In America è ancora sempre Biden vs. Trump

Di Massimiliano Herber
08 Settembre 2022
Piccola guida alle (ennesime) "elezioni più importanti della storia americana", quelle di Midterm, per evitare luoghi comuni e titoloni dei giornali e sapere dove guardare
Midterm Trump

Midterm Trump

Negli Stati Uniti il fine settimana del Labor Day segna la fine dell’estate. Finite le vacanze, inizia ufficialmente il conto alla rovescia verso le elezioni di metà mandato. Ai sessanta giorni di campagna, luglio e agosto hanno consegnato gli immancabili tormentoni estivi – la rinascita del vecchio Joe e il blitz dell’FBI a casa dell’ex Presidente – ma prima di lasciarsi cullare al ritmo dei titoloni dei giornali è bene ricordare che, come declamava Robert Frost, è sempre meglio prendere la strada meno battuta.

L’importanza del centro e la risalita di Biden

Fuggire gli estremi. Il rinnovo del congresso non è un derby tra lo sdegno per i diritti a rischio dopo la sentenza della Corte Suprema sull’aborto e la rabbia dei supporter di Trump per lesa maestà dopo la perquisizione a Mar A Lago. Ci vogliono candidati e organizzazione. Quattro anni fa le Midterm fecero conoscere al mondo Alexandria Ocasio Cortez e le altre candidate della sinistra radicale, ma i Democratici riconquistarono 41 seggi grazie ai numerosi candidati centristi e assai meno mediatizzati con proposte moderate e campagne di prossimità. Anche negli Stati Uniti le elezioni si vincono al centro. Joe Biden docet.

“It’s the economy, stupid”. L’abusatissimo mantra del consigliere di Bill Clinton vale sempre più del tifo partitico. Dalla caduta di Kabul è stata tutta una cronaca della sconfitta annunciata del partito del presidente: la gestione della pandemia, la lentezza della catena di approvvigionamento, la sottovalutazione dell’inflazione, la visione guerrafondaia del conflitto in Ucraina e il sommarsi di gaffe e di segnali di senilità… Dopo il solstizio d’estate il prezzo della benzina ha iniziato a scendere, l’inflazione dà segnali di rallentamento, l’economia pare non aver perso lo slancio post Covid e così, proprio quando i suoi si allarmavano su quale cavallo puntare nel 2024, Joe Biden è tornato a risalire nelle preferenze degli americani. Il requiem presidenziale può attendere.

Midterm, un referendum su Trump più che su Biden

L’esca di Biden. Le elezioni di metà mandato sono un test per il presidente in carica, quasi sempre un bagno di realismo elettorale dopo la sbornia della vittoria alle presidenziali. Per Biden la luna di miele con i suoi elettori del 2020 è finita da un pezzo; lui lo sa e in vista di novembre ha messo sul tavolo l’ombra del bis di due anni fa. Nelle ultime uscite l’inquilino della Casa Bianca non fa che stuzzicare il suo predecessore, ricordando come Trump e i seguaci dell’ideologia MAGA, “Make America Great Again”, siano una minaccia per la democrazia a stelle e strisce. Le Midterm sono ancora e sempre un referendum su The Donald

Il rischio della griffe Trump. Dal giorno dopo l’addio alla Casa Bianca Donald Trump non ha fatto mistero delle sue intenzioni: vuole continuare a essere l’uomo del destino dei repubblicani, lasciando aleggiare una ricandidatura tra due anni e ipotecando un’eventuale nomination. L’ha fatto dando la sua benedizione a oltre 200 candidati conservatori che sposavano la sua tesi delle presidenziali rubate. Alle primarie, tra aspiranti governatori, senatori e deputati, il 92 per cento di quelli griffati Trump ha vinto. Parrebbe l’anticipo di un trionfo, ma osservando nel dettaglio si scopre che sebbene i candidati trumpiani vincano, raramente superano il 30 percento dei consensi repubblicani. Paiono una maggioranza, non sono la maggioranza assoluta.

Chi perde le Midterm vince le presidenziali? Nì

La cautela di Mitch. Con cinico realismo lo storico leader repubblicano al Senato, Mitch McConnell, non ha mai completamente voltato le spalle a Trump, ma ora non nasconde la sua preoccupazione per la caratterizzazione trumpiana dell’appuntamento di novembre. Da un lato per ragioni finanziarie – la base tende a sostenere economicamente Trump e non il partito! –, dall’altro perché i candidati di Trump negli stati più contesi paiono fragili. Settimana scorsa, McConnell ha ammesso di non dare per scontata una vittoria dei suoi al Senato e i sondaggisti hanno corretto le previsioni primaverili che davano i Democratici perdenti alla Camera dei Deputati. Il Great Old Party ha perso il voto popolare nel 2016, il controllo della Camera nel 2018, le Presidenziali nel 2020 e il Senato a gennaio 2021. Il vecchio Mitch ha buona memoria e più di una ragione per preoccuparsi della trumpizzazione delle elezioni.

Midterm con vista 2024. Chi perde le elezioni di metà mandato, vince le presidenziali. Prima dell’estate tutti a ripetere un’altra facile formula magica democratica, forte dei precedenti di Clinton nel 1994 e Obama nel 2010.  Ma da qualsiasi parte si osservi l’appuntamento di novembre, non è avventato affermare che le urne anticiperanno quella che sarà – o non sarà – la sfida tra due anni.

Non succede, ma se succede…

Una vittoria GOP spingerebbe i democratici ad accompagnare alla porta Joe Biden, “One Term President”, con tanto pragmatismo in ottica 2024 quanta gratitudine per il 2020. Una vittoria Dem spingerebbe i repubblicani a guardare oltre a Donald Trump, alla ricerca di un candidato meno divisivo ma capace di non disperdere la dote dell’ex presidente (i governatori di Florida e Virginia, DeSantis e Youngkin, sono i più gettonati). E poi c’è l’ipotesi pareggio (Camera ai repubblicani, Senato ai democratici o viceversa) …e allora sapete che succede, vero? Il remake: Biden contro Trump bis. La guerra dei mondi che confonde Washington con Hollywood. Non succede, ma se succede…

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