, atnto che cesserà di esistere. Che i sacrifici che mi sono richiesti come cittadino devono servire a consegnare chiavi in mano un Paese a gente che non ha nulla a che fare con le generazioni di italiani che si sono sacrificati e hanno vissuto in questo Paese: certo, non per darlo a B., all’Ue e a immigrati che, con operazioni alla Mare Nostrum, paghiamo perché ci invadano.
    E quindi, ecco perché voterò, per quello che valgono le elezioni in un regime a sovranità confiscata e finché non si decidono a permettere che la farsa elettiva si svolga, per la Lega Nord o per FdI.
    Mai più B.! Mai più F(orza) I(mmigrazione)!

  2. Orazio Pecci

    Bisognerebbe anche riflettere che questi sono i frutti velenosi di una “integrazione” di cartapesta, portata avanti nel nome di un preteso multiculturalismo che non esiste e non può esistere. E’ evidente che odiare quello che siamo, buttare nella spazzatura le nostre tradizioni popolari, i nostri menù, la nostra cultura, le nostre usanze non è il mezzo migliore per convincere gli “altri” a volerci bene o educare al rispetto reciproco. Al massimo si creano dei disperati disadattati di tutte le etnie, i quali alla disperata ricerca di qualcosa in cui credere e di cui essere orgogliosi finiscono per buttarsi in braccio alle peggiori illusioni.

    1. frank

      concordo pienamente con Orazio. Stiamo inseguendo una ideologia di rimescolamento delle persone che porterà solo disastri.

  3. Filippo81

    E continuando ad importare falsi “profughi” il numero delle schegge impazzite può solo crescere.

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