Il vuoto dietro ai gol di Jimmy Greaves, attaccante meraviglioso e maledetto

Di Emmanuele Michela
20 Settembre 2021
È morto ieri uno dei più grandi bomber inglesi di sempre. L'alcolismo gli aveva tolto tutto, l'amore della moglie Irene lo ha salvato
Il ricordo di Jimmy Greaves allo stadio del Tottenham prima della sfida contro il Chelsea di domenica 19 settembre
Il ricordo di Jimmy Greaves allo stadio del Tottenham prima della sfida contro il Chelsea di domenica 19 settembre (foto Ansa)

Non ci sono foto tristi di Jimmy Greaves. Come potrebbe esserlo un attaccante che ha fatto impazzire ogni tifoseria per cui giocasse, al pari delle difese avversarie che mandava in tilt, sempre con un solo maledetto linguaggio, quello dei gol?

Il miglior attaccante inglese

Ne ha fatti una marea nella sua carriera l’attaccante inglese che si è spento ieri all’età di 81 anni, ma più dei numeri – stellari – parlano le immagini che arrivano da una Gran Bretagna in bianco e nero, tra anni Cinquanta e Settanta, lampi di un ballerino tra fango ed entratacce dei difensori, portieri fuori tempo e carnai sugli spalti. Era, quello, un paese calcistico che cercava se stesso, impantanato a metà tra le sberle prese dall’Ungheria nel ’53 – quando i creatori del calcio furono umiliati a casa loro 6-3 dai magiari – e il Mondiale che, solo nel ’66, avrebbero poi finalmente vinto.

È qui che si inserisce l’esistenza, sportiva e umana, di Jimmy Greaves, nato a Londra nel 1940 e già a 17 anni in attacco al Chelsea, da cui se ne va appena 21enne forte di 140 reti segnate, destinazione Milan – per pochi mesi, a dire il vero – e quindi tornare a Londra, sponda Tottenham, dove segna 220 reti in 8 anni, e ancora al West Hat.

Il vuoto che i numeri non dicono

C’è un vuoto che, però, i numeri non dicono. È il male che ha divorato Jimmy dopo i trent’anni, interrompendo bruscamente la sua carriera e destinandolo in un angolo di disperazione. «Ho perso totalmente gli anni Settanta», confidò in un’intervista, raccontando dell’alcolismo che, dal ’72 al ’77 lo ha tenuto lontano dai campi di calcio. E, ancor di più, lo ha tenuto lontano dalla sua famiglia: Irene, la moglie, lo amava ma dovette divorziare, preferendo crescere da sola i suoi 4 figli piuttosto che stare con lui. Che quindi si trovò costretto a vivere da solo, dormendo in giro e procurandosi da vivere vendendo maglioni al mercato. Furono anni terribili: nei giorni peggiori Greaves si faceva anche 20 birre al giorno.

Anni dopo, commentando quegli anni, Jimmy diceva: «Penso che molti giocatori avrebbero preferito essere fucilati una volta finita la carriera, perché hanno trovato molto difficile combattere nella vita. Molti di loro non sono mai riusciti a trovare un sostituto al calcio». Forse ad attanagliarlo era ancora il pensiero della morte del suo secondogenito, Jimmy Jr., che lui e sua moglie avevano trovato senza vita in culla, nel 1961, quando aveva solo 4 mesi. Una polmonite si era presa il piccolo, e neanche l’arrivo di altri tre figli, negli anni, successivi, avrebbe spento il dolore per quell’inspiegabile morte.

«Pensi che mi preoccupi aver saltato una partita, quando ho perso un figlio di sei mesi?», spiazzò così, anni dopo, il suo biografo, che gli chiedeva in merito alla panchina cui fu destinato nella finale dei Mondiali del ’66, quando tutta l’Inghilterra festeggiò il titolo, tranne lui, partito titolare a inizio torneo poi declassato a riserva di Geoff Hurst.

La ferita aperta di Jimmy Greaves

Anche quella partita era una ferita sempre aperta, ma la fortuna di Greaves fu proprio sua moglie, che all’apice dell’alcolismo, nel ’77, lo mise alla porta, confidando però che prima o poi il marito sarebbe tornato. Cosa che effettivamente accadde nel ’78: i due si erano accorti che non potevano stare l’uno senza l’altra, lui era stato in una clinica per alcolisti e promise che non avrebbe più toccato una goccia di birra. «C’era un piccolo pub all’angolo, ci andò e prese la sua ultima pinta – raccontò la moglie –. E così effettivamente accadde».

«Come disse Irene, lei non aveva divorziato da me, bensì dallo sconosciuto che ero diventato», scrisse Greaves nella sua biografia, raccontando della moglie. Con la quale ha ricostruito un rapporto straordinario a cui è riuscito a rimanere fedele, tanto quanto a quella parola data sull’alcool. Non si sono mai lasciati, Irene e lui, che prima ha ripreso a giocare a calcio a livelli minori, poi ha iniziato una fortunata carriera in tv. Non si sono mai lasciati nemmeno dopo i due ictus che hanno ridotto Jimmy in sedia a rotelle, portandolo piano piano alla morte, riducendolo in uno stato terribile, al quale la moglie ha sempre fedelmente prestato servizio. Anzi, nel 2017 si sono perfino risposati: «Onestamente, non avevamo mai pensato di farlo – disse quel giorno Irene – per quanto ci riguardava siamo sempre stati sposati».

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