
L’Ilva «perde tra i 60 e il 70 milioni di euro al mese». Così l’Italia «chiude definitivamente la partita della grande impresa»
«Senza una proprietà e una governance normali, l’Ilva non sarà capace di generare le risorse necessarie per gli interventi ambientali e per il rilancio produttivo». Così il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, in occasione della conferenza annuale della federazione delle imprese della siderurgia, ha commentato la situazione in cui versa l’acciaieria di Taranto.
L’Ilva è «vicina al collasso», ha ricordato Gozzi: «Perde tra i 60 e i 70 milioni di euro al mese» e «ha distrutto capitale circolante per oltre un miliardo». Per questo, se si vuole imboccare la strada del risanamento, che pure resta «faticosa», va «costruita una compagine societaria con il sostegno di molti e senza escludere i Riva». «Il piano industriale», infatti, «lo devono fare gli imprenditori e non la politica». Gozzi ha, inoltre, definito la legge Orlando-Zanonato, che ha affidato il risanamento dello stabilimento tarantino al commissario Bondi, «un esproprio senza indennizzo».
L’ILVA NON È SOLO L’ILVA. Se è vero, poi, come scrive il Sole 24 Ore, che «nei primi mesi dell’anno la produzione di acciaio in Italia sta recuperando (+5,8 per cento)», non bisogna dimenticare, però, che «si tratta di un dato “drogato” dal confronto con un 2013 zavorrato dalle difficoltà» proprio dello stabilimento tarantino. E recuperare la produzione a Taranto, certo, senza prescindere dalla necessaria opera di messa in sicurezza dell’Ilva, è fondamentale per il Paese. Come ha scritto Paolo Bricco sempre sul Sole, infatti, «l’Ilva non è solo l’Ilva. E Taranto non è solo Taranto. Se l’Italia perde l’Ilva, il nostro sistema industriale chiude definitivamente la partita della grande impresa».
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Questo è il risultato di una battaglia ideologica condotta da “taleban-magistrati” i quali combattono non l’inquinamento (Torino, come livello di inquinamento da polveri sottili, è di gran lunga peggiore di Taranto), ma il capitale, l’industria come simbolo stesso del capitalismo. Nei lunghissimi decenni in cui l’ILVA era di proprietà dello Stato, per poi passare ai Riva, nulla è stato detto, nulla è stato fatto dai nostri magistrati. Eppure l’attuale situazione dell’acciaieria è anche figlia diretta di quegli anni e della gestione pubblica.