«Imparate dalla Juve. Solo gli stadi di proprietà possono rendere competitiva l’Italia in Europa»

Di Daniele Ciacci
06 Febbraio 2012
Appena nevica un po' gli stadi italiani diventano impraticabili, le partite noiose e gli stadi vuoti? Intervista al giornalista freelance ed esperto di società di calcio Francesco Caremani: «L'unico modo per uscirne è creare stadi di proprietà delle società di calcio. Il pubblico dello Juventus Stadium è tra i primi in Europa».

La bufera di neve non risparmia neppure il campionato di Serie A. Nel turno infrasettimanale della scorsa settimana sono stati quattro i match rimandati. Ieri, quello tra Cesena e Catania è saltato a causa dell’ingestibile condizione meteorologica. Lo stadio ricordava quei freezer vuoti lasciati aperti per sbrinare. Negli altri stadi, pur disputandosi regolarmente le partite, gli spalti erano deserti. E giustamente. I quattro 0–0 hanno mostrato la difficoltà dei giocatori a dare spettacolo affrontando un clima agghiacciante.

Come il vento siberiano, così anche la bufera mediatica si abbatte sulla Lega calcio. A partire dal responsabile dell’area tecnica dell’Atalanta, Pierpaolo Marino, che propone di «spalmare diversamente le partite, anticipando ai primi di agosto l’inizio del campionato e permettendo una pausa invernale più lunga». È d’accordo pure Damiano Tommasi, presidente di Assocalciatori. Ma che il problema non riguardi soltanto il calendario, è Giancarlo Abete, presidente Figc, ad ammetterlo: «Non avere degli stadi adeguati è il limite principale del calcio italiano». Gli fa eco Maurizio Beretta, direttore della Serie A: «Bisogna varare una legge per rendere gli stadi più sicuri, con il manto erboso riscaldato e con tecnologie innovative».

Il freddo polare, tuttavia, non è prerogativa della sola penisola. Ieri, in Germania, si sono toccate punte che sfioravano i -20 gradi. Tuttavia, la Bundesliga non ha subito ritardi e ha continuato a mantenere la media spettatori più alta d’Europa. Anticipare l’inizio del campionato o ridurre il numero delle squadre sono un palliativo per una malattia ben più complessa, che è la crisi degli stadi italiani. L’età media delle infrastrutture calcistiche nostrane sfiora i 64 anni. Nove stadi della Serie A sono stati fondati durante il ventennio fascista, il Luigi Ferraris addirittura nel 1911. «L’unico modo per uscirne è creare stadi di proprietà delle società di calcio». A parlare a tempi.it è Francesco Caremani, giornalista freelance esperto di società di calcio, che dà le coordinate per inquadrare il problema: «Bisogna sì costruire stadi di terza e quarta generazione, ma questo è molto più facile nel momento in cui sono le squadre stesse ad averlo in gestione».

L’esempio italiano più prossimo di questa innovazione (perché in Germania e in Inghilterra tutte le squadre possiedono uno stadio proprio) è lo Juventus Stadium della famiglia Agnelli. Avviato nel 2011, è l’unico in grado di sostenere il paragone con l’Europa: parcheggi, negozi, ristoranti e canaline d’aria calda sotterranee che rendono il campo asciutto e praticabile. «La Juventus ha fatto una scommessa incredibile. Ha costruito il suo indotto sugli introiti del tifo, creando una struttura all’avanguardia secondo il modello inglese. La media di spettatori dello Juventus Stadium è tra le prime in Europa».

Lo stadio di proprietà garantirebbe un circolo virtuoso per il volano economico del calcio nostrano. «Se riesce a mantenere una certa competitività – prosegue Caremani – la Juventus può staccare di molto le altre società. Lo stadio è aperto tutta la settimana, offrendo servizi che garantiscono altri introiti. Si ristabilisce un’idea di marchio combattendo internamente le contraffazioni. Se funziona bene, poi, uno stadio così è anche fonte di lavoro». Un guadagno maggiore permetterebbe alle società di staccarsi dalla progressiva dipendenza dai diritti televisivi. Lo stesso Maurizio Zamparini, presidente del Palermo, ha rivelato che «sono le televisioni a mantenerci», rendendo così difficili le decisioni oggettive sulla sospensione o meno dei match. Risultato: tra Inter e Palermo finisce 4–4, una partita giocata in uno stadio Meazza ghiacciato e pericoloso per la salute degli atleti.

Che gli stadi di proprietà siano un modo per risolvere la situazione e rendere competitivo in Europa il calcio italiano, pare evidente: «L’Italia è stata sconfitta per due volte consecutive alla candidatura degli Europei – ricorda Caremani –. Certi club, che ondeggiano tra Serie A e B, potrebbero non permettersi nuove strutture. Ma tutti i grandi club dovrebbero muoversi in questa direzione». Nonostante alcuni nostalgici del gioco preferiscano rimanere a una vecchia concezione di calcio virile e combattiva. Come Emiliano Mondonico, il nuovo commissario tecnico del Novara, che prega la Lega Serie A: «Non trasformate il calcio da sport di strada a sport da palazzetto». Già, non trasformate il calcio. Ma almeno ammodernatelo.
twitter: @DanieleCiacci
 

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