
Ilva Taranto, Balduzzi: «Ora si comincia a fare sul serio»
Il secondo decreto “Salva-Ilva” è stato approvato dal Consiglio dei ministri. Oltre a nominare Enrico Bondi commissario che dovrà occuparsi del risanamento, il decreto circoscrive l’applicazione della nuova Aia allo stabilimento di Taranto. L’Ilva, pertanto, potrà continuare a produrre acciaio e la salute e l’ambiente potranno essere salvaguardati attraverso un piano che sarà presto predisposto proprio da Bondi con l’ausilio di un comitato di esperti in materia ambientale. Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile se la Corte costituzionale non avesse dichiarato la piena legittimità del primo decreto “Salva-Ilva” (ora legge 231/2012) che la procura di Taranto aveva provato a dichiarare incostituzionale. A parlare dell’importanza dei due provvedimenti e a spiegare le motivazioni della Consulta è Renato Balduzzi, deputato eletto con Lista Civica iscritto alla Commissione affari costituzionali della Camera, già ministro della Salute con il precedente governo Monti nonché docente di Diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano.
Onorevole, come legge il portato della sentenza?
Si tratta di una sentenza molto impegnativa che conferma e approva, da un punto di vista costituzionale, le scelte di fondo contenute nel decreto legge predisposto dal governo Monti, il decreto “Salva-Ilva”. Sia per quanto riguarda la valorizzazione del significato della nuova Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, che consente allo stabilimento di continuare a produrre. Sia per quanto riguarda l’equilibrio dei poteri, nel senso che la Corte costituzionale ha confermato che da parte del governo non c’è stata alcuna sottrazione di potere nei confronti dell’autorità giudiziaria.
Il decreto mira a tutelare il lavoro ma anche la salute e l’ambiente.
Esattamente. E in questo senso la Consulta dice cose innovative sul bilanciamento di diritti costituzionalmente garantiti, che è sempre un’operazione molto delicata da svolgere e dove non è mai possibile stabilire aprioristicamente se un diritto debba prevalere sull’altro. Possiamo dire, pertanto, di trovarci di fronte a uno spaccato di diritto costituzionale positivo in atto.
La procura di Taranto ha obiettato, tra le altre cose, che si tratta di un provvedimento che mira a “legificare l’Aia”.
Questo non è esatto e la Corte lo riconosce. Il decreto legge, infatti, è un provvedimento che deve sempre rispettare principi molto severi o, come dicono nei paesi anglofoni, deve sottostare a uno strict scrutiny, uno scrutinio severo, appunto. Il decreto salva-Ilva risponde a questi principi. Il decreto non “legifica” l’Aia, ma rimane quello che è, ossia un provvedimento amministrativo dove il governo è l’autorità chiamata dalla legge ad effettuare il bilanciamento. L’Aia così è valorizzata, pur senza accogliere la tesi della procura che la considerava “legificata”.
Ora l’adozione della nuova Aia imporrà all’Ilva un risanamento importante.
Autorevoli organismi scientifici, come l’Istituto superiore di sanità, hanno collaborato a redigere il decreto e a definire un monitoraggio sanitario del territorio. L’Aia, invece, è irrigidita da controlli periodici molto stretti e anche la Corte l’ha notato. Nel 2012 c’è stata una svolta e ora si comincia a fare sul serio, per risolvere un problema, quello dell’inquinamento nell’area, che io personalmente non ho mai sottovalutato né minimizzato.
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