
In Coppa Africa vince la Nigeria. Perché non sempre le “favole” battono i progetti
Ok, forse questa vittoria delle Super Aquile non sarà piaciuta a tutti. La diretta concorrente alla conquista della Coppa Africa, il Burkina Faso, godeva del favore di tanti appassionati sportivi, speranzosi di poter vedere l’ex-Alto Volta trionfare e diventare la nuova favola del calcio africano, con giocatori semisconosciuti e poco impegnati in Europa a rappresentare una nazione tra le più povere al mondo. Ma del paradigma del “Davide vs Golia” forse si è abusato troppo, e a leggere i commenti apparsi qua e là la Nigeria sembra il Barcellona del Continente Nero, se non addirittura una novella Svizzera dell’economia africana. Ma la cavalcata trionfale dei ragazzi di Stephen Keshi ha alcuni tratti salienti su cui vale la pena soffermarsi, fatti di scelte azzardate ma vincenti, partite sudatissime e progetti virtuosi seguiti alla regola.
UNO DEI POCHI TECNICI AFRICANI. Il primo aspetto è proprio legato al nome del giovane tecnico nigeriano, da ieri unico africano ad aver vinto questo trofeo sia da tecnico che da allenatore, insieme all’egiziano Mahmoud El-Gohary. Era lui il capitano della squadra che 19 anni fa mise per l’ultima volta le mani su quella Coppa: era un gruppo straordinario, che fu protagonista anche ai Mondiali di Usa ’94, eliminati solo dall’Italia agli Ottavi di finale. Keshi da quel gruppo ha portato alla squadra di oggi orgoglio, grinta e carattere, e ha saputo disciplinare nel migliore dei modi una nazione che produce una gran quantità di talenti calcistici esportati in Europa, ma non puntando esclusivamente sui tanti nigeriani in giro per i campionati del Vecchio Continente, bensì facendo spazio ad alcuni ragazzi del campionato locale. È un trend singolare, che privilegia alcuni tecnici africani (di solito messi da parte per far spazio a guide europee) in un momento in cui la Coppa Africa riscuote sempre meno interesse tra i calciatori impegnati fuori dal Continente Nero. Così c’è gente come Keshi, o Appiah del Ghana, che conoscono a meraviglia le leghe locali, sanno chi sono i giocatori validi, quali quelli interessati a mollare l’Europa a gennaio per andare a rappresentare sul serio le proprie terre, e così si arrischiano in scelte non certo facili, ma che alla lunga pagano.
GIOVANI SCONOSCIUTI. Così le Super Aquile si sono presentate con un gruppo molto giovane e affiatato, emblematizzato alla perfezione da Sunday Mba, centrocampista 24enne che ha deciso la finale ieri sera contro il Burkina Faso: rete pregevole, frutto di velocità, classe e convinzione, siglata da un ragazzo che in Nazionale c’è da poco tempo, e che proviene niente meno che dai Warri Wolves. Oppure i difensori Oboabona, del Sunshine Stars, e Omeruo, ’93 arrivato da poco agli olandesi del Den Haag dalle giovanili del Chelsea. Ha avuto coraggio Keshi a puntare su questi giovani, in una finale in cui gli mancava pure Emenike, punta classe 1987 in forza allo Spartak Mosca, infortunatosi nella semifinale col Mali e sostituito dal “veterano” (28 anni) Uche. Per il resto in squadra c’erano tante facce conosciute dei nostri campionati, come Obi Mikel, Enyeama, Moses, il laziale Onazi. Ha scelto loro Kechi, al posto di gente come Odemwingie, Oba Oba Martins, l’intersita Obi, Ameobi, Taiwo, Obinna… Ma la tattica è sembrata quella giusta: valorizzare chi aveva voglia di vestire la maglia delle Super Aquile e dare una possibilità anche a tanti giovani sconosciuti di grande valore. E la vittoria di ieri sera ha dato ragione al vecchio capitano.
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