La preghiera del mattino

Immigrati, giustizia e green: il governo Meloni spiazza i catastrofisti

Di Lodovico Festa
13 Luglio 2023
Rassegna ragionata dal web: le scelte dell'esecutivo che i commentatori prevenuti non si aspettavano e i problemi della leader con alcuni membri "sgrammaticati" del suo governo
Giorgia Meloni al vertice Nato

Su Huffington Post Italia Stefano Folli scrive: «Il decreto flussi prevede quasi mezzo milione di immigrati entro il 2025. E distrugge una doppia retorica. È il solito magnifico principio di realtà».

Ma la narrazione di una Giorgia Meloni che giorno dopo giorno si rimangia tutte le scelte fondamentali del suo programma, è magnificamente corrispondente al principio di realtà?

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Su Affari italiani si scrive: «Il pm anti ’ndrangheta Nicola Gratteri ha ottenuto ben quattro voti, mentre gli altri due in lizza Gimmi Amato (procuratore a Bologna) e Rosa Volpe (l’aggiunto che è reggente dell’ufficio partenopeo di cui aspira a diventare capo) uno ciascuno. Un dato che, dati i precedenti non solo di questa consiliatura, può significare indifferentemente molto o nulla: quando la pratica sarà bollinata con il gradimento sui candidati dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e arriverà al plenum di Palazzo Marescialli si ripartirà da zero».

Secondo alcuni commenti gli esponenti laici di centrodestra nel Csm, anche d’intesa con esponenti delle correnti moderate-conservatrici, vorrebbero disarticolare il potere dell’Anm per aiutare così l’iniziativa riformatrice di Nordio.

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Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «In verità, ad essere sconfessata è proprio la narrazione costruita ad arte dai giornaloni e dalla sinistra, cioè di una destra che vuole chiudere le porte agli immigrati a prescindere. Per xenofobia e razzismo. Anche a costo di lasciarli morire annegati nelle acque del Mediterraneo. Se si vanno a spulciare i documenti ufficiali dei due partiti, ed anche le dichiarazioni dei loro leader, si vedrà che il bersaglio è stato sempre e solo quello dell’immigrazione clandestina o illegale, che era e continua ad essere la stragrande maggioranza perché, in nome di una generica e umanitaria accoglienza, e per motivi ideologici e politici, i governi che si sono succeduti hanno preferito non governare il problema e aprire appunto le porte a chiunque».

Una destra che combatte l’immigrazione clandestina ma governa e aiuta l’immigrazione regolare, che contrasta l’anomalo potere corporativo acquisito dalla magistratura dopo il 1992 ma è a fianco di pubblici ministeri che come Nicola Gratteri colpiscono la criminalità organizzata, che affronta il riscaldamento globale ma non appoggia soluzioni ideologiche che penalizzano interi settori sociali, non era prevista da tanti commentatori profeti di catastrofi. Poi magari questi ultimi si dovranno arrendere al magnifico principio di realtà.

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Su Dagospia Pierferdinando Casini dice: «La Meloni certamente ha doti di leadership e ha fatto una sua lunga marcia. I suoi peggiori nemici stanno nelle file della maggioranza: c’è un’evidente inadeguatezza».

Casini fa un’osservazione in parte non infondata. Anche se il governo Meloni ha ministri che stanno facendo bene il loro lavoro, innanzitutto Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti, non mancano poi singoli esponenti della maggioranza che incorrono in quelle che sono state definite vere e proprie sgrammaticature, con qualche problema – talvolta non secondario – per Palazzo Chigi. Il fatto è che il centrodestra fondato da Silvio Berlusconi nel 1994 ha dovuto fare i conti con un ceto politico primorepubblicano, anche di qualità ma in parte non secondaria orientato più a difendere, grazie non di rado alla propria cultura ed esperienza, i suoi spazi e le sue rendite di posizione piuttosto che a costruire un ampio movimento moderato-conservatore. In questo quadro Giorgia Meloni ha dovuto fare la sua minestra con quel che aveva a disposizione, e, peraltro, per molti versi alla fine è stata più fortunata a poter contare su qualche sgrammaticato piuttosto che su quei topini nel formaggio della politica italiana che a suo tempo affondarono Berlusconi e che comprendono pure quel grosso roditore, ben immerso nella sua forma di gruviera, di Casini, passato da leader dei moderati a eletto dalla sinistra nel collegio più rosso di Bologna.

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